Estenuante sfid'all'alienazione più grave per disturbo post-traumatico fra sopravvissuti sovietici alla 2a GM, filmata con un fastidioso straniamento brechtiano ch'ambisce al rigore formale d'un Paradjanov o Sokurov mentre si ferma nei paraggi dell'esperimento d'ipnotismo in "Cuore di vetro" (Herzog, 1976). La spiegazione giunge dopo quasi due or'ed è raccontata e non mostrata.
Catartica terapia di gruppo per coniugi millennial in crisi e sinistrorsi ("quelli che guardano Bergman"). Parafrasando i Tiromancino: l'irrilevante descrizione di più attimi. È giunt'un tempo, ed è questo, di rivalutar'i cinepanettoni.
"C'è ancora posto per un cinema di denuncia che però, in sintonia col prevalente clima di pessimismo, s'è trasformato ripiegando s'un registro più minimalista. Ovvero, nella lotta contr'un qualsivoglia Golia politico/finanziario, la vittoria del David di turno non è definitiva e sa d'amaro" (Sandra Levantesi, "La Stampa"). Anche "Cattive acque" ha illustri precedenti, i meno noti: da "A Civil Action" (Zaillian, 1998) a "Puncture" (Kassen brothers, 2011), da "Michael Clayton" (Gilroy, 2006) a "Kill the Messenger" (Cuesta, 2014) e "Shock and Awe" (Reiner, 2017), tanto che, dop'aver affrancato Evans, Renner e Ruffalo dai panni del supereroismo marvelliano, il filone s'è già prestato alla serialità televisiva, appunto "Goliath" giunt'alla 3a stagione, e persino la release tedesca del film dei Kassen ha il titolo di "Puncture - David gegen Goliath". Almeno cambiare riferimento con un più consono Pirr'o Don Chisciotte?
A leggere le stroncature, questa volta Nolan si sarebbe spinto tropp'oltre: un film sul nulla, del nulla e col nulla avrebb'oltrepassato il limite del nichilismo sopportabile finché edulcorato col divertissement del mind game movie an-estetizzante. Ora invece l'imperatore sarebbe nudo e, dopo due decenni, "Memento" del 2000 avrebbe recuperato l'intero titol'originario: "Memento Mori". Il resettaggio gnoseologico della memoria ogni quarto d'ora corrisponderebbe a un decesso dell'identità ontologica del Protagonista, che all'epoca avev'ancora un nom'e un cognome (Leonard Shelby). In "Tenet" svanisce pure l'ultimo gioco di Prestige e il primogenito di Denzel è spogliato di qualsiasi connotazione personal'e geopolitica alla stregua di tutt'i coprotagonisti, mentr'il quadrato di Sator, il diagramma di Feynman ("a positron is an electron travelling backwards in time"), il figlio invisibile, la minaccia apocalittica mai visivament'esplicitata costituirebbero una sequela ininterrotta di MacGuffin dove, al termine dell'ultima matrioska, si disvelerebb'il Grande Vuoto di Senso (GVdS): "We live in a twilight world and there are no friends at dusk". Non è la mia scommessa esistenziale, m'almeno non mi sono sentito pres'in giro. "Morte del cinema"? Era già al rigor mortis, forse la "supina rassegnazione" (cit.) nella convivenza con Covid e caducità del Tempo riceverà una salutare scarica defibrillatoria.
Ps.: ho evitato confronti con "Mr. Nobody" (2009) di Van Dormael per la cospicua diversità poetica.
Film passabile per chi conosce Wakanda e non "La regola del gioco" ("Kill the Messenger": Cuesta, 2014) o "Serpico" (Lumet, 1973), Friedkin, Donner, Mann, ecc.
Si può citare Hugo ancora oggi poiché i problemi sociali si sono dimostrati irrisolvibili, forse per la possibilità ch'essi derivino da radici più profonde, antropologiche o metafisiche. A quel livello sarebbero sanabili? Non si sa, non ci sta provando più nessuno, e allora ecco l'indignazione da salotto per qualcosa destinato a proporsi di nuovo e di nuovo "in saecùla saecùlorum" ("La Haine", Kassovitz 1995; "City of God", Meirelles 2002, "Snowpiercer" e "Parasite", Bong Joon-ho 2013 e 2019, oppur'a ritroso vers'il neorealismo: Spike Lee, Ken Loach, "Ladri di biciclette", De Sica 1948).
Tristissimo loro ritorno al nazionalpopolare dop'il flop dell'incompres'avanguardia del precedente "Fuga da Reuma Park". Venghino, signore et signori, tutt'affiliati all'eterno ritorno zoroastriano: vi meritate questo precotto, preconfezionato e scaduto fra un Netflix e Sanremo. Buon'indigestione.
Kayla Pospisil s'addormenta ubriaca con Jess Carr e, quando si svegliano, scopre che la collega di "Fox News" è una liberal con due poster d'Hillary Clinton nell'appartamento. Il film è ambientato nel 2016, mentr'il sexgate fra il Presidente Bill e Monica Lewinsky è del 1998. La ragione per cui il movimento #metoo è diventato virale solo con Harvey Weinstein nel 2017 non m'è affatto chiaro: erano necessar'i social network e i loro hashtag? Premesso ciò, "Bombshell" ha un ritmo confuso, convulso, oserei dire "isterico", che tend'a offuscare la correità carrieristica delle vittime.
Un film decente nell'alveo dell'amicizia col diverso, l'altro, l'alieno, menomato dal paradosso ch'il protagonista Sonic è più credibile del Dr. Robotnik, un Jim Carrey esageratamente cartoonesco.
"Quid est veritas?" (Giovanni 18, 38) e "unde malum?" (Leibniz, "Saggi di Teodicea, parte prima, n. 20) gravano sull'esistenza d'assai prima del latinorum. Nel noir i tunnel con questa connotazione tragica apparivano già in "The Third Man" (Reed/Welles, 1949) o nella filmografia d'un altro "muso giallo" quale Kurosawa. Consigliato agl'imberbi e ai recidivi.
Ps.: ho evitato confronti con "Mr. Nobody" (2009) di Van Dormael per la cospicua diversità poetica.