Esperienze


Scritto da: Fily Russo
in Diario (Esperienze)
Alla fine ti rendi conto che certe persone non cambiano. Non cambia il loro modo di pensare, non cambiano nei tuoi confronti, non cambiano le motivazioni e non cambia la loro fiducia a quel punto è bene che cambi tu, per non permettere che le ferite inferte dalla vita diventino malattie incurabili.
Composto domenica 23 luglio 2017
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    Scritto da: Silvia Nelli
    in Diario (Esperienze)
    Se accetti qualcuno che non sia affine a te, dopo non recriminare il suo "essere". Il nero non si tramuta in bianco con il tempo, tanto meno sotto imposizione. Se sei una persona che sa ciò che vuole, quando hai piena conoscenza di chi hai di fronte, puoi scegliere di accettare e restare o rifiutare ed andartene. Se accetti e resti, andando contro a ciò che sai di volere veramente, dopo non attribuire la colpa all'altra parte che con sincerità, fin da subito, si è mostrata per ciò che è veramente... la colpa è tua che per debolezza hai scelto di scendere a "compromessi". Dopo non puoi pretendere che quel "qualcuno" cambi e ti dia ciò che tu desideravi e sognavi, perché sapevi fin dall'inizio che non sarebbe mai successo.
    Composto domenica 23 luglio 2017
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      Scritto da: Serena Takdeer
      in Diario (Esperienze)
      Sapete cosa succede quando qualcuno tira troppo la corda dando per scontato che tu ci sarai sempre? Succede che la natura ci ha dotati di quella cosa chiamata "amor proprio", che se non consente agli altri di portarci rispetto, impone a noi di non permettere a nessuno di approfittarsene. Per un po' questo può accadere, quando ami, quando provi un sentimento forte, sembriamo quasi dimenticare questo "amor proprio", ma poi scatta qualcosa, un giorno subisci un qualcosa dopo tanto subire e dici basta! A quel punto tutto inizia a girare in maniera strana, persone a cui fino a prima avresti permesso tutto assumono ai tuoi occhi il valore che meritano: egoisti, insensibili e perfino coglioni, certo coglione può sembrare un termine forte, ma come definireste voi coloro che tirano la corda a un punto tale da non sentire la sofferenza dell'altro o addirittura fregarsene e poi, allo scadere dei giochi senza nemmeno rendersi conto di tutto il male che gli hanno fatto? Coglioni, certo non più di chi ha subito, ma la differenza è che chi ha subito può sempre aprire gli occhi e a conti fatti la faccia non se l'è giocata, mentre chi ha giocato sporco... beh, quanti discorsi per chi non merita nulla, forse troppi si, ma sicuramente gli ultimi! Auguro una buona vita a tutti gli opportunisti, gli egoisti, coloro che pensano di venire prima di tutto ed essere sopra a tutto, con la speranza che rimangano nel loro meraviglioso mondo e di non incontrarli più nel mio cammino. Buonanotte al resto, a chi c'ha creduto fino a consumarsi, a chi ha aperto gli occhi e soprattutto a chi gli stessi errori non li commetterà più, e tra questi buonanotte a me!
