Adagiato sono su codesta poltrona e avvolto dai braccioli mi appropinguo a trascrivere questi versi. La mente pensa costantemente mentre scrivon le mani parole diffuse di vari concetti. Proteso sono e assorto di riflesso coi miei pensieri riportati con semplice duttilità. Braccia poggiate su, mano infreddolita che trasporta così leggera una penna che continua imperterrita e con incessante vigorìa.
E capire cosa siamo sarebbe già un bel passo avanti quando di passi indietro se ne fanno tanti e cerchi nello sguardo di una qualunque persona quel calore che solo l' amore dona. Si può stare anche da soli se si riesce ad imparare a guardarsi dentro senza la voglia di scappare, guardare e scoprire per avere poi qualcosa da offrire, non la solita anima che vaga per il mondo avvolta da un malessere profondo, ma un' anima lucente che sa di cosa è fatta e può far del bene a tanta gente non quella che non sa dare dei segni d' affetto, che se rivolti a lei non fanno alcun effetto.
Guarda negli occhi le persone che ami e ascolta i mille richiami, richiami di pace ora che l' hai ottenuta perché hai vissuto delle cose che ti hanno cresciuta, fa crescere anche gli altri con la tua esperienza e vedrai che qualcuno non potrà più viverne senza ; scoprire se stessi e poi la gioia di vivere sapere che con qualcuno tu potrai condividere la tua storia, donando il tuo cuore, ma tutto questo non avviene se dentro non hai l' amore.
I bambini di oggi hanno visto cose che Blade Runner non poteva neppure immaginare. Hanno visto le torri gemelle di Manhattan precipitare nel gorgo dei Pokemon. E hanno visto Dragonball -zeta sventolare un fazzoletto bianco prima di morire, perché un aereo si era infilzato sulla sua testa come il braccio di una croce. E mi domando che razza di uomini saranno quei bambini che hanno subìto allucinazioni così. Delle due l'una: o uomini fantastici, o schiavi. E io scommetto sulla prima. E ho nostalgia del futuro. Anche se io non ci sarò.
In volo o di notte ho visto la solitudine. L'ho vista sulle colline bruciate dell'Italia in fiamme. L'ho vista nelle acque grigie e opache dell'oceano agitato. L'ho vista nelle file di macchine lussuose sfreccianti nella notte sulle highways della California. L'ho vista negli occhi di una donna l'ho vista nei miei occhi, nei bambini abbandonati, nei clochards di Parigi, nella fame in oriente e in occidente. Nella schiena spezzata dei malesi a Singapore, nei cortili terrosi alla periferia di Chicago, negli esuli albanesi ai semafori di Atene. Ma adesso è qui, di fianco a me che guida la mia mano e che ride di me e del mondo che governa in silenzio.
Dedicata, agli inverni che non abbandonano i cuori, alle primavere infinite rigoglioso disgelo dell'anima, dedicata ai coraggiosi che cavalcano i draghi, ai timidi dal cuore gonfio di parole mai pronunciate, dedicata alle volte che ci crediamo e poi non era cosi, dedicata alle follie della giovinezza ai saltimbanchi alle donne dell'amore, agli uomini della fede agli infedeli, a tutti quelli che sanno vivere e a coloro che non sono mai nati. Dedicata, ai fiori gentili alle selve ombrose alle acque e alle vette ai deserti. Dedicata, alla bellezza del mondo e alle sue brutture. Dedicata, a chi non si arrende e continua a sognare.
Verrei da te... mi scalderebbe il tuo corpo. Emozioni... veloci, non toccano solo l'anima, ma entrano nel sangue e dentro ogni respiro, battito, fremito... Mani tra le mani, si precipita piano, come angeli perduti, con le uniche ali dentro il cuore. Labbra su labbra, come se un bacio fosse respirare. Pelle su pelle per rendere vere le parole. E i nostri occhi sono sogni... da non spegnersi al mattino.
Un giorno per lei raccolsi un fiore e un brivido profondo mi pervase Altri giorni raccolsi fiori ma non fu lo stesso
Una sera insieme osservammo la luna e una magica emozione si librò nell'etere Altre sere la guardammo ma non fu lo stesso
Passeggiando mano nella mano lungo il mare sembravamo fonderci con esso Ma altre volte non furono così
Imparai che le cose belle durano un attimo e che non dovevo viverle nel rimpianto ma custodirle nel mio cuore nel vivo ricordo di esse Perché potessero esistere in eterno.
E tutti ci ricorderemo dove eravamo in quel momento. Seduti in macchina a cercar parcheggio, con la testa tra i surgelati a cercar la paella, davanti al computer a cercare la frase giusta. Poi uno squillo di telefonino, e l'amico, il parente, il collega che ti staccano una storia inverosimile di aerei e grattacieli, ma và via, dai, lasciami perdere che oggi è già una giornata difficile, ma lui non ride e dice: ti giuro che è vero. Ricorderemo l'istante passato a cercare in quella voce una qualunque sfumatura di ironia, senza trovarla. Ti giuro che è vero. E non dimenticheremo la prima persona a cui abbiamo telefonato, subito dopo, e nemmeno quel pensiero - immediato, sciocco ma incredibilmente reale - "Dov'è mio figlio? ", i miei figli, la mamma, la fidanzata, domanda inutile, perfino comica, lo capisci subito dopo, ma intanto è scattata - la Storia siamo noi, è solo un verso di una canzone di De Gregori, ma adesso ho capito cosa voleva dire - risvegliarsi con la Storia addosso. Che vertigine.
Urlo nell'urlo che nasce dentro, percuote ogni emozione come il vento le foglie d'inverno, di bianco vestita la neve si accasa e giace sull'immoto, con fare di nulla, come nulla fosse. Trepida attesa sconvolge equilibri, piace al tempo colmarmi d'ansia, rendermi ogni minuto indigesto e lento più di un fiume, che placido taglia le valli fino al mare, per poi confondersi, onda su onda, nel suo umido abbraccio, con fatica le braccia annaspano a galla e l'abisso sembra più vicino quando l'onda ricade e il cielo è nei miei occhi nel cavalcare l'onda, al trotto, al galoppo, verso obiettivi mai sazi, verso traguardi mai domi, a spada tratta per infilzare al primo colpo il futuro e urlare al mondo la vittoria del volere e il gusto del riuscire. . . Purché ogni cosa sia al suo posto.
"Tenisse cent'lire? ", strascicando le parole da una bocca contorta, le palpebre socchiuse e lo sguardo spento, perso nel vuoto e nell'olezzo dei suoi stracci, nel sozzume del suo corpo, cotto dal sole e ferito dal dolore, dalle piaghe che la strada ogni giorno di più muta in solitaria morte. "Amico... tenisse cent'lire? ", lo sguardo basso e la mano tesa a chieder vendetta di una povertà mai voluta, sia d'animo che di monete, quando scrisse con l'ago "Odio la vita" su un muro e cominciò il non ritorno da dove forse mai partì.