Forse non cerco più il tepore della nostra terra ma anfore che versino del balsamo sulle mani, stupore di meraviglia che torturi il grigio silenzio che asciughi le lacrime di bimbi che hanno fame.
Così andrò in cerca delle ore perdute del giorno che trovo appese al ferro spinato del mio giardino in attesa di riempirle di un messaggio di allegria per non sentire le grida dei morti in fondo al mare.
Forse non capisco più la storia che stiamo vivendo in questi giorni pieni di morti assurde senza pietà, di stragi che uccidono con il grido di un falso dio credendo di costruire un nuovo mondo di libertà.
Oggi abbiamo dimenticato di pregare in ginocchio di intuire il pianto senza lacrime di uomini poveri. Tutti scappiamo come cavalli bardati di schiocchi rintanandoci in case buie sotto un cielo senza rimorsi.
Pioveva su lenta melodia di fisarmonica. Ascoltavo un ricordo chiuso in un angolo del mio paese, circondato da monti e torrenti dove la pagnotta di pane nel forno a legna profumava la strada dopo la grande guerra.
La vita giornaliera era racchiusa nella mano giocando con cerchioni di vecchie biciclette o con un filo di ginestra prendendo lucertole. Allora il tempo non si leggeva sull'orologio ma sull'ombra dei muri dei vicoli stretti.
Lo stridere di una saracinesca arrugginita era la sveglia di ogni mattino insieme al gallo che dal pollaio cantava il nuovo inno della vita. Il giorno del paese mi sembrava sempre lo stesso quando da bambino si giocava con soldi vecchi.
La pioggia continuava a picchiettare sulle tegole rosse della casetta con lunghe scale di pietra dove si giocava con tappi di bottiglie di birre ascoltando i vecchi raccontare storie di guerra.
I ricordi sono fermi sulla lenta ombra della sera che una melodia di fisarmonica metteva a tacere.
I cieli incompiuti respingono le fiamme d'estate. Una screpolata terra nera attanaglia la solitudine racchiusa nei nostri occhi.
Il tempo di addio dipana luci ad acquerello su un mondo risecchito di pietrame.
Un gomitolo variante d'infinito s'inquadra in ghirigoro di cornici verdi, rosse e turchine mentre il cuore dell'uomo maturo si specchia in un autunno che spira.
Saremo capaci di leggere il nostro domani con occhi limpidi lavati con la rugiada caduta nella notte in attesa che l'uomo le regali un fiore?
La nostra terra madre è stanca di partorire uomini che seminano fame nei suoi solchi. Non usiamo più acqua per lavarle il viso ma sangue di martiri di ogni sesso ed età.
Stiamo morendo giorno dopo giorno con l'orecchio pieno di rumori di spari gli occhi stravolti per il troppo dolore. Di nascosto i potenti si giocano a dadi un deserto gravido di futuro senza mani.
Corrono veloci missili umani nello spazio da tempo trasformato in caserma micidiale. Uomini e donne lo popolano piangendo guardando la terra madre dove sono nati.
Sta sbocciando in silenzio un nuovo domani con fuochi d'artificio senza nessun colore perché stiamo uccidendo anche l'amore in nome di un dio nato dall'odio e dal terrore.
I lunatici e marziani siamo sempre noi stessi che prepariamo un grande giardino di metallo con un portone senza chiavi, la cui scritta dice: "Qui giunsero gli uomini con tanta nostalgia dopo aver distrutto la loro azzurra madre con odio, rancore, morte e tanta ipocrisia".
Signore, si è spenta la nostra candela nella notte. Il buio ci ha presentato la sua faccia senza occhi ci abbraccia freddo come il cipresso la sua ombra.
Seduti sulle pietre aspettiamo nel silenzio la luce strofinando nelle nostre mani callose una lucciola che lascia una striscia di luce sul nostro cammino.
Signore, alzando gli occhi vediamo la tua croce sulla collina che ci porta al paese della mamma dove la sera apprendemmo a pregare sognando.
Tu lo sai bene che noi siamo dei con poca memoria perché uccidiamo il giorno prima l'immagine di oggi. La nostra candela, Signore, si è spenta al tramonto.
Ognuno di noi, Signore, ci specchiamo nel passato per non arrivare alla tua porta senza luce nelle mani. Per noi il sole sorge col fuoco spento e cuore acceso.
Signore, questa sera si è spenta la nostra lucciola. Sono rimasti pochi a dividere il pane duro del lavoro con i poveri che hanno pietà di morire sempre soli.
Signore, che ti sei fatto nostro fratello, dacci una mano per pulire i nostri occhi, fortifica le nostre braccia di debole creta. Il nostro carnevale ormai è già terminato, le maschere di cartapeste sono già rotte, i vestiti li ha corrosi il vento di primavera.
Non vedi che siamo nudi nel tuo giardino? Anche i fiori abbiamo ucciso giocando. Non ci resta che coprire la faccia con le mani quando arrossisce di vergogna nella sera. La notte la avvolgiamo con false illusioni pensando di riempire il vuoto del cuore.
Signore, siamo andati troppo lontano e soli senza prenderci per mano in questo labirinto di cose semplici che abbiamo complicato con la stupida e falsa amicizia senza cuore. Pensavamo di essere i padroni della casa riempiendo la storia di fuochi artificiali.
Vestici, Signore, un'altra volta col tuo respiro. Il frutto che ti rubammo della conoscenza fu il nostro primo giocattolo di compleanno che rompemmo nascosti nell'ombra del giorno. Non abbandonarci nelle mani di falsi giocolieri che ci rubano l'anima con tutti i nostri pensieri.
Siamo polvere, Signore, delle tue lontane stelle di mondi sconosciuti dove i soli e le alterne lune ci fanno impazzire e spesso perdiamo la testa. Camminiamo sotto un cielo con nuvole oscure trasformando in pioggia la nostra umana tristezza. Signore, fa che regaliamo sorrisi per finire in pienezza.
È nata l'ora su spiagge lontane dove l'arena racchiude nel suo ventre i dolori del parto delle notti gelide. È il vagito indolore di vergini stelle fecondate dal seme dell'universo.
Gli uomini non si nasconderanno più dietro maschere di ebano intagliate su schiene di donne schiavizzate per il sesso.
Vedo già in un mattino innocente mani e occhi lavarsi in onde nuove con la luna che depone la falce in urna di nuovi e puri cuori.
Non annideranno più artigli di ferro su lacrime di bimbi innocenti. Vedremo mani sempre aperte a un domani pieno di bellezza.
Sta per nascere il vero uomo in un mondo senza timore?
Non so se il sudore di alcuni corrisponde al denaro della loro tasca. So, però, che le mani di qualcuno sono artigli di ferro difronte al viso umiliato di uomini onesti.
I calli di mia nonna corrispondevano alle rughe umane del suo volto novantenne.
Su strade asfaltate di desideri corrono veloci e offuscati uomini con cuore di ferro.
La musica sbatte su ombre d'alberi che si chinano col vento insieme a ombre di uomini con sangue già freddo.
Quanto dolore per trovare lavoro, chinare la schiena in uffici vuoti. Le ore sono piene di chiodi arrugginiti per il piacere di pochi rimbambiti.
Con il sudore di molti pochi diventano ricchi in questo mondo fantastico offuscato da caligine umana che regna nei cuori di mostri umani.