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        Scritto da: Silvia Nelli
        in Diario (Esperienze)
        Indiscutibilmente molto spesso ci ho rimesso. Indiscutibilmente molte volte ci ho solo perso. Indiscutibilmente molte sono le volte che non avevo afferrato bene chi fosse colui che avevo di fronte. Indiscutibilmente sono stata stupida, assurda e poco dignitosa dei valori che mi sono sempre prefissata. Indiscutibilmente ho sbagliato, ho fallito, lottato invano o rinunciato troppo presto. Però... indiscutibilmente vado fiera di aver sbagliato usando il cuore. Perché ascoltarlo è più valoroso che "usarlo". Indiscutibilmente ho perso mantenendo alta la testa, perché giocare pulito non è cosa da tutti. Indiscutibilmente ho sbagliato a valutare persone, cose e situazioni, ma la buona fede che spesso si paga a caro prezzo, viene sempre risarcita da una coscienza pulita. Indiscutibilmente mi sono persa, mettendo me all'ultimo posto, ma sbagliare mi ha insegnato che me stessa non la devo trascurare mai più. Indiscutibilmente sia per ogni battaglia vinta, sia per ogni battaglia persa se ho lottato in modo vero, pulito e sincero io posso essere fiera della persona che sono e lasciare agli altri la vita che si sono scelti, le priorità che si sono prefissati e il loro mondo superficiale. Indiscutibilmente ho imparato tanto... indiscutibilmente restare quella che sono e non permettervi di cambiarmi è la mia vittoria. Indiscutibilmente sono disposta al miglioramento di me stessa laddove sarete un esempio migliore di quello che io stessa mostro. Un caro saluto... indiscutibilmente con affetto.
        Composto mercoledì 19 luglio 2017
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          Scritto da: Silvia Nelli
          in Diario (Esperienze)
          Meravigliosa quiete dopo la tempesta. Quella quiete che arriva così all'improvviso proprio quando stavi un bilico tra un "non ce la faccio" e un "ce l'ho fatta"! Arriva calma, silenziosa e quasi ipocrita. La riconoscerai quando ti renderai conto che non cercare chi per te era "aria" viene ormai naturale. Quando vedrai te stesso come alternativa a chi non ti ha mai considerato una priorità. Quando capirai che vivere è meglio che dipendere. Non so se questo tuo traguardo renderà altrettanto felice chi era abituato a vederti correre... ma tu sorridi pensando che non è cambiato l'affetto, ma sei cambiato tu... capisci che non soffri più, che adesso non aspetti più niente e nessuno, ma da oggi saranno gli altri ad aspettare te. Ad aspettare che tu ti riprenda tutto il tempo perso e chissà se mai ne troverai ancora per coloro che del tuo tempo hanno fatto il loro "passatempo"... ma ormai a te non interessa più perché hai spiccato di nuovo il volo e sei già lontanissimo.
          Composto martedì 18 luglio 2017
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            Scritto da: fiocchidineve
            in Diario (Esperienze)
            Questa è una storia che era già iniziata tanto tempo fa, con una penna d'oca, poi, con una penna stilografica ed arrivò anche una biro. Per chi poteva la macchina da scrivere e chissà se ora con una tastiera di pc, proprio in questo nostro piccolo mondo di pagine bianche, di trattini che lampeggiano, riusciremo ancora a colorare tutto di pensieri variopinti, che siano davvero nostri. Ma non ci sarà più quell'emozione della calligrafia tremante e poco perfetta, quel tratto che ci contraddistingue, cercando di trovare parole così nostre e così vere magari da non spedirle mai, col pensiero a volte in rima a volte no, anche con un semplice, c'era una volta... eh già! C'era una volta, l'impronta indelebile di noi, ripeto... c'era!
