Nessuno può immaginare quel che dico quando me ne sto in silenzio chi vedo quando chiudo gli occhi come vengo sospinta quando vengo sospinta cosa cerco quando lascio libere le mie mani. Nessuno, nessuno sa quando ho fame quando parto quando cammino e quando mi perdo, e nessuno sa che per me andare è ritornare e ritornare è indietreggiare, che la mia debolezza è una maschera e la mia forza è una maschera, e che quel che seguirà è una tempesta. Credono di sapere e io glielo lascio credere e avvengo. Hanno costruito per me una gabbia affinché la mia libertà fosse una loro concessione e ringraziassi e obbedissi. Ma io sono libera prima e dopo di loro, con loro e senza di loro sono libera nella vittoria e nella sconfitta. La mia prigione è la mia volontà! La chiave della prigione è la loro lingua ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio e il mio desiderio non riusciranno mai a domare. Sono una donna. Credono che la mia libertà sia loro proprietà e io glielo lascio credere e avvengo.
Una notte chiara, mentre gli altri dormivano, ho salito le scale fino al tetto della casa e sotto un cielo fitto di stelle ho scrutato il mare, la sua distesa, il moto delle sue creste spazzate dal vento, divenire come pezzi di trina gettati in aria. Sono rimasto nella lunga notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l'avvicinarsi di una luce lontana, e ho immaginato che tu venivi vicino, le onde scure dei tuoi capelli mescolarsi col mare, e l'oscurità è divenuta desiderio, e desiderio la luce che approssimava. La vicinanza, il calore momentaneo di te mentre rimanevo su quell'altezza solitaria guardando il lento gonfiarsi del mare rompersi sulla riva e in breve mutare in vetro e scomparire... Perché ho creduto che saresti venuta uscita dal nulla? Perché con tutto quello che il mondo offre saresti venuta solo perché io ero qui?
Diceva che l'amore assomiglia al gioco E che lei perde sempre Diceva che era una brutta abitudine Che non si azzardava a curare.
Diceva di temere la luce Nonostante avesse sacrificato molte notti Si accontentava della sua solitudine Non curava le amicizie Ma cadeva dalla sua nube Ogni volta che la pioggia la conduceva a terra.
Diceva che la sua gioventù era invano Di essere dolce suo malgrado Ma poi si mostrava crudele Perché la tenerezza è come l'amore Una brutta abitudine Ed anche quel silenzio Di cui non potrà mai fare a meno.
Diceva di essere una donna lassa Inadatta al sonno Ma dormiva per diventare un embrione E sprofondare negli abissi, Una donna esaurita Svuotata ogni giorno dai suoi vizi Ma che non voleva guarire.
Diceva di essere una perdente di natura Perdente per meritare la vittoria Diceva infine che la vita è una brutta abitudine Dalla quale forse non guarirà Con un po' di determinazione E molto oblio.
Quando i tuoi occhi incontrano la mia solitudine il silenzio diventa frutto e il sonno tempesta si socchiudono porte proibite e l'acque impara a soffrire.
Quando la mia solitudine incontra i tuoi occhi il desiderio sale e si spande a volte marea insolente onda che corre senza fine nettare che cola goccia a goccia nettare piu ardente che un tormento inizio che non si compie mai.
Quando i tuoi occhi e la mia solitudine si incontrano mi arrendo nuda come la pioggia e nuda come un seno sognato tenera come la vite che matura il sole molteplice mi arrendo finché nasca il albero del tuo amore Tanto alto e ribelle Tanto alto e tanto mio Freccia che ritorna all'arco Palma azzurra piantata nelle mie nuvole Cielo crescente che niente fermerà.
I miei pensieri sono qualcosa che la mia anima teme. Fremo per la mia allegria. A volte mi sento invadere da una vaga, fredda, triste, implacabile quasi-concupiscente spiritualità.
Mi fa tutt'uno con l'erba. La mia vita sottrae colore a tutti i fiori. La brezza che sembra restia a passare scrolla dalle mie ore rossi petali e il mio cuore arde senza pioggia.
Poi Dio diventa un mio vizio e i divini sentimenti un abbraccio che annega i miei sensi nel suo vino e non lascia contorni nei miei modi di vedere Dio fiorire, crescere e splendere.
I miei pensieri e sentimenti si confondono e formano una vaga e tiepida anima-unità. Come il mare che prevede una tempesta, un pigro dolore e un'inquietudine fanno di me il mormorio di un incalzante stormo.
I miei inariditi pensieri si mescolano e occupano le loro interpresenze, e usurpano gli uni il posto degli altri. Non distinguo nulla in me tranne l'impossibile amalgama delle molte cose che sono.
Sono un bevitore dei miei pensieri l'essenza dei miei sentimenti inonda la mia anima... La mia volontà vi si impregna. Poi la vita ferma un sogno e fa sfiorire la bellezza nel dolore dei miei versi.
Il mio sguardo è nitido come un girasole. Ho l'abitudine di camminare per le strade guardando a destra e a sinistra e talvolta guardando dietro di me... E ciò che vedo a ogni momento è ciò che non avevo mai visto prima, e so accorgermene molto bene. So avere lo stupore essenziale che avrebbe un bambino se, nel nascere, si accorgesse che è nato davvero... Mi sento nascere a ogni momento per l'eterna novità del Mondo...
Credo al mondo come a una margherita, perché lo vedo. Ma non penso ad esso, perché pensare è non capire... Il Mondo non si è fatto perché noi pensiamo a lui, (pensare è un'infermità degli occhi) ma per guardarlo ed essere in armonia con esso...
Io non ho filosofia: ho sensi. Se parlo della Natura, non è perché sappia ciò che è, ma perché l'amo, e l'amo per questo perché chi ama non sa mai quello che ama, né sa perché ama, né cosa sia amare...
Amare è l'eterna innocenza, e l'unica innocenza è non pensare...
Non ho bisogno di tempo per sapere come sei: conoscersi è luce improvvisa. Chi ti potrà conoscere là dove taci, o nelle parole con cui taci? Chi ti cerchi nella vita che stai vivendo, non sa di te che allusioni, pretesti in cui ti nascondi. E seguirti all'indietro in ciò che hai fatto, prima, sommare azione a sorriso, anni a nomi, sarà come perderti. Io no. Ti ho conosciuto nella tempesta. Ti ho conosciuto, improvvisa, in quello squarcio brutale di tenebra e luce, dove si rivela il fondo che sfugge al giorno e alla notte. Ti ho visto, mi hai visto, ed ora, nuda ormai dell'equivoco, della storia, del passato, tu, amazzone sulla folgore, palpitante di recente ed inatteso arrivo, sei così anticamente mia, da tanto tempo ti conosco, che nel tuo amore chiudo gli occhi, e procedo senza errare, alla cieca, senza chiedere nulla a quella luce lenta e sicura con cui si riconoscono lettere e forme e si fanno i conti e si crede di vedere chi tu sia, o mia invisibile.
Non ho camminato nei tuoi sogni, né mi sono mostrato in mezzo alla folla, non sono apparso nel cortile dove pioveva o meglio cominciava a piovere (questo verso lo cancello e non lo sostituirò), era allettante credere, come uno stupido, che ti avrei incontrato presto, eri tu che mi apparivi in sogno (e mi prendeva una dolce tenerezza), mi sistemavi i capelli sulle tempie. Quell'autunno perfino le poesie in parte mi riuscivano bene (però mancava sempre un verso o una rima per essere felice).