C'è gente che muore alla luce del sole eppure il sole illumina riscalda è come abbracciasse e consolasse mentre si vede il volto più magro della vita scarnito dalla freddezza polare di chi c'è senza guardare.
D'un frastuono cupo quando s'infrange pietra contro pietra e scintilla fa brillare l'incontro d'un intenso sfaldarsi di schegge furibonde perse nell'essere unità. Frammenti.
Seduto sul gradino d'appoggio levigato col sole che conta le rughe del tempo e nel tempo continua lo sguardo d'iride dilatato come finestra su un campo orizzonte senza ostacoli presenti ma duramente passati di occhi bagnati di fatica a deglutire bisogno e nel sonno a tirar via i denti d'una dignità che imperversa come stelle nel cielo a raccoglier briciole di sorrisi mentre i calli di mani e piedi decorati gridano l'orgoglio d'un bicchiere di vino a voler dimenticare tristezza con la forza d'un gomito alzato.
C'è il mare. Accarezza il vento scorre la sabbia riflette la luce di luna piena nuvole disegnano di grigio e il blu scuro s'insinua si muove foglia d'autunno vestita insiste la pioggia tra l'eco di lacrime e il furore di sorrisi: occhi.
Se fossi un pupazzo mi calamiterebbe un mondo di cartone e sprofonderei nella tonalità di ogni colore. Vagherei tra tessuti e plastiche nell'imperturbabile essenza che diverte. Mi perderei, in acrobazie, tra le mani di giocolieri. Sarei lo schianto a ogni caduta o il volo a ogni lancio. Diverrei pioggia tra la pioggia o sole tra il sole ma, anche, sasso tra i sassi o rifiuto tra i rifiuti. Sarei cosa in me o "compagno" o, ancora, "avversario" nella fantasia degli altri. Solo senza soffrire di solitudine. Insensibile senza patire la sensibilità. Egoista senza sapere dell'altruismo. Asettico senza necessità di un sorriso o di una lacrima. Morto senza vita. Privo. Sì, privo senza capire il "vuoto".
Nulla è quiete ché cadono anche le stelle nel cielo che culla; ché passa il sangue nelle vene a flusso veloce e non si sente rumore; ché quando apri gli occhi entri nella stanza del mondo eppure i passi non si percepiscono; ché quando pensi o quando ricordi o quando sogni s'aprono cassetti nel silenzio di giorni; ché una lacrima bagna come fosse onda eppure sembra carezzare come fosse brina.
È uno scroscio che tocca come fosse -spedito- un tacco. Bussa alla finestra la pioggia maldestra: penso affanno e naufraga il senno. Ho voglia di carezze che allontanano tristezze. Fruscio di vento e io ti sento mentre scorgo commento le emozioni le sento le prendo e non mi pento. Riempio d'un sussulto il tormento -non mento- agguanto il tuo sguardo mordo il desiderio sordo perché senta il ticchettio lo sfavillio lo scintillio che consumano le ore nel mio cuore.
Ancoro il mio respiro che si perde in un giro: sogno. Inspiro espiro ammiro tiro il fiato sospeso:
Lasciami stare ancora un po' in questo letto stropicciato di carezze, in questo letto profumato di sguardi, in questo letto permeato di noi.
Lasciami sentire ancora un po'.
È dolce schiudersi di mattine al desiderio delle sere e si torna come fosse estate nell'intensità delle mareggiate e sorprende l'autunno di foglie lievi come cascate e svanisce la paura dell'inverno.