            Composto giovedì 15 giugno 2017
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              in Diario (Esperienze)
              La chirurgia somiglia all'amore. È preceduta da una fase di attenzioni e premure, la revisione accurata delle immagini, la valutazione funzionale del paziente, la scelta dell'incisione, che non a caso si chiama "approccio". Il giorno prima della sala, quando il primario sceglie proprio te per quel particolare intervento, vivi un'autentica ansia da prestazione: ti domandi se sarai all'altezza, e puntualmente sogni lo scenario che potrebbe prospettarsi l'indomani. Nel giorno fatidico, sei galvanizzato e in preda al panico, iperreattivo nei confronti di chiunque... poi arriva il momento di scendere in sala, preceduto dalla telefonata di un infermiere: "siamo pronti!" E tu ripeti a te stessa: "sì, siamo pronti..." l'intestino ti si contorce come prima d'un esame, il cuore batte all'impazzata. Finalmente accedi al blocco operatorio, un ambiente freddo e asettico, in cui la temperatura è impostata a 22° c. Tu indossi una tuta leggera color melanzana, a mezza manica, ma non senti freddo... lo intuisci guardandoti intorno: gli anestesisti e gli infermieri sono intabarrati in felpe e camici sintetici, avviluppati a se stessi, tremanti e pallidi... tu avanzi con la fierezza di un soldato della falange oplitica, a testa alta, sprezzante del freddo e del pericolo... ed eccoti dinanzi alla sala, la tua sala, la sala c, ove dovrai combattere la tua personale battaglia contro il male, con la complicità di un uomo che giace fiducioso su un lettino, seminudo e infreddolito, terrorizzato, eppure determinato ad offrirti il proprio corpo affinché diventi il tuo campo di battaglia. Si fida, si lascerà addormentare affinché tu possa estirpare il male dalle sue viscere, possa incidere, scavarti un varco dentro di lui, ed asportare l'alieno che si era impossessato della sua vita per devastarla. Al suono della tua voce, distoglie lo sguardo che teneva fisso nel vuoto davanti a sé, aggrotta la fronte sforzandosi di riconoscerti, così conciata. Entrambi interpretate un ruolo, come in una rappresentazione sacra, ed entrambi siete mascherati. Quando scosti appena la mascherina dal viso, il volto del paziente si illumina di un sorriso antico, simile al primo sorriso che i neonati regalano alla mamma: da quello sguardo realizzi che hai la sua vita nelle tue mani, che egli ha liberamente stabilito di affidarla a te, affinché compia il miracolo. La tua mano sulla sua sua fronte suggella la promessa che tutto andrà per il meglio; e non appena ti allontani, lui chiude gli occhi, sorridendo... quindi giunge il momento della vestizione: gli infermieri strumentisti ti porgono un ampio camice azzurro e guanti in lattice, con una gestualità rigorosa, cadenzata da ritmi rigidamente definiti... nessun movimento è lasciato al caso, le tue mani ed il tuo corpo non possono sfiorare nulla che non sia sterile: le superfici a te accessibili vengono tappezzate da un telo color indaco, e tu puoi toccare esclusivamente gli strumenti del piccolo ed avveniristico arsenale del quale ti servirai per asportare il "mostro". Allora sai che non potrai tornare indietro, tantomeno vorrai farlo: il tuo respiro diventa lento e profondo, il cuore scandisce un ritmo pacato, che invita alla calma ed alla concentrazione: sei pronto. Disinfetti la cute, copri il corpo del tuo paziente sotto teli sterili, grevi drappi color indaco che nasconderanno il suo volto amico, ti precluderanno l'accesso ai suoi occhi, ai lineamenti alterati dalla smorfia innaturale indotta dal tubo orotracheale... devi scordarti di loro: in quell'istante, loro non sono più chi erano un attimo prima. L'uomo, la donna, il paziente, diventano una gabbia toracica, uno scrigno sacro ed inviolabile che è stato forzato da un mostro bastardo; e quel mostro incarna tutto il male del mondo, tutto il male che ha inginocchiato la storia dell'uomo, la tua storia, quella delle persone che amavi e ti ha portato via, il demone che infesta la tua esistenza. E tu hai l'occasione ed il preciso dovere di stanarlo da quella gabbia invalicabile, estirparlo dal soffice polmone in cui aveva attecchito senza permesso, e soffocarlo, circondandolo con le tue lame, e distruggerlo, senza pietà. La tua mano impugna il bisturi come brandendo una spada d'oro... incide un segno... introduci