Le migliori poesie inserite da Antonio Prencipe

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Scritta da: Antonio Prencipe

Quella stella che mi è stata portata via

Quel giorno
m'affacciai alla finestra
osservai il cielo
e mentre fumavo la mia marlboro
vidi il tuo viso immerso nel cielo,
era accanto a quella stella,
quella stella che un giorno veneravamo
e desideravamo
e che senza far rumore ti portò via dalla vita mia
e mentre il fumo della mia marlboro
cercava di sfiorare il cielo
una lacrima s'appoggiava nell'infinito
e lentamente terrorizzava il paradiso,
Mentre la mia marlboro
si consumava tra le mie mani
la luna lasciava cadere
i suoi sogni e suoi desideri
e senza dire nulla coccolava
il mio dolce amore per te,
Ora quell'amore s'appoggia
sul mare e non affoga perché
come salvagente c'è la mia anima,
Quanti treni sono passati
Quanti treni passeranno
Quanti treni ho desiderato
e Quanti treni ho rincorso
Forse arriverà quel treno
che finalmente mi portare
da quella stella
che il destino mi ha portato via.
Composta martedì 28 settembre 2010
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    Scritta da: Antonio Prencipe

    Oltre il mio cuore

    Sento il tuo calore
    nelle mie pagine gelate,
    il tuo corpo lo sento su di me
    tu mi puoi amare,
    ti prego spogliami della mia anima
    e gettala accanto a quel cuore
    che io un tempo avevo regalato al mare,
    respira la mia identità
    e denuda ancora una volta il mio
    essere così perplesso
    in un mondo che non è fatto per essere il mio,
    sono solo parole le nostre
    rincorse dai cani,
    prendimi fra le tue ali
    e lanciami lontano,
    promettimi l'amore e l'inferno,
    sei lontana ma io ti amo,
    finalmente sono felice
    anche se non posso toccarti
    e farti l'amore come vorrei
    sento il tuo respiro nato perso
    tra il mio corpo
    che desidera morire con te,
    gli angoli bui del mio passato
    si stanno finalmente riempendo di luce
    sono fermo e ti osservo
    da lontano,
    oltre gli oceani, oltre le stelle
    io ti offro il mio amore.
    Composta mercoledì 24 novembre 2010
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      Scritta da: Antonio Prencipe

      La foto baciata

      Forse voleva dirti che ti amava
      ma non ne ha avuto occasione...
      Voleva dirtelo sotto voce.
      Dai vetri soffusi in città voleva baciarti
      la fronte come faceva una volta.
      Tu madre che piangi per la perdita
      di questo figlio straziato dall'infinito.
      Un dolore che non muore
      ma che rinasce ogni volta che gli alberi invecchiano
      e le parole in sabbia rossa si trasformano...
      Il dolore traspare...
      Dalle rughe ansimate l'amore compare piano,
      un amore deturpato e messo a tacere
      dentro un cuore cresciuto troppo in fretta
      che si chiede ancora perché
      l'eternità ha gettato fango su
      questa tua bella poesia chiamata vita...
      La foto contemplata,
      l'aria in due si squarcia,
      la vita torna... la donna sorride,
      il paradiso ritorna.
      Ho sofferto con te in quella stanza d'ospedale,
      sentivo nelle mie vene scorrere
      quella sofferenza immane,
      che logora l'esistenza e divora la misericordia.
      Mentre osservavo i tuoi sorrisi
      sentivo i fiori gridare e le mie orecchie
      scoppiare nell'abisso massacrante
      della mia mente.
      Mentre osservavo i tuoi occhi
      sentivo la mia anima suonare...
      Crude melodie,
      perché come un pittore dipingo su carta
      i sentimenti delle anime che come me
      rinascono dalla polvere assieme alla cenere
      posata sui misteri della vita
      Come un ladro rubo, assorbo
      l'emozioni private delle anime
      forti, sofferenti, folli.
      Le trasformo in piccoli diamanti
      e le incastono nei miei versi
      che con lieve magia sfiorano il silenzio
      ed annientano il rumore dimenticato dal rancore.
      Composta venerdì 30 settembre 2011
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        Scritta da: Antonio Prencipe

