Le migliori poesie inserite da Eclissi

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Scritta da: Eclissi

Ad altri da te

Amico da nemico io ti sfido
Tu con monete false nella borsa degli occhi,
Tu amico mio dall'aria accattivante
Che per vera mi rifilasti la menzogna
Mentre spiavi bronzeo i miei più gelosi pensieri
Che mi allettasti con luccicanti pezzi d'occhio
finché il dente goloso del mio affetto trovò il duro
E scricchiolò, e io inciampai e succhiai,
Tu che ora evoco a stare come un ladro
Nella memoria, moltiplicato da specchi,
In sofferente inobliabile atto,
Mano lesta nel guanto di velluto
E un martello contro il mio cuore
Eri una volta una tale creatura, un così allegro,
Schietto, spassionato compagno,
Che non avrei mai detto né creduto
Mentre una verità spostavi nell'aria,
Che per quanto li amassi per i loro difetti
Come per i loro pregi,
I miei amici non erano che nemici sui trampoli
Con la testa fra nuvole d'astuzia!
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    Scritta da: Eclissi

    Nella follia

    Quando verrà il momento
    Nella follia
    Catturerò il firmamento e lambirò le nubi
    Prenderò in prestito la bufera
    Lasciandomi alle spalle le lacrime zampillanti
    E me ne andrò.

    Non inseguirò l'equilibrio
    Non soffocherò le grida
    Danzerò sull'acqua
    Dirigendomi verso l'altra sponda
    Libera
    O schiava
    Non importa!
    Guaderò il fiume.

    Quando verrà il momento
    Farfalla notturna
    Deporrò la dolcezza che ormai mi ha annoiata
    Deporrò l'abito imbizzarrito invano
    E darò fuoco al passato
    Per ritornare liscia come la terra vista da lontano
    E girare da sola
    Intorno alla luna.

    Riderò e le mie risate non saranno tristi
    Non volerò, camminerò
    Accarezzerò la strada
    Converserò tutta la notte con il selciato
    Farò sgorgare la poesia dalle pietruzze
    Il cielo piangerà e non mi preoccuperò
    Il vento consumerà il mio cuore ustionato dall'amore

    Quando verrà il momento
    alba senza rugiada
    mi mostrerò con il viso rabbuiato
    e seppellirò i miei visi sereni
    diffonderò le ombre sul mio essere
    le farò gocciolare come il dolce miele
    punto dopo punto
    bacio dopo bacio
    affinché riemerga sulla superficie del fiume
    quella donna che ho serbato in me.
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      Scritta da: Eclissi

      Arbre bleu

      Lorsque tes yeux rencontrent ma solitude
      Le silence devient pont
      Et le sommeil tempête
      Des portes défendues s'entrouvrent
      Et l'eau apprend à souffrir.

      Lorsque ma solitude rencontre tes yeux
      Le désir monte et se répand
      Parfois marée insolente
      Vague qui court sans fin
      Ou sève qui se verse goutte à goutte
      Sève plus ardente qu'un tourment
      Commencement qui jamais ne s'accomplit.

      Lorsque tes yeux et ma solitude se rencontrent
      Je me donne nue comme la pluie
      Généreuse telle un sein rêvè
      Tendre comme la vigne qui mûrit le soleil

      Multiple je me donne
      Une braise dans chaque oeil
      Jusqu'à ce que naisse l'arbre de ton amour
      Tellement haut et rebelle
      Tellement rebelle et tellement mien
      Flèche qui revient à l'arc
      Racine où convergent mes nuages
      Palmier bleu plantè dans mes soupirs
      Ciel montant que rien n'arrêtera.
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        Scritta da: Eclissi

        Cos'era

        Era impossibile da immaginare, impossibile
        da non immaginare; la sua azzurrezza, l'ombra che lasciava,
        che cadeva, riempiva l'oscurità del proprio freddo,
        il suo freddo che cadeva fuori da se stesso, fuori da qualsiasi idea
        di sé descrivesse nel cadere; un qualcosa, una minuzia,
        una macchia, un punto, un punto in un punto, un abisso infinito
        di minuzia; una canzone, ma meno di una canzone, qualcosa che
        affoga in sé, qualcosa che va, un'alluvione di suono, ma meno
        di un suono; la sua fine, il suo vuoto,
        il suo tenero, piccolo vuoto che colma la sua eco, e cade,
        e si alza, inavvertito, e cade ancora, e così sempre,
        e sempre perché, e solo perché, essendo stato, era...

        Era l'inizio di una sedia;
        era il divano grigio; era i muri,
        il giardino, la strada di ghiaia; era il modo in cui
        i ruderi di luna le crollavano sulla chioma.
        Era quello, ed era altro ancora; era il vento che azzannava
        gli alberi; era la congerie confusa di nubi, la bava
        di stelle sulla riva. Era l'ora che pareva dire
        che se sapevi in che punto esatto del tempo si era, non avresti
        mai più chiesto nulla. Era quello. Senz'altro era quello.
        Era anche l'evento mai avvenuto – un momento tanto pieno
        che quando se ne andò, come doveva, nessun dolore riusciva
        a contenerlo. Era la stanza che pareva la stessa
        dopo tanti anni. Era quello. Era il cappello
        dimenticato da lei, la penna che lei lasciò sul tavolo.
        Era il sole sulla mia mano. Era il caldo del sole. Era come
        sedevo, come attendevo per ore, per giorni. Era quello. Solo quello.
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          Scritta da: Eclissi

