Le migliori poesie inserite da Antonio Prencipe

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Scritta da: Antonio Prencipe

Notti Abbandonate

Il male di vivere,
Quelle notti con la testa nel cesso
cercando di vomitare anche l'anima,
Quelle notti
cercando di dimenticare un passato
che torna a trovarci,
Non si sa più dove si va
Non si sa più cosa sperare se non si combatte
Non si sa più cosa cercare,
Senza una meta
e senza un destino spariamo al nostro infinito,
Quelle notti scomparse nell'oblio
Quelle notti amate e poi ammazzate
Quelle notti senza amore, immerse nell'alcol,
Tutte queste notti abbandonate e mai ritrovate
si perdono nell'insieme di un sussulto dimenticato nel vento,
Fra tramonti scomparsi e Albe massacrate
la mia anima naviga nel vuoto di un Addio,
Cercando un cielo,
cercando una nuvola su cui far riposare i miei sentimenti
annegai nel desiderio di un'amore che mai ritornerà,
Notti che fanno male,
Notti ubriache di follia,
Notti senza Dio,
Notti Bastarde e Notti consumate dall'odio.
Composta lunedì 28 giugno 2010
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    Scritta da: Antonio Prencipe

    Non voglio più dividerti con il cielo

    Non voglio più dividerti con il cielo,
    abbiamo vinto lo so,
    ma io ora, senza te sono solo un perdente

    Non voglio più dividerti con il cielo,
    mi fa troppo male la tua assenza,
    Questo piccolo e amaro cuore desidera te

    Non posso restare in questo mondo
    sapendo che sei volata chi sa dove,
    chissà in quale cielo sei andata a finire
    chissà se da la su mi osservi ancora
    chissà se da la su mi ami ancora

    Dolce amore mio
    io brindo a questa vita,
    brindo a questo amore volato in cielo con te

    Ti amo,
    hai perdonato le mie lacrime,
    ma non sei riuscita a perdonare la tua vita

    Insieme a te,
    anche la mia anima è sprofondata giù,
    giù dove nemmeno i miei sentimenti riescono ad arrivare
    Questo mio piccolo e nostalgico cuore
    è perso ancora nei tuoi occhi

    Abbiamo ammazzato angeli depressi nelle sere d'inverno,
    tra balli e salti nel profondo abisso della nostra esistenza
    ci stavamo perdendo nelle fiamme del desiderio,
    il desiderio di una vita senza noi

    Io raccolsi lacrime e raggi di sole,
    tu invece Dolce Amore mio coltivavi
    morte e odio per una vita
    che non ti ha dato ciò che desideravi e meritavi

    Ormai non mi resta che il tuo ricordo
    non mi resta che il tuo odore sulla mia pelle
    non mi resta che il rimpianto

    Dolce Amore mio
    io sono qui,
    mi hai lasciato solo in questo mondo abbandonato dal cielo
    non preoccuparti dimenticarti è impossibile
    Ora riposa felice
    sei e resterai sempre la mia stella guerriera che veglierà
    sulla mia agguerrita vita.
    Composta mercoledì 30 giugno 2010
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      Scritta da: Antonio Prencipe

      Tradito dal suo destino

      Una poesia d'amore ho scritto per te.
      Una novella tempestosa ho raccontato
      all'anima mia per addolcirla e addomesticarla
      come ha fatto il cuore tuo mentre
      cercava di nascere nel grembo mio,
      sono la mamma rincorata da una colpa
      che la tristezza rinchiude nel vortice
      agonizzante che squarciò i sorrisi miei
      nelle notti scoperte con la pioggia
      sbattente sulla mia pelle scolpita,
      sono la figlia del sole
      dimenticata nella luna addormentata
      nei sogni ripetuti in un villaggio
      di salvezza che dannatamente ho cercato
      tra le braccia del mio amato
      che senza una verità mi ha abbandonato
      nel dolore di un libro quasi bruciato
      dalle lacrime mie lentamente poggiate
      sull'arcobaleno maestoso ricoperto ancora
      dal suono suicida dell'adolescenza mia.
      Ninna nanna, ninna ooooh
      questo figlio a chi lo do?
      Il giorno arriva disperato cercando
      quella notte bastarda che due ore prima
      si è portata via una madre ammalata d'amore
      e un figlio che mai nascerà,
      tradito dal proprio suo destino.
      Composta mercoledì 2 febbraio 2011
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        Scritta da: Antonio Prencipe

