Scritto da: lorenzoctd

Come Tragedia


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...un mormorar gentile
ciò che il rivo alle pietre racconta;
eppur le scava in valli.
Sappi; uomo,
Ceppi.
Schiavi.
Volere.
Ciò che tu con clamore incateni,
Io libero frusciando.

Atto III

Se in estate la solitudine non ha contorni, in autunno comincia a rivestirsi d'umidità per divenir gelidamente concreta in inverno. Assume col freddo la forma di un cuscino mai schiacciato, d'un letto caldo a metà; acquista il peso della coperta in più, della trapunta economica butterata dalle sigarette; ha l'odore del posacenere straripante, del caffè mattutino bruciato; suona come la sveglia: odiosa e martellante, uno squillo nel silenzio ostile d'una camera spoglia. Anche l'insonnia è solitudine e mentre gli amanti si rannicchiano e i vecchi si ricordano i solitari si compiangono; Joshua non era differente.
Immaginare ancora Rachele, immaginarla di notte a respirargli accanto; una gamba insinuarsi verso lei, un braccio sfiorarla, un debole mugugno e il sonno a coglierli entrambi. Che bisogno si ha di sognare se non si è soli?
Se le anime sono ancora più avvinghiate dei corpi non esiste il freddo, ma l'oblio del Lete dal sapore d'Ambrosia.
Tormentarsi, se non si dorme, risulta l'unico sbocco possibile ed i pensieri scivolano, giù per la spina dorsale del dolore raccogliendosi ... [segue »]
Composto giovedì 30 novembre 2000

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