          E ciò che voglio è l'amore

          E ciò che voglio è l'amore,
          l'amore spensierato e quello che rimette tutto in discussione,
          quello che fa rinascere,
          l'amore passionale, l'amore lontano, il fine amore,
          quello che vi costringe a superarvi,
          l'amore platonico, l'amore sessuale,
          l'amore lieve, l'amore oscuro, l'amore luminoso,
          l'amore tenero,
          l'amore fedele, l'amore infedele,
          l'amore geloso, l'amore generoso,
          l'amore libero, l'amore sognato,
          l'amore adorazione, l'amore mistico, l'amore istintivo,
          l'amore che si fa, il prima, il durante e il dopo l'amore,
          l'amore che brucia, l'amore pudico,
          l'amore segreto, l'amore gridato,
          l'amore che fa male al corpo, l'amore che fa bene al corpo,
          l'amore che paralizza e quello che dà le ali,
          l'amore a morte, l'amore a vita,
          il primo amore, l'amore perduto,
          l'amore ferito, il prossimo amore,
          perché non ci sono regole,
          perché è necessario inventare i propri amori,
          inventare la propria vita.
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            Scritta da: Eclissi

            Canción del demasiado amor (Canzone del troppo amore)

            Quiero llorar porque te amé demasiado,
            quiero morir porque me diste la vida,
            ay, amor mío, ¿será que nunca he de tener paz?
            Será que todo lo que hay en mí              
            sólo quiere decir saudade...
            Y ya ni sé lo que va a ser de mí,
            todo me dice que amar será mi fin...
            Qué desespero trae el amor,
            yo que no sabía lo que era el amor,
            ahora lo sé porque no soy feliz.


            Voglio piangere perché ti amai troppo,
            voglio morire perché mi desti la vita,
            ahi, amore mio, sarà che mai posso avere pace?
            Sarà che tutto ciò che è in me
            Vuole dire soltanto solitudine...
            e ormai non so che ne sarà di me,
            tutto mi dice che amare sarà la mia fine...
            Che disperazione porta l'amore,
            io che non sapevo cosa fosse l'amore,
            adesso lo so perché non sono felice.
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              Scritta da: Eclissi

              La città

              Hai detto: "Per altre terre andrò, per altro mare.
              Altra città, più amabile di questa, dove
              ogni mio sforzo è votato al fallimento,
              dove il mio cuore come un morto sta sepolto,
              ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
              Dei lunghi anni, se mi guardo attorno,
              della mia vita consumata qui, non vedo
              che nere macerie e solitudine e rovina".

              Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
              La città ti verrà dietro. Andrai vagando
              per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
              Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
              farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
              non c'è nave non c'è strada per te.
              Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto
              tu l'hai sciupata su tutta la terra.
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                Scritta da: Eclissi

                Ode alla notte

                Vieni, Notte antichissima e identica,
                Notte Regina nata detronizzata,
                Notte internamente uguale al silenzio, Notte
                con le stelle, lustrini rapidi
                sul tuo vestito frangiato di Infinito.

                Vieni vagamente,
                vieni lievemente,
                vieni sola, solenne, con le mani cadute
                lungo i fianchi, vieni
                e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
                fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
                fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
                cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
                tutte le strade che la salgono,
                tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,

                tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
                e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
                nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
                nella distanza subitamente impossibile da percorrere.

                Nostra Signora
                delle cose impossibili che cerchiamo invano,
                dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
                dei propositi che ci accarezzano
                sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
                al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
                e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.

                Vieni e cullaci,
                vieni e consolaci,
                baciaci silenziosamente sulla fronte,
                cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
                se non per una differenza nell'anima
                e un vago singulto che parte misericordiosamente
                dall'antichissimo di noi
                laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
                i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
                perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
                essere nella vita.

                Vieni solennissima,
                solennissima e colma
                di una nascosta voglia di singhiozzare,
                forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
                e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
                e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
                e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.

                Vieni, dolorosa,
                Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
                Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
                fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
                sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.

                Vieni, dal fondo
                dell'orizzonte livido,
                vieni e strappami
                dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
                dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
                dal quale naturalmente sono spuntato.

                Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
                e fra erbe alte margherita ombreggiata,
                petalo per petalo leggi in me non so quale destino
                e sfogliami per il tuo piacere,
                per il tuo piacere silenzioso e fresco.

                Un petalo di me lancialo verso il Nord,
                dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
                Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
                dove sono i mari e le avventure che si sognano.

                Un altro petalo verso Occidente,
                dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
                e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
                dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.

                E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali
                – oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
                affidali all'Oriente,
                l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
                l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
                l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
                l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
                l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
                tutto quanto noi non siamo,
                l'Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
                dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto...

                Vieni sopra i mari,
                sopra i mari maggiori,
                sopra il mare dagli orizzonti incerti,
                vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
                e calmalo misteriosamente,
                o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!

                Vieni, premurosa,
                vieni, materna,
                in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
                al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
                e che vedesti nascere Geova e Giove,
                e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
                e il grande Spazio Misterioso al di la di essi... Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
                avvolgi nel tuo mantello leggero
                il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
                tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
                con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
                polvere di oro sui tuoi capelli neri,
                e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.

                Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
                Quando tu entri ogni voce si abbassa
                Nessuno ti vede entrare
                Nessuno si accorge di quando sei entrata,
                se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
                che tutto perde i contorni e i colori,
                e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
                già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.
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