Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Ridotto a me stesso?

Ridotto a me stesso?
Morto l'interlocutore?
O morto io,
l'altro su di me
padrone del campo, l'altro,
universo, parificatore...
o no,
niente di questo:
il silenzio raggiante
dell'amore pieno,
della piena incarnazione
anticipato da un lampo? -
penso
se è pensare questo
e non opera di sonno
nella pausa solare
del tumulto di adesso.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Nella casa addormentata

    Nella casa addormentata in quest'alba
    la luce che si muove al secondo piano
    è una stella rimasta lassù

    sono sceso senza rumore
    per la scala
    sono andato attraverso il giardino
    fino al bosco di faggi

    nella freschezza calma di quest'alba
    negli alberi la tenerezza
    di una giovane madre
    e a passi lenti sul ponte di pietra
    la partenza.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Mezzogiorno

      L'osteria della pergola è in faccende:
      piena è di grida, di brusìo, di sordi
      tonfi; il camin fumante a tratti splende.
      Sulla soglia, tra il nembo degli odori
      pingui, un mendico brontola: Altri tordi
      c'era una volta, e altri cacciatori.
      Dice, e il cor s'è beato. Mezzogiorno
      dal villaggio a rintocchi lenti squilla;
      e dai remoti campanili intorno
      un'ondata di riso empie la villa.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Il Santuario

        Come un'arca d'aromi oltremarini,
        il santuario, a mezzo la scogliera,
        esala ancora l'inno e la preghiera
        tra i lunghi intercolunnii dè pini;
        e trema ancor dè palpiti divini
        che l'hanno scosso nella dolce sera,
        quando dalla grand'abside severa
        uscìa l'incenso in fiocchi cilestrini.
        S'incurva in una luminosa arcata
        il ciel sovr'esso: alle colline estreme
        il Carro è fermo e spia l'ombra che sale.
        Sale con l'ombra il suon d'una cascata
        che grave nel silenzio sacro geme
        con un sospiro eternamente uguale.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          In ritardo

          E l'acqua cade su la morta estate,
          e l'acqua scroscia su le morte foglie;
          e tutto è chiuso, e intorno le ventate
          gettano l'acqua alle inverdite soglie;
          e intorno i tuoni brontolano in aria;
          se non qualcuno che rotola giù.
          Apersi un poco la finestra: udii
          rugliare in piena due torrenti e un fiume;
          e mi parve d'udir due scoppiettìi
          e di vedere un nereggiar di piume.
          O rondinella spersa e solitaria,
          per questo tempo come sei qui tu?
          Oh! non è questo un temporale estivo
          col giorno buio e con la rosea sera,
          sera che par la sera dell'arrivo,
          tenera e fresca come a primavera,
          quando, trovati i vecchi nidi al tetto,
          li salutava allegra la tribù.
          Se n'è partita la tribù, da tanto!
          Tanto, che forse pensano al ritorno,
          tanto, che forse già provano il canto
          che canteranno all'alba di quel giorno:
          sognano l'alba di San Benedetto
          nel lontano Baghirmi e nel Bornù.
          E chiudo i vetri. Il freddo mi percuote,
          l'acqua mi sferza, mi respinge il vento.
          Non più gli scoppiettìi, ma le remote
          voci dei fiumi, ma sgrondare io sento
          sempre più l'acqua, rotolare il tuono,
          il vento alzare ogni minuto più.
          E fuori vedo due ombre, due voli,
          due volastrucci nella sera mesta,
          rimasti qui nel grigio autunno soli,
          ch'aliano soli in mezzo alla tempesta:
          rimasti addietro il giorno del frastuono,
          delle grida d'amore e gioventù.
          Son padre e madre. C'è sotto le gronde
          un nido, in fila con quei nidi muti,
          il lor nido che geme e che nasconde
          sei rondinini non ancor pennuti.
          Al primo nido già toccò sventura.
          Fecero questo accanto a quel che fu.
          Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore,
          ha fame in mezzo a tante cose morte;
          e l'anno è morto, ed anche il giorno muore,
          e il tuono muglia, e il vento urla più forte,
          e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura,
          e quello ch'era non sarà mai più.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            De gli occhi de la mia donna si move

            De gli occhi de la mia donna si move
            un lume sì gentil che, dove appare,
            si veggion cose ch'uom non po' ritrare
            per loro altezza e per lor esser nove:
            e dè suoi razzi sovra 'l meo cor piove
            tanta paura, che mi fa tremare
            e dicer: "Qui non voglio mai tornare";
            ma poscia perdo tutte le mie prove:
            e tornomi colà dov'io son vinto,
            riconfortando gli occhi paurusi,
            che sentier prima questo gran valore.
            Quando son giunto, lasso!, ed è son chiusi;
            lo disio che li mena quivi è stinto:
            però proveggia a lo mio stato Amore.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Volta il cavallo, e ne la selva folta
              lo caccia per un aspro e stretto calle:
              e spesso il viso smorto a dietro volta;
              che le par che Rinaldo abbia alle spalle.
              Fuggendo non avea fatto via molta,
              che scontrò un eremita in una valle,
              ch'avea lunga la barba a mezzo il petto,
              devoto e venerabile d'aspetto.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                I tre santi Re Magi dall'Oriente

                I tre santi Re Magi dall'Oriente
                Chisedono in ogni piccola città:
                "Cari ragazzi e giovinette, dite,
                la strada per Betlemme è per di qua? "

                Ma i giovani ed i vecchi non lo sanno
                E i tre Re Magi sempre avanti vanno;
                ma una cometa d'oro li conduce
                che lassù chiara e amabile riluce.

                La stella sulla casa di Giuseppe
                Ecco s'arresta: là devono entrare.
                Il bovetto muggisce, il bimbo strilla,
                e i tre Re Magi prendono a cantare.
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