in un piccolo varco un'ottica che esplora gli abissi reconditi del corpo come un periscopio... esplori con calma... "eccolo!" Lo hai trovato! Bene. Affiliamo le lame, prepariamo le sururatrici, i sigillanti, le colle... quel bastardo ha i minuti contati... tutti i presenti, tu, il tuo collega, gli infermieri, gli anestesisti, tutti siete tesi come corde di violino nel momento critico... una sururatrice meccanica dell'impugnatura salda ed il lungo stelo d'argento, simile alle armi dei film di fantascienza in cui si combattono nemici alieni, rilascia la sua cartuccia di graffette di titanio, e la sua lama potente e precisa avanza inesorabile... è fatta. Avete vinto. Raccogli le spoglie del nemico sconfitto in un sacchetto impermeabile, dove non potrà mai più nuocere né contaminare... e lo estrai dal torace, scaraventandolo sul tavolo dello strumentista (quasi a dire: "fanculo, infame bastardo!" ) sei felice, felice nel corpo e nello spirito, e vieni sopraffatta da una spossatezza indescrivibile. Ti spogli del camice azzurro, della mascherina, dei guanti: hai le mani madide, quasi macerate, il sudore imperla la tua fronte... ti guardi in uno specchio, e sei bruttissima... il combattimento ti ha sfiancata, ha rovinato irrimediabilmente la messa in piega, ha sciolto il trucco, ha svelato le occhiaie che avevi coperto con cura certosina, stamattina, prima di uscire... ma "stamattina" eri ancora soltanto una donna... adesso sei un gladiatore che brandisce la testa del nemico, ancora imbrattato del suo sangue, e gloriosamente dilaniato dalla fatica... sì, la chirurgia è proprio come l'amore. Torni in corsia distrutto e felice, e porti la tua divisa melanzana in trionfo; nessuno capisce, tutti notano soltanto le occhiaie... ma quello che hai appena fatto è qualcosa di sacro e di grande, Dio ha guidato la tua mano ed i tuoi occhi per sconfiggere il male attraverso te, ancora una volta... quei gesti, quei rituali scanditi meticolosamente, quella battaglia silenziosa, finalmente vinta, hanno stabilito un legame incorruttibile col tuo paziente, il quale, riappropriatosi della sua identità, ancora stordito da un sonno greve e artificiale, stringe la tua mano, corrugando le sopracciglia... "è andato tutto bene!... adesso riposi..." adesso riposa, sì; domattina dovrai riprendere le redini della biga... i tuoi affetti, la tua casa, le cose che ti piaceva fare prima che quel maledetto infestasse i tuoi pensieri, sono ancora là dove li avevi lasciati... ti stanno aspettando... dunque, dormi. Io sarò qui a vegliare sul tuo sonno fino a domani... poi, mi dileguerò in silenzio, e ti restituirò alla tua vita.
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                Scritto da: Nunzio M.
                in Diario (Esperienze)
                Caro Pinocchio non essere triste e non ti arrabbiare se tutti ti chiamano bugiardo, rilassati perché nonostante eri un pezzo di legno e sei nato in una favola, al contrario di tanta gente un cuore l'avevi, ed era tanto puro che anche se è dovuto durare tutta una favola per realizzare il tuo sogno di diventare un bambino vero e buono, tra sogni e bugie, tra pene e paure, hai imparato ad ascoltare la sua voce e alla fine hai tagliato sulla strada giusta. Devo dire che sei stato e lo sei ancora un capolavoro di racconto e sei unico, ma devo dire anche che non sei l'unico bugiardo, perché nella vita reale ce ne sono di peggio che, non sono certamente di legno come lo eri tu ma non hanno neanche un cuore puro come lo avevi tu. Lo so, è triste perché purtoppo non è una favola, vivono nel quotidiano di questa vita reale e la cosa peggiore è che non si rendono nemmeno conto del male che fanno agli altri pronunciando parole inzuppate di veleno, gente che respira ma non vive perché si sono lasciati uccidere dall'ego e dalla rabbia, gente senza anima e con la cattiveria nel cuore, gente con la mente così sgangherata che anche sforzandosi non hanno un briciolo di originalità nelle cose che dicono e non sa fare niente altro che diffamare il prossimo, gente la cui vita è talmente vuota che se vorrei scrivere un libro sul loro cervello riuscirei a malapena a fare la copertina. Credimi caro Pinocchio, a te è servito tutto un racconto ma a certa gente invece non bastano due vite per diventare buoni.
                Composto lunedì 17 luglio 2017
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