Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Il grillo dei campi e il grillo del focolare

Mai la terrestre poesia non muore.
Quando tutti gli uccelli al solleone
vengono meno e stan nascosti in mezzo
la frescura degli alberi, una voce
corre di siepe in siepe intorno al prato
su cui appena passò rasa la falce:
è del grillo dei campi, il capintesta
nel tripudio d'estate, mai godere
non cessa, perché quando a giuochi è stanco
posa con agio sotto una grata erba.
Fine non ha la poesia terrestre.
D'inverno, in una sera solitaria,
quando il silenzio è opera del gelo,
strepe fuor della stufa il suon del grillo
del focolare che col caldo sempre
viene crescendo, e a uno che smarrito
a mezzo sta fra sonno e veglia, il canto
par del grillo dei campi ai colli erbosi.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Sulla Gloria

    Quale febbre ha mai l'uomo! Che guardare
    ai suoi giorni mortali con il sangue
    temperato non sa, che tutto sciupa
    le pagine del libro della vita
    e deruba virtù al suo buon nome.
    È come se la rosa si cogliesse
    da sé; o quand'è matura la susina
    la sua scura lanugine raschiasse;
    o a guisa di un folletto impertinente
    la Naiade oscurasse la splendente
    sua grotta di una tenebra fangosa.
    Ma sullo spino lascia sé la rosa,
    che vengano a baciarla i venti e grate
    se ne cibino le api: e la susina
    matura indossa sempre la sua veste
    bruna, il lago non tocco ha di cristallo
    la superficie. Perché dunque l'uomo,
    importunando il mondo per averne
    grazia, deve sciupar la sua salvezza
    in obbedienza a un rozzo, falso credo?
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Le stagioni umane

      Quattro stagioni fanno intero l'anno,
      quattro stagioni ha l'animo dell'uomo.
      Egli ha la sua robusta Primavera
      quando coglie l'ingenua fantasia
      ad aprire di mano ogni bellezza;
      ha la sua Estate quando ruminare
      il boccone di miel primaverile
      del giovine pensiero ama perduto
      di voluttà, e così fantasticando,
      quanto gli è dato approssimarsi al cielo;
      e calmi ormeggi in rada ha nel suo Autunno
      quando ripiega strettamente le ali
      pago di star così a contemplare
      oziando le nebbie, di lasciare
      le cose belle inavvertite lungi
      passare come sulla siglia un rivo.
      Anche ha il suo Inverno di sfiguramento
      pallido, sennò forza gli sarebbe
      rinunciare alla sua mortal natura.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Al sonno

        O soave che balsamo soffondi
        alla quieta mezzanotte, e serri
        con attente e benevole le dita
        gli occhi nostri del buio compiaciuti,
        protetti dalla luce, avvolti d'ombra
        nel ricovero di un divino oblio.
        O dolcissimo sonno! Se ti piace
        chiudi a metà di questo, che è tuo, inno
        i miei occhi in vedetta, o attendi l'Amen
        prima che il tuo papavero al mio letto
        largisca in carità il suo dondolio.
        Poi salvami, altrimenti il giorno andato
        lucido apparirà sul mio guanciale
        di nuovo, producendo molte pene,
        salvami dall'alerte coscienza
        che viepiù insignorisce il suo vigore
        causa l'oscurità, scavando come
        una talpa. Volgi abile la chiave
        nella toppa oliata e dà il sigillo
        allo scrigno, che tace, del mio cuore.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          A...

          Se avessi le forme di un bel corpo virile,
          sottili i miei sospiri potrebbero echeggiare,
          come in tornito avorio, al tuo orecchio,
          trovando via al tuo cuore gentile - passione
          bene mi armerebbe all'impresa. Ma, ahimé!
          Non sono il cavaliere che uccide l'avversario,
          corazza non risplende sul mio petto elato,
          né sono l'ingenuo pastore della valle,
          le cui labbra han tremato per occhi di fanciulla.
          Eppure devo delirare per te, dirti più dolce
          delle rose melate dell'Ibla, asperse di rugiada
          così densa che inebria. Ah! tal rugiada mi giova,
          la suggerò, cogliendola, con incanti e magia,
          quando si svela il volto pallido della luna.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Lasciando alcuni amici di prima mattina

            D'oro una penna datemi, e lasciate
            che in limpidi e lontane regioni
            sopra mucchi di fiori io mi distenda;
            portatemi più bianca di una stella
            o di una mano d'angelo inneggiante
            quando fra corde argentee la vedi
            di arpe celesti, un'asse per scrittoio;
            e lasciate lì accanto correr molti
            carri color di perla, vesti rosa,
            e chiome a onda, e vasi di diamante,
            e ali intraviste, e sguardi penetranti.
            Lasciate intanto che la musica erri
            ai miei orecchi d'intorno; e come quella
            ogni cadenza deliziosa tocca,
            lasciate che io scriva un verso pieno
            di molte meraviglie delle sfere,
            splendido al suono: con che altezze in gara
            il mio spirito venne! Nè contento
            è di restare così presto solo.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Scritto con inchiostro verde

              L'inchiostro verde crea giardini, selve, prati,
              fogliami dove cantano le lettere,
              parole che son alberi,
              frasi che son verdi costellazioni.

              Lascia che le parole mie scendano e ti ricoprano
              come una pioggia di foglie su un campo di neve,
              come la statua l'edera,
              come l'inchiostro questo foglio.
              Braccia, cintura, collo, seno,
              la fronte pura come il mare,
              la nuca di bosco in autunno,
              i denti che mordono un filo d'erba.

              Segni verdi costellano il tuo corpo
              come il corpo dell'albero le gemme.
              Non t'importi di tante piccole cicatrici luminose:
              guarda il cielo e il suo verde tatuaggio di stelle.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Autunno

                In fiamme, nell'incendio degli autunni
                arde a volte il mio cuore,
                puro e solo. Il vento che lo desta
                tocca il suo centro e lo sospende
                nella luce che ride per nessuno:
                quanta bellezza sparsa!

                Anelo mani,
                una presenza, un corpo,
                quel che frantuma i muri
                e fa nascere le forme inebriate,
                un tocco, un suono, un giro, solo un'ala,
                celesti frutti della luce nuda.

                Nel mio intimo cerco
                ossa, violini intatti,
                vertebre oscure e delicate,
                labbra che sognan labbra,
                mani sognanti uccelli...

                Qualcosa che s'ignora e dice <>
                cade dal cielo,
                da te, Dio, mio avversario.
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