Volevo dirti che sei abbastanza. Che vai bene esattamente così come sei, con tutte le tue ammaccature e crepe sul cuore e nell'anima, con la luna, il sole e tutti i pianeti storti che ti ritrovi ultimamente. Vai bene esattamente così come sei, con le tue incazzature improvvise, le lacrime che non riesci a fermare mentre ascolti una canzone e gli abbracci che vorresti e non ricevi mai. Vai bene esattamente così come sei anche se pensi di essere un disastro. Dimenticando che, forse, oggi sei sembrato un disastro per ciò che hai detto, fatto o semplicemente pensato, ma resti meraviglioso proprio perché sei tu. E verrai amato da coloro che ti circondano proprio perché sei esattamente come sei.
Le persone non si trattengono. Quando vuoi al tuo fianco qualcuno, chiediti se anche questo qualcuno vuole te al suo fianco. Quando ti rendi conto che hai bisogno di agire in modo contorto, poco chiaro agli occhi degli altri, per tenere a te qualcuno, vuol dire che stai tentando in ogni modo di trattenere qualcuno. Trattenere significa che c'è, dall'altra parte, qualcosa/qualcuno che vorrebbe starsene volentieri altrove. Con altre persone, magari. Puoi fare di tutto, scalare montagne altissime e non sentirti stanco, nuotare per chilometri e trovarti dall'altra parte dell'oceano con il sorriso sulle labbra, farti trovare ogni volta che lui/lei ha bisogno e, in generale, può anche funzionare, ma alla lunga la cosa non reggerà. Se trattieni, anche se ami o vuoi bene, stai di conseguenza accontentandoti per paura. Paura di restare solo. Paura di non sentirti completo. Paura di muovere passi verso l'ignoto. Se trattieni, anche se ti vogliono bene, stai di conseguenza costringendo qualcuno ad un'infelicità perenne, perché non riesce a liberarsi dalle catene dei sensi di colpa che scaturiscono dopo tutto quello che di bello fai per lui/lei. E, a pensarci bene, non ti sembra che ci si stia condannando ad un'infelicità perenne in due anche in questo modo? Le persone non si trattengono, vanno lasciate libere di andare. Di essere. Di vivere. Anche se tutto ciò vorrà dire non vederle più. Lasciate liberi, per poter essere anche voi liberi.
Smettila di accontentarti. Smettila di rincorrere persone. Smettila di esserci sempre e nonostante tutto per chi, per te, non c'è mai. Non hai bisogno di specchiarti negli occhi degli altri per vedere quanto sei importante. Non hai bisogno dell'approvazione degli altri per capire quanto tu valga. Smettila di dipendere dagli altri e inizia a volerti bene un po' di più da oggi.
Sono andata al supermercato questa mattina. Indossavo degli occhiali scuri, le cuffiette nelle mie orecchie erano sintonizzate sulla playlist di Coez. Ogni canzone mi parlava di te. Ogni canzone eravamo io e te. Mi sono resa conto, dopo la terza, perché avevo smesso di ascoltarlo mesi fa. In un certo senso volevo smettere di avere a che fare con te. Ed è stato così. Sono andata avanti. Non ci pensavo più a quella storia e, se succedeva, sorridevo per poi cambiare subito la corrente dei miei pensieri. Tutto procedeva come doveva. Io procedevo per la mia strada, come meritavo. Poi non so cosa sia successo. Al supermercato ho iniziato a riempire il carrello di cose che neanche avrei mai mangiato, ma erano quelle che piacevano a te. Tra gli scaffali c'era sempre qualcosa che avrei voluto cucinarti. Qualcosa che avrei voluto assaggiare insieme a te. Qualcosa che mi ricordava te e ho iniziato a mettere tutto dentro. È successo in automatico, quasi non me ne sono resa conto. Però, le lacrime continuavano a scendere e le canzoni continuavano a suonare e io continuavo a riempire. Arrivata alla cassa mi sono fermata guardandomi intorno spaesata, ho iniziato a far passare tutte le persone davanti a me, anche se avevano il triplo della roba che avevo preso io, solo perché non avevo intenzione di andarmene. Volevo restare lì ancora un po'. Non mi andava di tornare a casa sola e rendermi conto che sola, in realtà, lo sono già da tempo. Ho fatto passare davanti a me ben sei persone. "Vuol restare proprio qui. Vero?" Mi ha chiesto la cassiera. Come avrei potuto spiegarle che, se restavo lì, con quel carrello pieno delle cose che ami tu, era come stare ancora con te? Ho annuito e ho detto: "Ho dimenticato delle cose, ma non riesco a ricordare cosa." Sono tornata indietro, ho svuotato tutto e a mano a mano che lo facevo, mi sentivo più leggera. Ho smesso di piangere. Ho cambiato playlist. Ho rimesso tutte le cose al loro posto, ho pagato solo quello che apparteneva realmente a me e sono andata via, lasciando tutto il resto dentro. Compreso te.
