L'ape si scalda
or dentro l'esagono
il fuco sloggia.
Composta mercoledì 18 novembre 2015
L'ape si scalda
or dentro l'esagono
il fuco sloggia.
Viene il freddo-
soprattutto le mosche
s'eclissano.
Salta sul tetto-
la gatta nera, punta,
rasenta lenta
si ferma, è attratta,
da un merlo sul cotto.
Sta quatto quatto,
gatto rosso aspetta
pazientemente-
per sbottar sulla preda
e menarla per gioco.
Parlano scricchiolando gli scheletri nel vento
estasiate streghe fra lingue di fuoco
scuotono il bosco appeso alla notte.
Nelle brume circola un sacro terrore,
l'anno s'inginocchia al freddo rigore,
e brace vivifica lanterne odorose,
muovendo bagliori su foglie di luna.
Maschere vagano in campi mummificati,
sbattono corvine le ballate vaporosi canti,
s'offrono dolci per gli spiriti astanti.
Un frullare nero d'uccello s'accomoda sui rami,
tratteggiati versi precipitano;
nei crateri di pupilla si stampa la morte,
che scodinzola e s'impegna.
Canta sì, il mattino
lucenti monete di sole
patrimonio di colore
consuetudine senza fine
e che solo per noi, s'innalza.
Presagivo una giornata strampalata;
vento e pioggia entrarono all'alba,
fuori, un tormentato movimento nei capelli,
larghe lacrime sul viso,
eppur dovevo andare e, andai.
Alzai lo sguardo: nuvole muscolose,
arrangiate ad arte, spopolavano.
M'inchinai a raccogliere le chiavi,
mi sfuggirono di nuovo, saltando.
Scappai, imbroccando un sasso,
la fretta sfrecciò ostile in ogni direzione,
costrinsi il tempo ad un ritmo personale.
Finalmente la tregua: dovevo mangiare!.
Scalai con l'auto un ponte,
poi scesi il pendio,
srotolai vicino ad una faggeta di alta e robusta quiete.
A ridosso delle quattordici, arrivai.
Un'amica m'aspettava dietro ai fornelli,
e con lei, il suo pappagallo Cacatua.
Mi scrutò con la cresta dritta, spiumandosi,
squarciando l'aria con un verso infame,
lasciando al trespolo una piuma bianca.
"Sei troppo dura con lui, non vedi che soffre?, fagli una coccola, sii buona!".
"Dopo mangiato, risposi franca, ora ho lo stomaco in rivolta, sono proprio storta".
Ma, nel mentre, mi svolazzò sulla spalla,
in un soffio mi beccò l'orecchio: un male maledetto!.
Inviperita, sbottai verso il pennuto,
sbattuto in petto alla mia amica che,
lo salvò brandendo la forchetta:
"Guai se lo tocchi cattiva che non sei altro!".
Alla vendemmia
i grappoli turgidi
stacca la roncola.
Bolle il mosto
si semina e dorme
la madre terra.
Sotto il tetto
Il nido di rondine
è disabitato.