        L'inchiostro dell'anima incontra la solitudine

        Incasso con dignità.
        Noi con una stella sulla fronte
        raccolti da una fermata di autobus
        in mezzo ad un strada deserta.
        In tasca pochi anni ma con la consapevolezza
        di saper già dove si va a finire.
        Troppi stronzi padroni del popolo
        si sono persi nel vento...
        Perdendo il conto in banca di una vita
        gettata in fondo dove gli occhi
        del potere osservano vili i loro servi,
        ed ora la carità riveste il viso.
        Il cancello di bronzo ho preso a calci...
        Nel suo interno troppi amori
        con cui non ho avuto molta fortuna.
        Le ragnatele sui sentimenti
        ripudiati e mai comunicati a chi
        ieri, oggi si è preso tutto.
        Preferisco farla finita con questa
        finta utopia ho una storia incompresa
        con me stesso da vent'anni,
        mi amo così poco ma ci finirò dentro
        e con un po di malinconia m'innamorerò
        degli occhi grandi e chissà forse
        amare se stessi è bello come accendere
        una sigaretta nei momenti di dolore.
        C'è che in questa vita ho preferito
        sempre farmi male e non dimenticare.
        Senza mai prendere per mano il coraggio
        e camminare solo per le vie funeste
        del mio credere in una libertà virtuale.
        La solitudine è la madre degli incompresi,
        di chi di notte scrive in versi
        con l'inchiostro della propria anima
        le paure, i dolori, gli amori amati
        così tanto da non pensar più che "ricevere"
        ti possa rendere felice perché ti basta
        il "dare" per poi soffrire per sempre.
        Chi parte con una valigia di piombo
        e non torna non è egoista
        è solo una persona che ha perso
        tutto compreso il cuore di cemento.
        Diversi e dispersi sopra la follia
        per poi marcire dentro
        una preghiera fatta da una vecchia signora
        sopra la bara di un figlio
        caduto sotto la luna da solo.
        Composta martedì 29 novembre 2011
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          Scritta da: Antonio Prencipe

          Hai scelto il mare nero

          Un chiosco in riva al mare
          ospitava l'aspettata festa...
          Era il giorno del suo compleanno,
          regali e auguri sul tavolo di cristallo...
          Il suo Matrimonio incombeva.
          Sguardo da guerriera innamorata.
          Occhi verdi di pantera.
          Capelli grano oro.
          Francesca beveva vino mentre la luna rossa
          cadde in acqua facendo rumore...
          Si spense la candela di un altro anno
          che se ne va rubando l'Alba
          di questa triste lontananza.
          Urlò il mare...
          Un urlo acuto che squarciò i sassi
          e derise gli angeli.
          Un corpo galleggiava, il viso nell'acqua
          cercava l'ultimo respiro di Vita.
          Tra le dita un anello dorato...
          Negli occhi spenti la luce cercava
          il bianco della morte prendere il sopravvento.
          Pianse Francesca la ragazza
          era sua amica, era la festeggiata...
          Amava un uomo che l'aveva tradita.
          Scelse l'egoismo, la via della persa speranza.
          Addio...
          Il Matrimonio l'attendeva...
          Abito bianco di seta, rose bianche
          sul tappeto rosso...
          Lei dopo la violenza carnale che colpì
          sua sorella dalle mani nude del suo uomo
          amato più dell'aria che essa respirava
          spiò dietro la porta della morte,
          la disperazione, la vergogna
          e l'odio per quell'uomo la quale lei
          aveva rinunciato a tutto la portarono
          nelle mani di quella morte maledetta...
          Amavi ed ora il tuo amore
          ti ha lasciato affogare nel mare nero
          come i baci e le promesse che lui ti donò.
          La troverà la sera dispersa nei tramonti.
          Il poeta racconta il dolore
          che sulla strada tortuosa incrocia
          attraverso chi intravede i suoi sguardi...
          Il poeta non teme la morte.
          Composta lunedì 12 dicembre 2011
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            Scritta da: Antonio Prencipe

