Scritto da: Pino Conte

La Bella e la Notte

Capitolo: 4 - Il morto che urla (sotto l'albero di Natale)

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...le labbra, un “ticchio” che stonava sulla sua dentatura da predatore dei sette mari. Ma che rivelava la verità nascosta; in natura, ogni predatore ha la sua preda, ma è a sua volta preda di altri predatori: il pescecane sentiva che era scoccata l’ora, da cacciatore che era stato, presto avrebbe fatto la parte del braccato. La contrazione nervosa l’avrei poi esaminata di persona, in occasione del nostro incontro: una cosa repellente.

Era il mio lavoro: parlare con il prossimo. Dai delinquenti in vestaglia, di tale fattura che un tizio qualsiasi se la sarebbe messa per uscire a passeggio, alle smidollate pentite, desiderose -a sentir loro- di rifarsi una vita; erano i mie ultimi due interlocutori, gli ultimi di una serie interminabile, di cui non ricordavo l’inizio. E di cui, più di tutto, non intravedevo la fine: avevo ancora anni di duro lavoro davanti, la strada da percorrere non era che all’inizio. Non che mi dispiacesse: meglio la puzza vera della strada che i profumi falsi dei salotti; ma riflettevo sulle beffe che si faceva il destino, del sottoscritto, ridendone a crepapelle. Perché? È presto detto: aveva condannato a campare di chiacchiere uno che avrebbe pagato di tasca propria pur ... [segue »]

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