Al giardino spettrale al lauro muto de le verdi ghirlande a la terra autunnale un ultimo saluto! A l'aride pendici aspre arrossate nell'estremo sole confusa di rumori rauchi grida la lontana vita: grida al morente sole che insanguina le aiole. S'intende una fanfara che straziante sale: il fiume spare ne le arene dorate; nel silenzio stanno le bianche statue a capo i ponti volte: e le cose già non sono più. E dal fondo silenzio come un coro tenero e grandioso sorge ed anela in alto al mio balcone: e in aroma d'alloro, in aroma d'alloro acre languente, tra le statue immortali nel tramonto ella m'appar, presente.
Non so se tra rocce il tuo pallido viso m'apparve, o sorriso di lontananze ignote fosti, la china eburnea fronte fulgente o giovine suora de la Gioconda: o delle primavere spente, per i tuoi mitici pallori o Regina o Regina adolescente: ma per il tuo ignoto poema di voluttà e di dolore musica fanciulla esangue segnato di linea di sangue nel cerchio delle labbra sinuose, regina de la melodia: ma per il vergine capo reclino, io poeta notturno vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo, io per il tuo dolce mistero io per il tuo divenir taciturno. Non so se la fiamma pallida fu dei capelli il vivente segno del suo pallore, non so se fu un dolce vapore, dolce sul mio dolore, sorriso di un volto notturno: guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti e l'immobilità dei firmamenti e i gonfii rivi che vanno piangenti e l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti e ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti e ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Tu mi portasti un po' d'alga marina Nei tuoi capelli, ed un odor di vento, Che è corso di lontano e giunge grave D'ardore, era nel tuo corpo bronzino: -Oh la divina Semplicità delle tue forme snelle- Non amore non spasimo, un fantasma, Un'ombra della necessità che vaga Serena e ineluttabile per l'anima E la discioglie in gioia, in incanto serena Perché per l'infinito lo scirocco Se la possa portare. Come è piccolo il mondo e leggero nelle tue mani!
O poesia poesia poesia Sorgi, sorgi, sorgi Su dalla febbre elettrica del selciato notturno. Sfrenati dalle elastiche silhouttes equivoche Guizza nello scatto e nell'urlo improvviso Sopra l'anonima fucileria monotona Delle voci instancabili come i flutti Stride la troia perversa al quadrivio Poiché l'elegantone le rubò il cagnolino Saltella una cocotte cavalletta Da un marciapiede a un altro tutta verde E scortica le mie midolla il raschio ferrigno del tram Silenzio - un gesto fulmineo Ha generato una pioggia di stelle Da un fianco che piega e rovina sotto il colpo prestigioso In un mantello di sangue vellutato occhieggiante Silenzio ancora. Commenta secco E sordo un revolver che annuncia E chiude un altro destino.
La luce del crepuscolo si attenua: Inquieti spiriti sia dolce la tenebra Al cuore che non ama più! Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare, Sorgenti, sorgenti che sanno Sorgenti che sanno che spiriti stanno Che spiriti stanno a ascoltare Ascolta: la luce del crepuscolo attenua Ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra: Ascolta: ti ha vinto la Sorte: Ma per i cuori leggeri un'altra vita è alle porte: Non c'è di dolcezza che possa uguagliare la Morte Più Più Più Intendi chi ancora ti culla: Intendi la dolce fanciulla Che dice all'orecchio: Più Più Ed ecco si leva e scompare Il vento: ecco torna dal mare Ed ecco sentiamo ansimare Il cuore che ci amò di più! Guardiamo: di già il paesaggio Degli alberi e l'acque è notturno Il fiume va via taciturno Pùm! Mamma quell'omo lassù! "
In un momento Sono sfiorite le rose I petali caduti Perché io non potevo dimenticare le rose Le cercavamo insieme Abbiamo trovato delle rose Erano le sue rose erano le mie rose Questo viaggio chiamavamo amore Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose Che brillavano un momento al sole del mattino Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi Le rose che non erano le nostre rose Le mie rose le sue rose P. S. E così dimenticammo le rose.
Più svelto, macchinista, e fammi in fretta la Springfield Line sotto il sole splendente. Via come un razzo, non fermarti mai finché non freni in Grand Central, New York. Perché ad aspettarmi c'è laggiù, in mezzo a quel salone, colui che fra tutti amo di più. Se non è lì quando arrivo in città starò sul marciapiede e piangerò. Perché è lui che voglio rimirare, l'acme di perfezione e di bontà. Se mi serra la mano e mi dice "ti amo", ed è per me un fenomeno sublime. I boschi sono tutti verdi e lustri ai lati del binario ; anche gli alberi hanno i loro amori, pur diversi dal mio. Ma il povero banchiere vecchio e obeso, in carrozza di lusso, non ha nessuno che lo ami eccetto il suo avana. Se fossi io il Capo dela Chiesa o dello Stato, m'inciprierei il naso e ordinerei a tutti di aspettare. Perché l'amore conta ed è potente ben più di un prete o di un politicante.
Pesci nei placidi laghi sfoggiano scie di colori, cigni nell'aria invernale hanno un candore perfetto e incede il grande leone per il suo bosco innocente; leone, pesci e cigno in scena e già sono andati sull'onda irruente del Tempo.
Noi, finché i giorni d'ombra son maturi, noi dobbiamo piangere e cantare del dovere il sopruso consapevole, il Diavolo nell'orgoglio, la bontà portata attentamente per espiazione o per nostra fortuna; noi i nostri amori li dobbiamo perdere, volgendo uno sguardo invidioso a ogni animale e uccello che si muove.
Sospiri per folliecompiute e dette attorcono i nostri angusti giorni, ma devo benedire e celebrare che tu, mio cigno, avendo tutti i doni che Natura impulsiva ha dato al cigno, la maestà e l'orgoglio, vi aggiungessi ieri notte il tuo amore volontario.