        Da terra ho raccolto la vita

        Sai vita...
        Certe volte ho goduto
        dell'inferno che mi hai dato.
        Non diventerò mai padre
        perché so quanto costa vivere.
        So quanto costa raccogliere
        le lacrime da terra e gettarle
        nella pattumiera assieme ai sogni
        impossibili, spregiudicati vandali.
        So il dolore che procura la mancanza
        di un sorriso, di un abbraccio
        nelle notti fredde d'inverno
        e nel caldo torbido
        di una giornata d'agosto.
        Aver paura d'uscire in mezzo alla gente
        perché ci si sente troppo inutili,
        troppo stronzi.
        Forse è la troppa sensibilità
        o forse è il troppo egoismo...
        Ma io mi sento così
        amo troppo il mio dolore...
        Amo troppo tutto e preferisco non
        mettere al mondo un essere
        così bello, così puro,
        lo proteggerei troppo dalla vita,
        dalle sue unghie che graffiano
        e lasciano lividi che non se ne vanno
        sulla pelle...
        Soffrire equivale a vivere.
        Amare equivale a morire
        sorridente tra le braccia dell'orizzonte.
        Dalla mia faccia pallida
        lavo via il paese,
        stanca di cercare qualcuno
        per poter ritornare me stesso.
        Ho smesso di scrivere
        mi trema il respiro ed ora
        non sento più il suono del mio silenzio.
        Spesso mi sono guardato allo specchio
        e piangendo mi sono detto chi sei.
        Vita... Sul ciglio di questa strada
        troppi vetri sparsi s'infilano
        nella carne e dissanguano il sentimento
        più remoto e restio.
        Composta domenica 23 ottobre 2011
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          Scritta da: Antonio Prencipe

          L'anima è già in vetrina

          Abbiamo già l'anima in vetrina.
          I poeti di tramonti deserti credono
          alla libertà senza amore...
          Non sappiamo dire si o no se dal viso
          un sorriso spontaneo come una carezza
          fatta da un bambino che piange gridando
          nasce piano...
          Sia maledetta la dolcezza della gente.
          Freddi, belli, dannati sono gli occhi
          dei poeti incompresi come noi.
          Abituati a proteggerci da ciò che vogliamo...
          La vita è un tuono arrivato per caso.
          Ci si ritrova orfani di vita e di poesia
          come una candela spenta dal tempo.
          Arriva il giorno in cui i versi di un cuore
          quasi morente riempie i vuoti e nell'incoscienza
          di una sera assurda carnefice
          la poesia arriva muta e selvaggia.
          Solo il dolore potrà comprenderci
          e darci consiglio...
          Beati coloro che amano ancora un'amore
          da abbracciare quando ci si sente delusi
          e baciare di giorno nella brezza mattutina.
          Noi amiamo l'impossibile, viviamo per lui
          ogni istante disperso nel cemento armato.
          Stanchi di respirare...
          Stanchi di invidiare la gente comune felice
          mentre noi immobili col volto chino
          intendo a scrivere e osservare pezzi d'anima
          che cadono a terra schivando le lacrime
          d'acciaio che di notte non tacciono
          gridano furiose come il nostro silenzio.
          Le persone comuni non conoscono
          il valore del dolore...
          Noi con il pugnale della misericordia
          cerchiamo ogni giorno di lacerare il suo interno
          per poter così vivere in pace nell'inferno.
          I poeti nascono sbagliati al centro
          di una via nascosta nella grandine.
          L'aborto di una nuvola nel corpo maledetto.
          Abbiamo smesso di guardare lassù
          non abbiamo più paura di gridare...
          E chi se ne frega della morte lei
          ascolterà la luce spegnersi come una mamma
          in cerca di un altro motivo per cui vivere.
          Poeti felici non si sono mai visti...
          Eternamente insoddisfatti, tristi
          ma sempre con il sorriso bello,
          eterno sulle labbra ferite dal tormento.
          Composta domenica 25 dicembre 2011
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            Scritta da: Antonio Prencipe

