Falce e fieno-
Giunone nel solstizio
libera l'estate.
Composta sabato 21 giugno 2014
Falce e fieno-
Giunone nel solstizio
libera l'estate.
Inspiravo le rose, tutt'attorno,
nel pianto dei ceri fiammule tremabonde:
stringevo sul cuore una rosa sanguigna,
di odore confuso.
Correva sulla litania la prece disgiunta,
mentre sulla terra s'ammucchiava la sera.
Un agostiniano, alzava gli occhi e l'aere incensava,
dall'alto la Santa guardava;
come sospesa mi lasciavo portare,
sospinta da gente lunare.
Ero accesa, fra liquide fiamme struttura di spina,
chiedevo una grazia divina.
Libero corri
abbai e sventolano
i tuoi orecchi.
Una leccata
salto in alto e zampa
sollevata.
Pieno di calor
nel tuo vigor salti
in lungo il fosso.
Cagnolino Quin-
Quino col tartufino
nel suo musino.
Affannosamente
schiocca la tua lingua
nell'acqua fresca.
Vola serica
sul profilo di rosa
una farfalla.
In certi pomeriggi d'aprile solevo andare,
fra intagli di rocce scure e battute come il ferro,
e fiori rupestri inaccessibili che mi sfidavano, mossi dal grecale.
Voli lontani e viottoli dove perdersi per gioco,
verso l'ignoto che il monte col suo respiro ingoiava.
Camminavo e calciavo ciottoli un po' a destra, un po' a manca e, scavalcando sterpi di serpi,
l'anima schiava, liberavo.
Guardavo dall'alto una valle di radici sommerse.
Casa preziosa-
Tartaruga longeva
lentamente va.
Ci sono giorni corti e scorciatoie di cieli sereni,
altri, enormi come montagne di segaline risorse,
prati persi di vista e per caso ritrovati; insenature,
che paiono fatte apposta per nasconderci un segreto.
La luce va e viene e porta a casaccio i colori,
a volte snervati, altre con nervature perfette.
Pulite sono le ombre del sole e cariche di sole si perdono; si nascondono in sentieri bianchi,
dove fanciulli scalpitano e velocemente s'allontanano.
Poco distante, un praticello punteggiato di margherite,
appare la tua figura e con te, la rutilante atmosfera di un dipinto astratto.
In alto, un gruppuscolo di api operaie segue la regina,
nel suo volo nuziale.
I nostri passi nell'erba.
L'aria trascina sul tuo naso una farfalla; sorrido e ammiro le tue pallide smorfie.
Ho fra le mani il mondo e siamo a tu per tu con le margherite.
Se io volessi riaverti intatto,
senz'ombre o sotterfugi,
dovrei ricomporti sotto il nostro faggio;
quando mi raggiungevi trafelato,
col tuo raggio verticale,
mentre la notte chiedeva al giorno di tardare.
Se io volessi riaverti intatto,
dovrei scagliare i miei tormenti,
scalfire le memorie ed i momenti,
caduti dal tetto delle stelle
e far del mio pensiero materia viva.
Quindi rinascere e invece di parlare, vagire.
Nel silenzio
Risuona la speranza
La mente si arrovella
Si cambiano le bende
L'oscurità toglie e non rende
Si chiudono gli occhi
Il sogno è duro a morire
La carne dà tremiti
Il pollice ripara due dita
Si fa preghiera la vita.
La pioggia, si sa, disseta la terra e a volte in superficie
spuntano i lombrichi; ciechi e teneri come appena nati,
a respirare.
In bellavista, esposto più del dovuto e non ancora fuor del tutto, un lombrico, la zolla par volere trattenere,
ma lui si gonfia e s'innalza, quasi fosse posseduto.
S'incanta e si muove in modo strano poi, si contorce,
sembra voler tornar nel buco, ma in quel mentre,
una simpatica merla, lo afferra e tira, fintanto che lo sguscia dalla terra.