In trappola. Ecco come mi sento molto spesso. La mia è una realtà in cui superficialità e pochezza d'animo stanno pian piano prendendo il sopravvento e stanno mettendo radici in ogni dove. Sopraffatta. Ecco come mi sento davanti a questo pensiero che, spesso, mi rimbomba nella testa come un martello pneumatico. E i lavori in corso sembrano davvero essere tanti. Non mi ci ritrovo più negli sguardi degli altri. Loro guardano un telefono e io continuo a guardare il cielo. Loro accarezzano il terzo drink ghiacciato e io me ne resto sulla sabbia a perdermi nel rumore delle onde. Osservo. Ascolto. Tutto. Tutti. Sempre. Ma quelli non sono i miei discorsi. Non mi ci ritrovo per nulla nelle parole che blaterano tanto e dicono così poco. Preferisco i silenzi pieni di cose non dette e che ti saziano l'anima. Mi dicono che pretendo troppo che, alla mia età, è bene smettere di credere nelle favole. Di abbassare le aspettative, di accontentarmi di un amore, anche se mediocre, piccolo, in grado di regalarmi qualche sorriso. Ma io non li voglio i sorrisi. Io voglio le fragorose risate che mi fanno venire le rughe attorno agli occhi. Voglio le mani che mi cercano anche sotto il tavolo di un pub mentre siamo a cena fuori con gli amici. Voglio chi si preoccupa di me. Chi vuole condividere i suoi progetti, ma non perché l'amore sia bisogno di stare insieme a qualcuno - e per forza -, ma perché sia un 1+1. Un intero + un altro intero e non la completezza che mancava prima di incontrarsi. Voglio chi ci metta il cuore, perché un altro modo per fare le cose non lo conosce. Mi dicono di abbassare gli standard, perché se continuo così, resto sola. Mi dicono che ciò che voglio posso trovarlo solo nei libri e nei film che amo guardare il sabato sera, invece di andare in discoteca. Cercano di convincermi che, al giorno d'oggi, è tutto diverso e che, ad un certo punto, bisogna adeguarsi. Bisogna accontentarsi. Bisogna smettere di cercare. Bisogna omologarsi. Possono continuare fin quando vogliono: a me son sempre piaciute le eccezioni. I dettagli che nessuno nota mai. Le canzoni che non passano mai in radio. Le piccole cose. Mi piace chi ti alleggerisce il cuore e non ti lascia macigni sullo stomaco. Chi parla poco, ma fa molto attraverso i gesti. Chi dà peso a ciò che dice e quando ha voglia di fare qualcosa non sta lì a pensarci troppo. Chi ti lascia carezze e non segni sulla pelle. Mi piace chi sa essere ancora di un'altra epoca, pur vivendo in questa. E, quindi, no. Non mi accontento. Perché so che le eccezioni sono rare e sono inaspettatamente belle proprio per questo.
Ho imparato che a volte è necessario lasciar perdere. Cose, situazioni, persone. Soprattutto alcune persone. Devi lasciare la presa, aprire la mano e far scorrere via ciò che in tutti i modi cercavi di trattenere. Devi farlo. Devi importelo. Altrimenti rischi di perdere te stesso mentre cerchi disperatamente di tenerle con te.
Volevo qualcuno con il quale mostrarmi fragile senza timore di essere giudicata. Volevo qualcuno con il quale fare progetti anche sciocchi, ma realizzabili, come andare al cinema in una giornata di pioggia e mangiare pop corn e patatine fino a scoppiare. Volevo qualcuno che mi abbracciasse senza dover chiedere io di farlo, perché in queste non sono brava. Un po', lo ammetto, me ne vergogno. Volevo qualcuno che ballasse con me sulle macerie della vita, mostrandomi che i fiori più belli nascono dal cemento. Volevo qualcuno con cui potermi sentire protetta, bella, apprezzata, una persona migliore insomma. Alla fine ho scelto me, perché anche se mi amo a giorni alterni so, che quando lo faccio, è vero.
Prima di vedere "You": La donna sperava di incontrare un uomo che avesse le caratteristiche del suo "uomo ideale" (non si chiedeva nemmeno troppo, almeno 3 su 10) e che - ovviamente - la volesse allo stesso modo. Dopo aver visto "You": La priorità è incontrarne uno che sia quantomeno stabile mentalmente.
Bisogna essere in due. Non deve esserci chi trascina l'altro. Bisogna camminare insieme, con lo stesso passo. Alla stessa velocità. Bisogna essere in due. Non deve esserci chi rincorre l'altro. Bisogna volersi, abbracciarsi, baciarsi, desiderarsi, ma nello stesso istante. Bisogna essere in due, ma non "dopo". Dopo ormai è tardi. Dopo non esiste, esattamente come chi percorreva una strada differente, anziché procedere con lo stesso andamento. Anziché procedere con le stesse intenzioni. Bisogna essere in due nello stesso momento. Dopo che? Dopo niente.
Tu sei un pezzo unico, con tutte le sue insicurezze, le paranoie, le paure e gli abbracci mancati. Perché anche quelli aiutano, sai? Aiutano a vedersi meglio da dentro. A sentirsi meno soli quando capisci che la persona su cui devi e puoi sempre contare sei solo tu. Col tempo impari ad essere più forte, più felice, più spensierata. Semplicemente "più". Davanti alle parole che sanno ferire, all'indifferenza di chi hai amato, ma non corrisponde, tu devi stringerti di più. Devi amarti molto di più, perché se non cominci a farlo tu da sola, come vuoi che lo facciano gli altri?