Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Anniversario (1889)

Sono più di trent'anni e, di queste ore,
mamma, tu con dolor m'hai partorito;
ed il mio nuovo piccolo vagito
t'addolorava più del tuo dolore.
Poi tra il dolore sempre ed il timore,
o dolce madre, m'hai di te nutrito:
e quando fui del corpo tuo vestito,
quand'ebbi nel mio cuor tutto il tuo cuore,
allor sei morta; e son vent'anni: un giorno!
E già gli occhi materni io penso a vuoto;
e il caro viso già mi si scolora;
mamma, e più non ti so. Ma nel soggiorno
freddo dè morti, nel tuo sogno immoto,
tu m'accarezzi i riccioli d'allora.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Inno

    Al mattino, al meriggio, al fosco crepuscolo -
    tu hai udito il mio inno, Maria!
    In affanno e letizia - nel bene e nel male -
    tu, madre di Dio, ancora rimani con me!
    Quando più liete per me scorrevan le Ore,
    e non una nuvola oscurava il mio cielo,
    la tua grazia trepida guidava a te
    l'anima mia perché non si smarrisse;
    e ora che il Destino per me più addensa
    le sue tempeste e in me confonde presente
    e passato, fa' che almeno risplenda il futuro
    e per me irraggi dolce speranza di te!
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      L'incontro

      Al collo un filo di esili grani,
      celo le mani nel largo manicotto,
      gli occhi guardano distratti
      e non piangeranno mai più.

      Sembra il volto più pallido
      per la seta che tende al lilla,
      arriva quasi alle sopracciglia
      la mia frangetta non ondulata.

      E non somiglia ad un volo
      questa lenta andatura, quasi avessi
      sotto i piedi una zattera
      e non i quadretti del parquet.

      La bocca bianca è socchiusa,
      ineguale il respiro affannato,
      e sul mio petto tremano i fiori
      dell'incontro che non c'è stato.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Pasqua

        A festoni la grigia parietaria
        come una bimba gracile s'affaccia
        ai muri della casa centenaria.

        Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
        sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
        spietatamente, con tenaci braccia.

        Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
        il richiamo di Pasqua empie la terra
        con l'antica pia favola dell'ovo.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva

          Solo, fra i mesti miei pensieri, in riva
          al mar là dove il tosco fiume ha foce,
          con Fido il mio destrier pian pian men giva;
          e muggìan l'onde irate in suon feroce.

          Quell'ermo lido, e il gran fragor mi empiva
          il cuor (cui fiamma inestinguibil cuoce)
          d'alta malinconia; ma grata, e priva
          di quel suo pianger, che pur tanto nuoce.

          Dolce oblio di mie pene e di me stesso
          nella pacata fantasia piovea;
          e senza affanno sospirava io spesso:

          quella, ch'io sempre bramo, anco parea
          cavalcando venirne a me dappresso...
          Nullo error mai felice al par mi fea.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Non come volse Pinabello avvenne
            de l'innocente giovane la sorte;
            perché, giù diroccando a ferir venne
            prima nel fondo il ramo saldo e forte.
            Ben si spezzò, ma tanto la sostenne,
            che 'l suo favor la liberò da morte.
            Giacque stordita la donzella alquanto,
            come io vi seguirò ne l'altro canto.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Da "Avvento Notturno" Avorio

              Parla il cipresso equinoziale, oscuro
              e montuoso esulta il capriolo,
              dentro le fonti rosse le criniere
              dai baci adagio lavan le cavalle.
              Giù da foreste vaporose immensi
              alle eccelse città battono i fiumi
              lungamente, si muovono in un sogno
              affettuose vele verso Olimpia.
              Correranno le intense vie d'Oriente
              ventilate fanciulle e dai mercati
              salmastri guarderanno ilari il mondo.
              Ma dove attingerò io la mia vita
              ora che il tremebondo amore è morto?
              Violavano le rose l'orizzonte,
              esitanti città stavano in cielo
              asperse di giardini tormentosi,
              la sua voce nell'aria era una roccia
              deserta e incolmabile di fiori.
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