            Piange silenziosa la sera

            Sognando sempre la tempesta
            mentre la sera piange...
            Sola, forse sarà la primavera
            che torna o forse sarà
            la malinconia che tocca il cielo.
            La preghiera di un pazzo.
            L'amore per la vita
            di un malato di cancro.
            E Dio dov'è?
            I poeti piangono lacrime
            mischiate al sudore.
            Una puttana che si spoglia
            in mezzo alla neve.
            I miei nonni mi hanno sempre
            insegnato a sorridere
            anche quando il vento soffiava
            più forte e piegava le vele
            dell'anima mia, storpiata dal tempo.
            Mi chiedo sempre se
            in questo piccolo mondo di cemento
            ci sia qualcuno che un giorno
            m'insegnerà a piangere.
            Un'altra sigaretta si spegne.
            I segreti di uno stronzo come me
            nascosti nell'armadio assieme
            agli scheletri che nudi difendono
            le porte aperte di un oblio
            ormai disperato...
            Le bugie di un sordo che non ascolta
            e che mai ascolterà le
            parole degli angeli spogliati
            dalle proprie ali.
            Le piume cadono a terra,
            calpestate dai passanti.
            Una madre dimenticata sopra
            un letto bianco ancora da rifare...
            Una madre che non conosce le lacrime
            del proprio figlio...
            Un cuore spezzato non si può ricucire!
            Il tatuaggio più bello
            me lo fece il vento
            una fredda notte di Dicembre.
            Composta lunedì 19 settembre 2011
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              Scritta da: Antonio Prencipe

              Bastava accarezzare il rumore della pioggia

              A luci spente dentro la muffa
              di queste mura osservo le albe
              rimaste sospese tra terra e fumo.
              Brilla mentre tutto tace
              il tuo sorriso soffocando
              l'urlo incredulo del mio destino.
              Ogni tanto piango lacrime e catrame.
              Uno sfogo imparziale che mi fa capire
              che in fondo un minimo di sensibilità
              nel mio interno vive ancora.
              Un calcio nel culo al mio cuore di gabbiano...
              Il buio più amaro comunque
              è più chiaro ora che sogno solo te.
              Uno schiaffo in pieno volto...
              Una parola d'amore...
              Un bacio dissanguante mi leva di dosso
              il vestito d'angoscia che ricopre il mio corpo.
              Cuore di Gesù Cristo crocifisso
              in mezzo ad una via...
              Rinascerò dopo un salto a mezz'aria,
              coscienza nuda e ustionate illusioni.
              Bastava abbracciare l'aria che avvolge
              questo metro quadro di stanza e scrivere
              sulle ali del domani: "fa che sia vita
              questo soffrire per te".
              Camminare da soli a mezzanotte
              mano tesa verso il silenzio,
              udire il rumore della pioggia e sperare
              di poter confondere l'odore della sconfitta
              con quella dell'orizzonte più vicino.
              Composta giovedì 1 dicembre 2011
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                Scritta da: Antonio Prencipe

                La guerra non ripaga le lacrime

                La parola Pace ormai insanguinata
                rinasce ogni volta dentro
                una bandiera colorata.
                Un corpo senza respiro...
                Si Dio prendi anche me,
                un'altra croce non fa rumore
                nel cimitero degli innocenti.
                I corpi immobili: vittime
                della guerra stesi a terra
                come sigarette calpestate dal vento.
                Parole gettate nel camino assieme
                alla disperazione dei folli.
                Pensieri sfuggenti sono i missili
                che sfiorano i capelli neri
                come il nulla che presto arriverà.
                Abbracciava sua mamma e sorrideva
                al suo carnefice il bambino
                dalle lacrime argentate...
                La sua purezza prima di diventar tempesta
                rimase a guardare il sangue grondare
                dalle labbra astemie di un soldato
                venuto da lontano per morire solo
                in quella pace che tanto aveva predicato.
                Il portinaio del paradiso attende
                le anime per salvarle definitivamente
                da questa guerra fredda scambiata per libertà.
                Dio si lavò le mani...
                I peccati perdonati e i corpi nei fiumi
                consumati, divorati dai falchi codardi.
                Scannati come animali e gettati
                nei pozzi troppo profondi per
                poter essere trovati dall'amore.
                Guerre Sante che non conoscono fame
                e preghiere di bambini morti sugli altari
                costeggiati da petali e lacrime d'angeli.
                Caccia all'uomo scambiata per incidente
                stradale nell'autostrada della vita.
                Un tulipano sui corpi deturpati
                nascerà ogni volta che una
                goccia di sangue sfiorerà
                il terreno prosciugato dal dolore.
                E camminare a piedi nudi sul filo spinato
                per poi squarciarsi l'anima
                con i cristalli di neve rovente.
                Aerei di carta un giorno torneranno in cielo
                ricordando al mondo che la guerra
                è solo una lacrima spezzata che cade
                dagli occhi di chi la guarda.
                Composta domenica 4 dicembre 2011
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                  Scritta da: Antonio Prencipe

