L'odore del glicine al balcone, ti ricordi nonna, avevamo piantato un sogno insieme. L'albero cresceva, con me e tu invecchiavi. Com'è triste novembre, il glicine perdeva le sue foglie, ti stringevo piano, per non farti male, e tu in quel letto di dolore a malapena mi riconoscevi. Eri tornata come prima, sembravi una bambina che cercava le coccole. Anna, chi sei? Mi chiedevi dov'è la mia famiglia, e mia figlia? Nonna, le rispondevo, è qui ti è sempre accanto, ma non capivi. Quel morbo ti ha portato via dalla vita, ha mandato in tilt la tua mente, una condizione umiliante per te che tanto dolcemente ci hai sempre accuditi. Coi sensi assopiti da tante medicine, meno male che non hai sentito gran dolore, ti sei addormentata piano piano chiamandomi per nome, stringendo la mia mano. Il glicine ad aprile metteva le sue foglie... Cominciò a fiorire.
Guardo in alto per scorgere i contorni, di te, che sei luce, ma ho chiuso gli occhi, ti son venuta incontro e mi è mancata voce, per chiamarti, implorarti ma muta sentirai questa prece che comunque arriverà a Te.
Tra maschere di cartapesta e facce di gomma, cammino, trascinando i miei passi ormai stanchi, solitudine è mia compagnia, è la sola e non va più via, sogno ancora qualcuno che parli la mia stessa lingua. Parole inutili, dette solo per... incomprensibili per non capirci più. La speranza, tra l'indifferenza, e mille soprusi, è andata via, e trascino i miei passi ormai stanchi, ricercando un vero dolore, un forte di cuore, capace di piangere, ma tra maschere di cartapesta e facce di gomma è ormai quello che resta. Solitudine è mia compagnia.
La vita ti stringe, ti avvolge, ti stritola i sensi, ti imbocca in strade sbagliate, ti senti smarrita, sui tuoi passi vorresti tornare. Un muro si erge ormai dietro di te, è il tempo passato, finito, segnato da vecchie memorie, non tue, non ti riconosci in questa tua vita e ti accorgi che più non è andata come volevi. Troppo tardi sperare che cambi, ormai strada è segnata.
Darò fiato al vento, o questo tormento mi sarà fatale, impazzirò, finché il dolore non lo sentirò più perché il mio corpo sarà smembrato, dilaniato da una bomba e sarà difficile raccoglierne i pezzi. Se riuscirò a ricomporre le mie membra sparse, non sarà niente come prima, non mi riconoscerò più, e allora a che vale... vorrei morire.
Non voglio terra da calpestare, voglio andare dove non servono ali per volare, nell'oblio mi cullerò, per addormentare dentro l'anima tutto questo soffrire.
Un giorno me chiamò er dottore, me disse che su quelle carte lo specialista m'aveva condannato. Che male ciò, dimme è proprio er core, che dici dottò de certo è morte? Si; me fece er medico: sei nato e sei scaduto. Mejo pijalla bene mo sta cosa, te conviene vive un giorno da leone che cento da pora pecorella. Diceva bene, ma co l'ironia ce faccio poco che la pelle è mia. Bè visto che pe poco deo da campà grandi soddisfazioni me deo da levà. Torno da quella strega de mi moje e je presento er responso der dottore, je dico: fino a mo come ho campato? Mo, me so proprio rotto li cojoni non vedevo l'ora che fosse finita. Faceva finta che nun m'avea sentito ed è normale perché mai aveo contato, prima abbassavo le scelle quanno che strillava, facevo tutto quello che voleva, pe nun la stà a sentì. Ma dopo che m'hanno dato sta mazzata un po' me rode ma so pure contento. Mo posso fa er padrone a casa mia, e tutti zitti perché stò morendo. Li fij tutti boni dentro casa, aspettano che passi a miglior vita, le pantofole, la sciarpa er mozzicone, finalmente facevo da padrone. Mi moje come n'omo me trattava a ciccia sta malattia me stava. Un giorno se sente na telefonata è der dottore; mi moje arza la cornetta, pe non fa scomodà sto moribondo je dice: dica a su marito che pe l'analisi me so sbajato, je dica pure che grazie a Dio è rinato. Domanno alla signora: amò chi era? Er medico tuo volea sapè cm'eri e mi ha detto che poco tempo resta. Comme stò male me sento li dolori dappertutto e drentro l'ossa me sento distrutto. La strega incassa e nun me dice niente, ma me comincia a fa firmà le carte. Visto che manca poco all'antro monno, che dici amore mio se viè er notaio? Sistemamo mo ste quattro cose, stabiliamo er tutto, lassamo giusto per il funerale. Quanno me mancherai... Dopo che avemo fatto cor notaio, te porto all'hospedale amore mio, so solo accertamenti, mi ha detto er tuo dottore, te devono dà certi medicamenti, così non soffrirai povero amore. Io ci ho creduto, troppo era cambiata, e qui me so sbajato un era fata. La strega preparò na valigetta, co drentro er pigiama e n'antro cambio, ce devi rimanè solo pe poco, quanno stai pe morì te porto a casa. Qua mi ha lasciato quella vecchia stronza, e intanto, se prima stavo bene, mo me s'è arzata la pressione, so scompensato e ciò sempre un voto in testa, ripensando a tutta sta questione. Mo vorrei pijà quer mio dottore, che m'ha procurato questi guai e dije: spera che nun esca mai.
Se sente na vocina da na tomba, è na vecchietta morta tempo fà. Sei fresca fresca e giovine me pari, a n'antra sarma, perche sei quà? Mi marito pe no sgaro m'ha ammazzato cor cortello, e come na cretina jel'ho puro confessato, è stato bello! E la vecchina: nun te posso manco dì, che n'antra vorta, fai tutto quer che voi, ma nun jè fa capì li cazzi tuoi, ho campato cent'anni, e mo so quà, quanto m'ha so goduta ma mai l'ho confessato a quello là.
Confuse, profuse, rubate, sprecate, tra mani sudate, tra dolci parole e bocche vogliose. Tra luci soffuse e strani sapori ed odori di muschio... e di voglie ormai spente.
Il mio sogno
Il mio sogno, la fantasia è come un gabbiano che ha ali spezzate, non riesce a librarsi nel cielo più in alto, ma piano si posa su prora di nave e si fa trasportare.
Vergogna
Creature che mute, da bocche serrate da rabbia e paura, camminano piano, sperando invisibile velo le copra. Vergogna, la loro compagna le frena e l'urlo non senti. Dolore nascosto, terribile tarlo, le logora dentro. Non hanno più vita.
Sono ritagli di tempo, ricordi sfumati, lontano da casa, amici ed amori passati. Vissute stagioni pentimenti e ragioni aspettando di crescere in fretta. Esperienze ed emozioni, la mia mamma è lontana. Il mio mare, la luce del sole la mia canna da pesca, l'aquilone. La mia mamma non c'è. Le mie corse in riva al mare, i castelli di sabbia, costruiti e distrutti; Come i sogni, dalla rabbia. Ho vissuto in paradiso ma lontano da casa, pensando di essere stata abbandonata, eppure sono stata tanto amata.