Al momento che l'anima si dona presa dall'improvviso, universale senso del nulla, io giaccio più compiuta e più ferma come la mia carne arida già, di già da trapassata fosse resa all'inferno. E veramente son'io diversa dalle tue pupille mamma, di morta, dalle lunghe ciglia che ti velano gli occhi addormentati? O compiuta, o terrena, o sempreverde, alimento degli alberi e del cielo santa natura bella come Iddio e dorata e fragrante, sempre desta sempre presente ho attorno la tua spoglia di madre, unta dalle linfe vive del sacrificio. Qui poveramente balsami non ti ho sacrificati. Preservata in eterno dai tuoi rami ricchi d'amore giaci e la tua faccia è un anello di quiete dopo le furie attive della morte.
1. Sarebbe facilissimo disgiungerti dalla prima tua idea, donna, non sai che legati hai dei cuori alle tue soglie come fossero vecchi malefizi. Te ne vai da noi tutti, controllata, sveltissima; sicura, "che gli incerti restino soli". Sembri dire astratta. E invece quando mai rincorreremo tutti noi che ti amiamo la tua ignavia, la tua dimenticanza senza fine?
2. Non partire da me che ti son lieve e bisognosa come una farfalla: ho bisogno di te, fusto ripieno d'ogni lena e fierezza per adagiare le mie ali strane. Tu sei troppo serrata nel tuo senno per sapere dei rapidi riflussi delle anime invece condannate a perpetue movenze. E io son snella ma non ho la granitica freschezza della tua inesprimibile violenza.
È ancor Titano che mi rappresenta e prende fogli bianchi per scrittura e mi trova mutevole, ma bella. Ma tu come mi vedi se ti sporgi lungo le acque della fantascienza? Potrai dire che trovo inusitate cose dell'ombra e ho prodigiosi aspetti, a volte, nelle stanche cartoline che appaiono sfiorite sui giornali.
Nobile di una fama che divora il mondo senza censo né misura, ci sono donne che non han radici in nessuna cultura della terra, piaga d'amore che riscalda i sensi: l'anima che ti vede di lontano sente rumoreggiare la tua fossa. Sembri cadere giù dal firmamento e chi t'ama si trova nell'inferno: brucia e arde e vuol salire a riva, chiede pure che un diavolo lo annienti e che Saturno lo divori ancora, ma invano, Circe, perché tu non muti e non assolvi e non condanni mai, ma stai a guardare questo divenire d'ombra remota sopra la materia.
Tempo di dubbio, magnifica passione soltanto il tempo scorre tra le dita. Ah, variato dal nulla il nulla incerto e la canzone libera del sonno o sempreverde, libera, sicura giaccio nel paravento della voce.
Requiem a te che poggi questo labbro assetato di vita sulla zolla oscuro mutamento di stagione, requiem poiché rimani nell'asfalto sognando gli asfodeli del cammino, requiem per l'ostia che ti ha benedetto nell'ora del trapasso immacolato e per l'arido esempio di ogni uomo che cade. La mannaia della morte ha lasciato più tenero il sondaggio e i capelli fioriscono nel vuoto che noi umani diciamo. Signore, il tuo vuoto presente è religione. Requiem a te che cingi di corolla gli orizzonti celesti dei miei occhi e son lacrime incise come pietre e son duri scalpelli e sono noia della vita proterva a te riposo che canti nella vita il mio presente abbeverando tutte le stagioni.
Nelle fosse cunicoli ed occhiaie e fissazioni nude e mani cancrenose che scavano nel buio e l'agguato leggero della quieta follia che ti assalta la schiena come pantera nuda. E tutti incatenati formavano un fiore tumefatto odoroso pel firmamento nudo. Dove non cresce Dio lì cresce la tortura, dove non c'è la luce lì la tenebra sale, dove muore il tuo corpo lì cominciano l'ossa.
E poi fate l'amore. Niente sesso, solo amore. E con questo intendo i baci lenti sulla bocca, sul collo, sulla pancia, sulla schiena, i morsi sulle labbra, le mani intrecciate, e occhi dentro occhi. Intendo abbracci talmente stretti da diventare una cosa sola, corpi incastrati e anime in collisione, carezze sui graffi, vestiti tolti insieme alle paure, baci sulle debolezze, sui segni di una vita che fino a quel momento era stata un po' sbiadita. Intendo dita sui corpi, creare costellazioni, inalare profumi, cuori che battono insieme, respiri che viaggiano allo stesso ritmo. E poi sorrisi, sinceri dopo un po' che non lo erano più. Ecco, fate l'amore e non vergognatevi, perché l'amore è arte, e voi i capolavori.
Io unita di parole orrende ansante di clamore: io che conosco baratri e sonde per l'incalcolata nudità dei remoti Paradisi, sospirosa bellezza, driade dai fuggevoli pensieri, consanguinea dei pioppi, alle betulle forte mite sorella, io che cedo il mio nome alle natanti filiazioni dell'onde, nuda baccante delle mie paure e fulgore d'alloro ed inebriato lento corso di stelle, io sempreviva, segno zodiacale, da immane ira protetta, deità del grido: spietata ho verghe di incorrotta fama e superbi destrieri al mio cammino.
Io mi so notti insonni sublimate in aromi fruscianti alle mie chiome io mi so spiritali mutamenti, lingue di fuoco ansanti alle mie vene: gioia rappresa le mie labbra ormai alzano incensi di silenzio al suono voluminoso della tua figura; e tu, dolcezza alle mie caste mani cedi: han vigore immane di connubi.