Scritta da: Simone Sabbatini
Perché solo
Ti chiedi perché
solo se capita a chi è simile a te,
solo se t'immagini com'è.
Composta sabato 26 novembre 2005
Ti chiedi perché
solo se capita a chi è simile a te,
solo se t'immagini com'è.
Piangi che lo ami ma non ti vuole più:
sta per i fatti suoi, sta con un'altra lei.
Da quando ti conosco ogni giorno t'abbellisce,
quell'ombra nei tuoi occhi sono io, che mi nascondo
per amarti nel silenzio, rispettandoti ammirarti.
Dire che ti amo è sublimare l'ovvietà.
Io geloso non lo sono di quel tipo, sai perché?
Perché è lui, e non è me. Perché non basta
il gusto, buono, che ci unisce nel poterti contemplare:
io rivali non li temo, li rispetto e un po' li stimo.
Può avere tutto, e forse tutto ha:
i sorrisi e le carezze di qualcuna, e le tue lacrime,
dolcissime... Può avere tutto e lui lo sa.
La vita è un divenire di scelte nuvolose:
tu scegli in ogni istante semplicemente amare,
mi dai l'attesa che mi lega e non costringe, la mia scelta,
l'amore d'ascoltarti con pazienza. E se il mio amore
per te è rincorrerti e non averti mai: ho gambe buone,
e fiato a volontà. Tu ami lui, tu non vuoi me.
Se adesso che sei sola venissi qui da me
- onirica certezza! – mi troveresti in maschera
vestito dei tuoi sogni, fantastico nessuno
di cui vivi il bisogno, il ripiego che cercavi, la bottiglia
perché non vuoi pensare, qualunque cosa, il tuo cretino
più felice. Ma non sarà, è un altro amore, un altro mondo.
È un altro mito. Non sarà vederti nuda, respirare i tuoi capelli,
non sarà riempire il tuo castello di gioielli, bere sudore
dalla fonte del tuo seno. Sarà diverso, per l'eterno suono
degli umori che da te mi scorreranno addosso. Ti sento
in ogni goccia di rugiada che mi bussa ogni mattina, in ogni gesto,
più del sole che seccato un po' ritarda. E non importa
doverlo superare, non c'è traguardo, solo amore.
Prigione di me stesso,
fino all'ultimo pensiero,
fino all'ultima noia, all'ultimo desiderio,
prigioniero di una microscopica libertà
troppo stretta per andarmi bene,
prigioniero d'ogni orgoglio e smarrimento,
d'ogni mia contraddizione.
Prigioniero: ma non della mia chimica,
né di ciò che è vita!
Mi ricorda quel volto qualcosa,
ma non so più chi,
non ricordo più che cosa.
Non far caso alle parole
vomitate con violenza:
non è lì che brilla il sole,
quella è solo un'apparenza.
Ben più sotto va cercata
la sostanza del pensiero:
del suo guscio smascherata
si rivela per davvero!
Dal profondo d'ogni cuore
vola svelto un bel messaggio:
poi si veste di parole,
di bisogno d'un linguaggio;
ma tu smaschera veloce
quella solita apparenza:
senti tutto senza voce,
vedi tutto in trasparenza.
No, non puoi restare fermo:
devi andare fino in fondo!
Cinque sensi: opaco schermo!
Pensa come vedi il mondo!
Fermo qui sarebbe grave:
perché è questa la questione;
ma nel cuore sta la chiave
per capire ogni canzone.
Vanitosa idea di essere normale
ti passo dietro
lo specchio, ti guardi
ed io mi stupisco:
dicono ciò che dà immagine è vita senz'altro!
O solo non m'aspettavo il mio sguardo,
incrociarlo, sorprenderlo, scrutarlo, baciarlo
odiarlo e lasciarlo osservare
lì dietro
ectoplasmatiche spie, sinonimi visivi
riflessioni capovolte, illeciti cloni, parenti sconosciuti
vari noiosi me stesso. Ma stasera mi sembra
un guscio – nient'altro? Non vuoto:
c'è dentro qualcosa, qualcuno, che piange,
che piove sulla neve gelata riaffiora il dolore
non morto. Come in un sogno
lo vedo parlare parole bagnate.
C'è qualcosa che non va:
vado avanti coi miei credo,
credo ancora nell'amore,
amo sempre viole e voli.
Volo alto coi miei sogni,
sogno mari, valli e monti,
monto vari tipi d'ali.
Ali buone per planare
piano, e forti giù in picchiata.
Picchio duro nelle rocce,
roccia vera, che non vola.
Volo basso sui miei sogni,
sogno addii, e non ritorni,
torna quello che non c'era.
Corri, corri, corri che scappa!
Corri, corri, corri, scappa!
Corri, corri, corri
e corri
tanto la morte è circolare
anche se tu non sai dove andare.
Che tristezza, piuma cara,
senso vuoto del tuo stato!
Io ti vedo, mesta, amara,
nel tuo moto ormai fermato.
Già non soffia più quel vento
che spingeva te, leggera;
dopo un attimo s'è spento:
dopo un attimo è già sera.
Or ti vedo, ferma a terra,
sul cemento sporco e scuro:
non c'è pace, non c'è guerra,
solo un suolo nero e duro.
Non più bella, non al sole,
più nessuno che t'ammira;
che, passando, se non vuole,
non gl'importa, a te si gira.
Quell'ostacolo, l'hai preso,
che pensavi inesistente:
quello scoglio t'ha sorpreso,
t'ha colpito veramente.
Vomitevole esistenza,
ma bisogna andare avanti;
porre forte resistenza
contro i mali brutti e tanti.
Già l'hai fatto, anima triste,
vuota, mesta, amara e ferma;
non per sempre il buio insiste,
non per sempre in te s'afferma.
Dolcissimo incubo,
sogno triste e pauroso:
mi porti una strada di curve campestri,
di teneri arbusti sudati dal sole,
di petali allegri nel buio notturno.
Un'auto – la guido! – la segue leggera,
asseconda le curve volando, leggera,
inconsistente ed eterea, leggera:
oh fresca giornata d'estate!
non sa dell'attrito.
Ma la notte, no: nella notte
l'asfalto costringe il suo moto,
mi giro nel buio totale: son vivo,
son solo, da solo. E soltanto
così vedo gialli quei fiori.
Non m'importa:
sogno o angoscia, giorno o notte,
del colore dell'estate o con il sangue mio versato,
io ci proverò a seguirti, dolce strada:
chissà dove arriverò.