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La giacca


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...un ragazzo alto con i capelli tirati all'indietro che affidava a quel mazzo di fiori tutte le sue speranze. I suoi occhi lo comunicavano con forza anche se non parlava. Avrebbe voluto dirgli che lei stava dalla sua parte, che non era solo e che gli augurava il meglio. Non parlò, ma gli rivolse uno sguardo pieno di compassione.

Uno dei camerieri, di nome Erdàl, le indicò i tavoli che avrebbe potuto occupare. Ne scelse uno rotondo, l'ultimo della fila appena sull'entrata e, per facilitare le cose, sistemò la giacca sulla sedia di fronte in modo che fosse sufficientemente visibile. Ordinò un tè nero alla menta e cominciò ad aspettare. L'orologio all'entrata indicava le venti in punto. Sul soffitto un grosso ventilatore muoveva lentamente le sue pale bianche, in sottofondo musica da una stazione radiofonica turca. Si guardò intorno e notò che una parte dei muri era ricoperta da mattonelle di ceramica bianca con dei disegni floreali in azzurro. Foto panoramiche di Istanbul e del Bosforo erano piazzate un po' dovunque. Proprio sopra la sua testa, un ritratto di Ataturk. Il locale era pieno di gente di ogni provenienza: c'erano indiani, slavi, italiani e ovviamente turchi. Una coppia di lingua ... [segue »]

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