            Il corpo si offre, la dignità si vende

            Ero un codardo...
            Rifiutavo l'amore che tanto speravo.
            Anima muta, cieca, sorda,
            storpiata, abbandonata, massacrata,
            umiliata, cacciata via da un corpo
            che ormai nella nebbia si dissolve in pace.
            Niente baci.
            Solo sesso e dolore nelle case di bronzo.
            Vendevo il mio corpo con discrezione,
            al miglior offerente offrivo anche il cuore.
            Mi rivestivo in fretta, non esistevano
            parole dolci, solo "ciao" e soldi
            tenuti stretti come si tiene stretta
            una vita ormai consumata come quel
            preservativo rimasto a tacere
            nelle quiete di un temporale.
            Una sniffata di coca e lo schifo
            si dimentica per almeno cinque ore.
            Mi credevo forte perché offrivo
            il mio corpo e vendevo a caro prezzo
            la mia dignità, il mio orgoglio
            ai potenti truffatori di libertà.
            I soldi ripagavano la mia debolezza.
            Un Dio muto s'affacciò alla porta
            dell'inferno, osservò i miei occhi e sorrise...
            Ero scettico,
            non capivo il significato di quel sorriso.
            Ora invece scrutando l'infinito
            e l'orizzonte più remoto capisco
            che il dolore come l'amore è vita.
            Ed io sono vivo e vivo con le mani
            macchiate di sangue, il mio sangue lento,
            sgocciolava negli angoli bui del passato
            macchiando con rapida scesa anche
            le finestre aperte del mio
            atteso e predominante presente.
            Usavo il sesso come protezione, perivo
            in silenzio e nel rumore di una carezza
            non fiatavo, vomitavo odio e dolore.
            La luna si trasforma in pioggia
            ogni volta che il passato ritorna
            e nelle orecchie del mio cuore esplode.
            In tasca niente nemmeno una piccola
            briciola di dignità da poter regalare
            a quel gabbiano che ancora oggi
            mi guarda schifato.
            Composta martedì 28 febbraio 2012
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              Scritta da: Antonio Prencipe

              Uguale ad un angelo

              Lo stomaco non scoppia anche se
              di parole pietrificate nel silenzio
              ci si sazia invano.
              Sembra tutto semplice ma intanto io
              mi ritrovo ad ammazzare lacrime di sangue,
              gomitoli di sorrisi messi a fuoco
              da un senso di malessere che divora gli occhi
              e tutto questo perché non sono
              forte come te caro Nonno.
              La pietà è disoccupata
              solo i poveri d'animo e di spirito
              se la possono permettere.
              La vita non è altro che l'insulto
              di un angelo incazzato e forse ubriaco.
              Io non voglio amare ma bagnarmi
              nella tempesta d'acqua e grandine sola come me.
              Io prego il vento affinché possa
              spazzare via queste tue vecchie rughe...
              Ustionato mi ritrovo in mezzo
              al grane nero.
              E la notte non passa mai ed io resto
              ancora seduto ad osservare
              il tuo viso sommerso nel dolore
              in questo dannato letto d'ospedale.
              Non me l'avevi detto che tutto
              stava per finire e che questi miei
              vent'anni dovevo prenderli e gettarli nel cesso.
              Non è sempre possibile morire
              senza portarsi dietro qualche vita innocente
              che senza te non ha più senso.
              Voglio diventare un uomo...
              Un uomo che vale almeno la metà
              di quel che vali tu.
              Ed io ti prego di Non Morire,
              stringi quella luce che nei tuoi
              occhi chiari brilla e non lasciarmi
              da solo in questo squallido mondo.
              Io non cerco l'amore...
              io mi innamoro che è diverso.
              Ed ho bisogno di te Nonno.
              Ho bisogno di te ogni volta che deciderò
              di frantumarmi il cuore perché mi basta
              il tuo sorriso, un tuo sguardo
              per sentirmi vivo, amato, felice.
              E capire così che il dolore è niente
              se tu mi baci la fronte e piano
              cerchi di sfiorare la mia anima con la tue
              mani grandi uguali a quelle degli angeli.
              Composta martedì 17 aprile 2012
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                Scritta da: Antonio Prencipe