                  Un misero giorno di Marzo vissuto in cattività

                  La mia vita è come il ridere di un bambino...
                  Forte, fragile, vero ma doloroso
                  per tutti quelli che lo ascoltano
                  e che dentro muoiono confondendo
                  la primavera per un misero giorno di Marzo.
                  Così sbandato è il gergo dei pazzi
                  che credere di salvarsi è già un miracolo.
                  Conteranno le foglie
                  i serpenti nascosti nelle rocce.
                  Si eclisseranno le maschere di rame perdute
                  nell'appannarsi lento di un cuore graffiato.
                  E se i bambini piangono io perché vivo.
                  E se le aquile ormai non volano più
                  io perché perdo tempo raccogliendo
                  le piume strappate a morsi dal gridar lento
                  di un figlio di puttana come me.
                  Alla fermata del tram la gente osserva
                  le stagioni cambiare, le anime
                  infrangersi e gli sguardi perdersi
                  tra un sorriso e una parola
                  nel fittizio stupro di un inizio.
                  Il passato apre gli occhi anche ai ciechi
                  che luce non toccano senza prima sfiorare
                  il buio di un bacio lasciato
                  incatenato nel disperato vento...
                  Ringrazierò sempre quelli che si spogliano
                  sui marciapiedi in periferia dell'inverno
                  mettendo in mostra il corpo al dolore
                  che lividi non lascia privando all'orgoglio
                  la magia di un pianto spontaneo.
                  Al ristorante del futuro si sbatte
                  la testa contro le pareti di cemento,
                  si pensa al presente vissuto in cattività
                  e all'amore da mandare a fan culo.
                  C'è chi nascerà sotto i borghi con
                  la valigia in mano e con un padre
                  che in fondo non ha mai concluso niente...
                  S'imbarcherà lontano in cerca di isole
                  perse nel mezzo della perversione lottando
                  invano contro l'impotenza del mondo.
                  Fumarsi l'ansia distesi su un prato
                  di fiori invecchiati da estirpare,
                  trovarsi soli a parlare con un cane randagio
                  e chiedergli: "Perché l'amore sopravvive
                  soltanto accanto al dolore?".
                  Freddo e distaccato sono io
                  come i passi astratti dell'Iddio.
                  Composta venerdì 9 dicembre 2011
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                    Scritta da: Antonio Prencipe

                    Io canto solo

                    Ho chiuso la porta,
                    doppia serratura
                    ed ho gettato la chiave
                    nella spazzatura.
                    Addio dolce amore mio...
                    Aprimi il temporale e lasciami cadere
                    finché da solo non mi schianti al suolo,
                    perché da oggi sono solo.
                    Muoio, mi salvo e sbaglio da solo
                    senza te, senza nessuno che
                    mi confonda la via e comunque vada
                    Cristo da qui è già passato
                    mentre Dio cadeva tra le mura
                    ammuffite di questo finto Purgatorio,
                    i loro occhi s'incrociarono
                    ma Cristo preferì portare la croce
                    che vivere in paradiso.
                    In questo canto misterioso tu non ci sei.
                    Strappo tutte le poesie
                    che parlano di te...
                    E ricorda sempre Amore mio
                    che sto benissimo solo
                    scomunicato, cacciato via dalla Vita.
                    Lo scantinato vuoto,
                    non ci sono più i tuoi cartoni pieni di bugie.
                    Ho tolto il tuo nome
                    dalle mie labbra e ci ho messo il mio.
                    Saluti e baci un corno
                    maledetto giorno immerso
                    nell'inchiostro.
                    Se guardi e non osservi dentro
                    un'anima pazza di dolore
                    non potrai mai capire
                    il significato dei suoi sorrisi.
                    Ho trovato le pagine della mia poesia
                    in mezzo ad una via piena di puttane,
                    simili a noi perché anche loro
                    vendono il loro orgoglio
                    e la loro dignità l'unica differenza
                    è che loro lo fanno per soldi
                    noi per amore.
                    Ma quanto pesa questa verità
                    nascosta nella vernice oggi
                    che l'inferno è ad un passo da casa mia.
                    Composta giovedì 6 ottobre 2011
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