Si balla sul Titanic, vero, ma non mentre affonda bensì poiché affonda. Congenita reazione da neoepicureismo latino: "Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo" (riportata anche da Paolo nel Nuovo Testamento, prima lettera ai Corinzi 15, 32: https://www.biblegateway.com/passage/?search=1+Corinzi+15:32&version=CEI). Identico al carpe diem oraziano, è un atteggiamento tipico dei disperati a oltranza: più l'allarmismo è giustificato e più esso crea il peggiore degl'effetti indesiderati: il disfattismo
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/73/Carpe-diem-Auto.JPG).
Leggendo la replica qui sotto, constato l'alto tasso di gradimento con cui la frase è stat'accolta (ps: comunque anch'in dialetto po' si scrive con l'apostrofo per troncamento di "poco").
Ory, Davide e Vincenzo, grazie per l'interessamento.
Ci sarebber'ulteriori sviluppi, sempre più specialistici , che preferisco postar'altrove. Nulla di positivo: ancora prevalgono in sovrabbondanza dati a corroborazione d'un eterodeterminismo fatalista e destinale che di per sé sarebbe perfino auspicabile se solo fosse provvidenziale anziché distopico e crocifiggente. Il decorso degl'avvenimenti parrebbe seguire un suo arbitrarissimo scadenzario storiosofico, che ci releg'al ruolo d'attori e spettatori nell'osceno spettacolo dell'esistenza. C'è preclus'ogni margine registico/autoriale, ogni libertà, ogni potere di controllo retroattivo. Ma, lo ripeto con maggior chiarezza, non dovrebb'essercene alcun bisogno se la mèta è quella d'incassare ciò che ci spetta com'Assoluto (=>incondizionato) diritto, val'a dire per "sola gratia". Ancora tropp'Engels & Bloch e troppo poco Marcuse.
"{Geschichte als} Schlachtbank": “Lezioni sulla filosofia della storia” III, 2, 24, Firenze 1941, pgg. 57 e seguenti (www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaH/Hegel_01.htm).
Frase del giorno mercoledì 11 giugno 2003: "La vita é quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri programmi" ("Life is what happens to you while you're busy making other plans"), John Lennon in "Beautiful Boy (Darling Boy)", settimo brano dell'album "Double Fantasy". Intuisco la travolgente e stravolgente ferita narcisistica alla nostra hýbris, tuttavia tale impietosa prospettiva persiste incontestata. La canzone fu scritta nell'estate 1980 e pubblicata il 17 novembre. Lennon venne ucciso solo tre settimane dopo, l'8 dicembre, oggi ne è la ricorrenza.
(https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/73/Carpe-diem-Auto.JPG).
Ci sarebber'ulteriori sviluppi, sempre più specialistici , che preferisco postar'altrove. Nulla di positivo: ancora prevalgono in sovrabbondanza dati a corroborazione d'un eterodeterminismo fatalista e destinale che di per sé sarebbe perfino auspicabile se solo fosse provvidenziale anziché distopico e crocifiggente. Il decorso degl'avvenimenti parrebbe seguire un suo arbitrarissimo scadenzario storiosofico, che ci releg'al ruolo d'attori e spettatori nell'osceno spettacolo dell'esistenza. C'è preclus'ogni margine registico/autoriale, ogni libertà, ogni potere di controllo retroattivo. Ma, lo ripeto con maggior chiarezza, non dovrebb'essercene alcun bisogno se la mèta è quella d'incassare ciò che ci spetta com'Assoluto (=>incondizionato) diritto, val'a dire per "sola gratia". Ancora tropp'Engels & Bloch e troppo poco Marcuse.