                In questa strada stanotte

                In questa strada stanotte
                ho visto donne camminare con ematomi
                visibili in viso e stille di sangue
                grondare dalle mani quasi morenti
                Donne picchiate, umiliate da quell'uomo
                che disse ti amo a quel viso che poi ha massacrato.
                In questa strada stanotte
                ho visto cadere bestemmie e sputare
                in faccia ad un crocifisso nudo,
                Gesù era scappato a piedi nudi
                sull'autostrada annegata nell'oblio.
                In questa strada stanotte
                ho visto grandi uomini riempirsi la bocca
                di parole rincorse dai cani
                Li ho visti morire con in mano niente.
                In questa strada stanotte
                ho visto sorridere assassini, stupratori,
                politici corrotti
                Li ho visti entrare in chiesa
                e voltare le spalle a quel barbone
                che non dorme più perché ha perso
                tutto compreso i sogni.
                In questa strada stanotte
                io sto ancora urlando a chi ama ancora
                parole ustionate nel tramonto di un dolore.
                Non camminerò stanotte osserverò il cielo,
                cercando di tirar giù la luna.
                Accendo l'aurora con le mani
                di un angelo stuprato dalla vita
                Una vita che ha dimenticato di comprare
                le giuste precauzioni.
                Non sono normale!
                In questa strada stanotte
                ho visto una signora cadere dall'autobus
                e non ho visto nessuno aiutarla.
                Lei cercava di rialzarsi tra
                gli sguardi indifferenti della gente.
                Sopravvivere è come camminare
                sulle punta dei piedi su un lago ghiacciato.
                Mangio pane e lacrime fumando,
                seduto ai piedi di un inferno appena nato.
                La felicità mi è troppo stretta
                violenta il vuoto nel mio petto.
                Ho bisogno anch'io di vivere.
                Prendo a calci quel coglione del mio destino.
                In questa strada stanotte
                ho visto puttane spogliare i sorrisi
                di pover'uomini...
                Puttane disordinate che hanno imparato
                a vendersi per poter spalancare
                le ali e puntare alla felicità.
                Composta martedì 24 aprile 2012
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                  Scritta da: Antonio Prencipe

                  E lì cucivo un sorriso

                  "La paura s'impara" disse il respiro
                  straziato di una gazzella ferita.
                  Ci vuole coraggio per aver paura.
                  E pensare a quando mio padre
                  guardandomi moriva un po' di più,
                  a quando mi chiese: "come stai?"
                  e un "lasciami morire ti prego"
                  in pieno volto gli squarciò il pianto.
                  Non ho mai avuto paura
                  lo sanno anche le mie labbra
                  tra sangue e sperma affogate.
                  Tra pugni e carezze spaccate.
                  Tra bestemmie e parole d'amore
                  sono state violentate, abusate.
                  Tra preghiere di preti nudi a elemosinar
                  orgasmi masturbate, come un povero
                  Gesù Cristo umiliate.
                  Non ho mai avuto paura
                  e l'ho detto anche a lei.
                  Mentre moriva e li cucivo un sorriso
                  ai suoi pezzi di faccia rimasti
                  come cemento sull'asfalto gelato.
                  Eppure l'ho vista
                  era il pane appena sfornato
                  dal sangue ben allattato,
                  era l'unghia incarnita di un mare
                  rimasto nel bianco di un sasso spezzato,
                  era la mia pelle scura stracciata dal vento.
                  Bisogna saper amare per aver paura.
                  E ne avevo bisogno per sentirmi vivo
                  per non possedere l'odore che mi rese
                  così meno fragile.
                  Composta martedì 24 dicembre 2013
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                    Scritta da: Antonio Prencipe

                    Amore nero nel cuore ghiacciato

                    Il cervello è caduto
                    assieme all'anima sul pavimento di ceramica...
                    Non si rompe... si squarcia
                    come un cristallo troppo fragile.
                    E le mie angosce divengono vertigini,
                    i passi inquieti come le mura
                    del mio egoismo si sgretolano
                    funesti al suono della tua voce.
                    In fondo all'estate non c'è più
                    l'anima dispersa tua.
                    Solo grasso dolore che invade
                    il tuo grigio è scheggia assordante
                    tra le polveri della tua anima infranta
                    alle sorde orecchie dei finti cuori.
                    Nascondendo le preghiere fatte sotto le coperte
                    stringevo forte il respiro
                    annunciando il mio canto spietato
                    contro l'immane dramma che è la vita
                    porgendo alla mia dignità
                    le mie più sentite condoglianze.
                    Diviene inverno e non so più muovermi
                    il ghiaccio penetra e tu lecchi
                    avventata il ghiacciolo
                    amaro delle mie ferite.
                    Speri di spegnere questa macchina
                    infernale senza amore
                    che spara sentimenti nel tuo ventre viscido.
                    Io sono quello che il tempo
                    e il dolore mi hanno fatto diventare
                    scuoti la testa ignara,
                    mi porgi il fagotto dolce
                    del tuo cuore pulsante cercando
                    di ridar vita a noi.
                    Sei intrepida ma la risposta è sorda,
                    cieca... si perde nel baratro
                    delle preghiere nere.
                    Guerra fredda, silenzio assoluto
                    sotto le labbra sole
                    come i raggi dell'amore che ormai
                    non ci sfiorano più.
                    Rinasceremo insani domani
                    in un campo di grano nero
                    emarginati dal tempo e da noi stessi.
                    Composta venerdì 2 dicembre 2011
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