Fulmine di sci
Su neve coreana
Prima l'Italia.
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Fulmine di sci
Su neve coreana
Prima l'Italia.
È un tuo compito ungermi, primavera.
Ti sto aspettando, con le piante che
vogliono sgemmare, nello squinternato
andar del tempo.
Sotto la scorza di zocca la formica origlia.
Dal becco infangato della rondine, intravedo
la ricostruzione.
Restò il racchio
sulla vite spellata -
cibo d'inverno.
La notte stampa
sotto i nostri sguardi
eclissi di luna.
Eclissi di sole
il nero scudo crea
cieco stupore.
Fendenti cadono fra cosa e cosa di
popolare splendore e tu, acerbo, su queste
cose eserciti, un languido toccare.
La moneta s'incunea e tu la cerchi, perché ritorni
a cantar con l'altre cento, ma sono i
tuoi occhi svolazzanti sul taglio in plexiglas
a muovere bagliori.
Hermes, m'ha condotto a te e a te risalgo,
addensandomi.
Le cose rispondono contate dentro l'intervento
riparatore.
C'è, una crepa nell'ora,
là,
là,
in fondo,
nel mondo di ceramica.
Il vetro è quello di Murano!
Sul pavimento, un lampadario, attende d'essere piantato.
Siamo a Bologna coperti di freddo,
vediamo la gente che s'allarga e trasale.
Le luci son tante, salutiamo il Patrono!
abbiamo voglia di andar per negozi e
vestirci di nuovo.
Sugli Asinelli un orizzonte alpino.
Via Rizzoli incomincia a rullare:
un andazzo carnal-mordente, batte
sui muscoli indolenziti.
Ci muoviamo di musica è tutto un sognare,
son bianche le tende come panna montata,
il tintinnar d'arte artigianale, balla nell'aria gelata
col profumo di cioccolata.
Ci dirigiamo verso la fiamma d'un dehors,
ordiniamo birre e brioches: si gioca a vinciperdi!
Quest'anno la Torre è smorzata:
la sera mugugna nelle sue feritoie e pompeggia sotto i portici.
E, alla fine-
dal vaso di Pandora
stropicciatissima:
uscì la speranza
e dura, si propagò.
Il novilunio -
testimone bendato
del pozzo d'oro.
Il cane nasava cogliendo l'aria dalla terra
col suo dafar snidava le radici; il tartufo
veniva alla luce, con quell'odor pungente
e nel pulirlo, ancor più si sentiva.
Una folaghetta passava incerta sul
frollo fogliame, mettendo in frummia il cane.
- Color gazzuolo era il cielo -
sparsa la nebbiolina
leggera per gli uccelli la mattina.
Il sole s'abbandonava fra gli alberi filando,
salavano l'aria voci vernacolari, nelle
distese di silenzio.
Le braccia della natura erano dentate e
insieme al cane, si cercavano le radici.