I cieli sono uguali. Azzurri, grigi, neri, si ripetono sopra l'arancio o la pietra: guardarli ci avvicina. Annullano le stelle, tanto sono lontane, le distanze del mondo. Se noi vogliamo unirci, non guardare mai avanti: tutto pieno di abissi, di date e di leghe. Abbandonati e galleggia sopra il mare o sull'erba, immobile, il viso al cielo. Ti sentirai calare lenta, verso l'alto, nella vita dell'aria. E ci incontreremo oltre le differenze invincibili, sabbie, rocce, anni, ormai soli, nuotatori celesti, naufraghi dei cieli.
Los cielos son iguales. Azules, grises, negros, se repiten encima del naranjo o la piedra: nos acerca mirarlos. Las estrellas suprimen, de lejanas que son, las distancias del mundo. Si queremos juntarnos, nunca mires delante: todo lleno de abismos, de fechas y de leguas. Déjate bien flotar sobre el mar o la hierba, inmóvil, cara al cielo. Te sentirás hundir despacio, hacia lo alto, en la vida del aire. Y nos encontraremos sobre las diferencias invencibles, arenas, rocas, años, ya solos, nadadores celestes, náufragos de los cielos.
Non ho camminato nei tuoi sogni, né mi sono mostrato in mezzo alla folla, non sono apparso nel cortile dove pioveva o meglio cominciava a piovere (questo verso lo cancello e non lo sostituirò), era allettante credere, come uno stupido, che ti avrei incontrato presto, eri tu che mi apparivi in sogno (e mi prendeva una dolce tenerezza), mi sistemavi i capelli sulle tempie. Quell'autunno perfino le poesie in parte mi riuscivano bene (però mancava sempre un verso o una rima per essere felice).
In una vaga disperazione il vento si dibatteva disumanamente. Gocce di sangue annerendosi si gemmavano sulle labbra d'ardesia. E uscì, a isolarsi nella notte, vedova la luna.
Un'estranea è venuta A spartire con me la mia stanza nella casa lunatica, Una ragazza folle come gli uccelli
Che spranga la notte della porta col suo braccio di piuma. Stretta nel letto delirante Elude la casa a prova di cielo con nubi invadenti
E la stanza da incubi elude col suo passeggiare Su e giù come i morti, O cavalca gli oceani immaginati delle corsie maschili.
Venne invasata, Chi fa entrare dal muro rimbalzante l'ingannevole luce, Invasata dal cielo
Dorme nel truogolo stretto e tuttavia cammina sulla polvere E a piacer suo vaneggia Sopra l'assistito del manicomio consumato dalle mie lacrime ambulanti.
E rapito alla fine (cara fine) nelle sue braccia dalla luce Io posso senza venir meno Sopportare la prima visione che diede fuoco alle stelle.
Fuera de mí, en el espacio, errante, la música doliente de un vals; en mí, profundamente en mi ser, la música doliente de tu cuerpo; y en todo, viviendo el instante de todas las cosas, la música de la noche iluminada. El ritmo de tu cuerpo en mi cuerpo... El giro suave del vals lejano, indeciso... Mis ojos bebiendo tus ojos, tu rostro. Y el deseo de llorar que viene de todas las cosas.
Fuori da me, nello spazio, errante, la musica dolente di un valzer; dentro me, profondamente nel mio essere, la musica dolente del tuo corpo; e in tutto, vivendo l'istante di tutte le cose, la musica della notte rischiarata. Il ritmo del tuo corpo nel mio corpo... Il dolce giro di valzer lontano, titubante... i miei occhi che bevono i tuoi occhi, il tuo viso. E il desiderio di piangere che giunge da tutte le cose.
Alla fine dell'estate chi è stato l'ultimo ad uscire dal mare? L'ultimo è tornato a casa senza chiudere il coperchio del mare E da allora per tutto questo tempo il mare è rimasto scoperchiato I ciliegi, le dalie, le creste di gallo I girasoli, le margherite e i papaveri Perché continuano a fiorire Ancora e ancora In questo mondo senza te?
La terra è sommersa fino alle ginocchia dall'acqua del mare Le maree aumentano e influenzano la luna E visto che il mare è rimasto scoperchiato La luna si è gonfiata in un plenilunio fasullo Non guardare il viola all'esterno Dell'iride che circonda la luna: è un veleno! I melograni, le akebia, i fichi I mirtilli, le fragole di bosco e l'uva selvatica Perché continuano a maturare Ancora e ancora In questo mondo senza te?
Le donne piangono e anche gli uomini piangono guarda! La tristezza gli arriva all'altezza dei pantaloni E visto che il mare è rimasto scoperchiato La notte si estende sempre più senza mai sovrapporsi Ormai è da giorni che siamo fermi a ieri Nessuno in città se n'è accorto Orione, Canopo, Perseo, Cassiopea e l'Orsa Maggiore Perché continuano ad apparire Ancora e ancora In questo mondo senza te?
Di qui in avanti io Incontrerò ancora molte persone "Buongiorno" "Bel tempo, eh?" "Che pioggia fastidiosa!" "Stia bene!" In questo mondo senza te...
Buongiorno Buonasera Scusi, che ore sono? Siete stati tutti bene dall'ultima volta che ci siamo visti? Permesso? Ti amo Ci vediamo dopo Ultimamente le giornate si sono accorciate, eh? Anche oggi c'è un'umidità terribile Bene o male, anche quest'anno sta per finire Dicano pure quello che vogliono, niente batte il mare d'estate Addio, non ci vedremo mai più! Pronto? Pronto? Le chiedo scusa per l'altro giorno Le chiedo perdono per l'altro giorno Le chiedo venia per l'altro giorno Le chiedo... Al momento siamo assenti Ad ogni modo, piove moltissimo...
Alla fine dell'estate chi è stato l'ultimo ad uscire dal mare? L'ultimo è tornato a casa Senza chiudere il coperchio del mare E da allora per tutto questo tempo il mare è rimasto scoperchiato.
Yo no necesito tiempo para saber cómo eres: conocerse es el relámpago. ¿Quién te va a ti a conocer en lo que callas, o en esas palabras con que lo callas? El que te busque en la vida que estás viviendo, no sabe mas que alusiones de ti, pretextos donde te escondes. Ir siguiéndote hacia atrás en lo que tù has hecho, antes, sumar acción con sonrisa, años con nombres, serà ir perdiéndote. Yo no. Te conocì en la tormenta. Te conocì, repentina, en ese desgarramiento brutal de tiniebla y luz, donde se revela el fondo que escapa al día y la noche. Te vi, me has visto, y ahora, desnuda ya del equívoco, de la historia, del pasado, tù, amazona en la centella, palpitante de recién llegada sin esperarte, eres tan antigua mía, te conozco tan de tiempo, que en tu amor cierro los ojos, y camino sin errar, a ciegas, sin pedir nada a esa luz lenta y segura con que se conocen letras y formas y se echan cuentas y se cree que se ve quién eres tù, mi invisible.
Può esistere qualcosa prima della neve? Prima di quella purezza implacabile, implacabile come il messaggio di un mondo che non amiamo, ma cui apparteniamo e che si intuisce in quel suono tuttavia fratello del silenzio. Quali dita ti fanno cadere, polverizzato scheletro di petali? Cenere di un cielo antico che fa restare solo davanti al fuoco ascoltando i passi dell'amico che se ne andò, eco di parole che non ricordiamo, ma che ci fanno male, come se le stessimo pronunciando di nuovo. E può esistere qualcosa dopo la neve? Qualcosa dopo l'ultimo sguardo del cieco al pallore del sole, qualcosa dopo che il bimbo malato dimentica di guardare il nuovo mattino, o meglio ancora, dopo aver dormito come un convalescente con la testa sulla gonna di colei che a volte si ama. Chi sei, neve notturna, fugace, disciolta primavera che sopravvive sul ciliegio? O che importa chi sei? Per guardare la neve di notte bisogna chiudere gli occhi, non ricordare nulla, non chiedere nulla, scomparire, scivolare come lei nel visibile silenzio.