Spararono in una piazza romana molto conosciuta contro un uomo vestito di bianco che amava la vita racchiusa in volti di uomini e bambini contenti in mani callose di un popolo buono e credente.
Si udirono sirene, grida, preghiere e muto silenzio sotto arcate di molti messaggi lanciati nel tempo. Anche le bianche colombe sparirono dicendo: "Anche qui è giunta l'umana e vile violenza".
Passa il tempo dello stupore: il bianco e il nero formano girandole di giudizi nelle televisioni. Si intrecciano le supposizioni e la tetra prigione. Con il delitto e il castigo si offre anche il perdono.
Oggi gli estremi di due mondi si sono incontrati in una cella dove luce e ombra si sono abbracciati. Le parole umane hanno perduto il loro pieno senso acquistandolo in un abbraccio di pace e pentimento.
Spariranno gli spari e matureranno i frutti del silenzio in quella piazza aperta a tutto il mondo e alla speranza. Una finestra sempre aperta al cuore di tutta la gente è guardare in alto con fede per chi è ancora credente.
Signore, abbiamo atteso il tuo Spirito di fuoco accendere la lampada che si spegne nella sera quando le mani giunte stringono un altro giorno passato in fretta senza uno sguardo al tuo cielo.
Oggi sentiamo l'impellente bisogno di ascoltarti per comprendere la corta strada che percorriamo insieme a tanti uomini che neppure salutiamo perché infastidiscono con il semplice parlare.
Distruggi, Signore, con il fuoco del tuo Spirito il programma di Babele che di notte sogniamo. Non farci vivere in una grande casa di cristallo quando addosso portiamo una pelle di catrame.
Noi siamo i figli di creta del tuo povero Adamo che piange suo figlio Abele morto fra le mani. Il deserto molti lo conosciamo solo in fotografia, il Mar Rosso lo scopriamo in cliniche senza vita.
Rallegrati, Signore, perlomeno con te siamo sinceri perciò nei momenti tristi ci mettiamo in preghiera. Il tuo Spirito ci ha fatto dono della tua intima allegria sognando un tuo nuovo mondo con tanta nostalgia.
Tu ci conosci, Signore, siamo amici di tuo Figlio con un cuore di carne e un pizzico del tuo Spirito. Fummo nel passato delle semplici statue di argilla ma il tuo soffio e la tua luce ci hanno fatto felici.
Un fuoco di pace si è acceso nella notte: ritornano gli uccelli al loro nido le lampade accendono le finestre piene di alito caldo e voci amiche. Le sirene hanno rotto l'ultimo silenzio di un giorno pieno di scioperi e lamenti.
Si è acceso un fuoco di giustizia su mani di statua e anima d'argilla. Un domani non lontano saremo uguali mangiando pane salendo delle scale. L'uomo e la donna saranno figli d'una dea che decifra il labirinto.
Un fuoco di pace si è acceso negli occhi guardando una farfalla accompagnare un morto. Il passato ha chiuso in una tomba frontiere, bandiere e il proprio tornaconto. Resta in piedi, in attesa che sbocci un fiore, un uomo perbene in un giardino di colori.
Quando era giovane fu chiamato alla guerra apprese a sparare con un vecchio moschetto sparando in faccia i propri amici e fratelli. Finì la guerra quando i grandi lo decisero ma lui la portò dentro come una ferita: gli era pesante guardare un bambino!
Passarono gli anni e sposò un'amica il pane gli odorava a raffiche di mitra il vino a vecchio olio di ricino. Adesso è vecchio e gioca con i nipoti distruggendo navi spaziali e rancori.
È meglio fare la guerra su uno schermo che saltare in aria per dei dementi. Passeggiando in un giardino in fiore il nonno coglie una rosa e la odora. Il profumo l'ha beccato una colomba per costruirgli un nido nel nuovo mondo.
Si nascondono gli anni sotto le nostre rughe di volti umani carichi di illusioni e incertezze. La nebbia, la pioggia e il sole offuscano gli occhi di chi marcisce solitario all'ombra di se stesso.
È trascorso svelto un anno, giorno dopo giorno, con un programma farcito di dubbi e carezze. Chi ci dirà se il tempo lo viviamo in pienezza?
Il calendario che sfogliamo ogni giorno nel cuore non ha anni, né mesi, né giorni, né ultima ora; nasconde solo una bilancia carica di molti ricordi in uno strano orologio senza minuti né secondi.
Inauguriamo oggi un nuovo e stupendo calendario con nomi di santi, feste, cerimonie e fasi della luna. Resta negli occhi la lunga fila di giorni ordinari da riempire con il nostro lavoro e pochi salari.
Ci sono arrivati messaggi elettronici e cartoline con i soliti auguri di buon e felice anno nuovo. Il prossimo anno daremo la nostra dovuta risposta se staremo ancora tra i vivi altrimenti saremo morti.
Esiste un giorno in ciascun uomo con un non so che di nostalgia appesa a un vecchio attaccapanni pieno di cappelli e una poesia.
Tempi trascorsi affacciati a una finestra insieme a un gatto grigio oscuro lavandosi la faccia vicino al focolare dove la nonna pregava seduta.
È il tempo che matura il nostro volto il silenzio che scoppia in allegria il gioco delle ombre contro la luce l'uomo che intravede il suo futuro.
Esiste un giorno in ciascun uomo che ci chiede di rispondere alla vita.
Le sirene occultano i passi della gente i soldati non vanno più con i fucili i giornali annunciano un patto di pace sbocciato negli uomini che amano la vita.
Così ancora oggi sopravvive l'umana allegria uccidendo la tristezza con un po' di vino.
L'uomo ha compreso che non vale la pena festeggiare da soli l'ultimo addio. È difficile decifrare il silenzio dell'uomo seduto solo sulla panchina di un giardino perduto dietro colombe bianche in volo.
Vidi un albero cadere nel mattino abbracciando la terra con dolcezza. Nell'ultimo giorno della sua vita la volle ringraziare con tenerezza.
Cadde con lui anche il mio cuore in un angolo azzurro dei miei pensieri. Il vento aveva scritto da anni una canzone su quel vecchio tronco di quercia amica.
Cercai di penetrare fino alle sue radici per leggere le pagine della sua storia: trovai solo il bianco candore delle nevi, il cantare degli uccelli e sorrisi della gente.
Ridiscesi la mia montagna lentamente tra pietre, foglie e fiori di ciclamini. Fissavo gli alberi ben stretti alla terra guardando il cielo in attesa delle stelle.
Ho sentito il respiro del mio giorno sostenermi su burroni di montagna ricoprendo le carni di un fanciullo quando di notte cullavo la speranza.
Ho camminato su orli di precipizi cercando legna per un focolare. Le mie mani mantenevano il cielo gli occhi contemplavano il miracolo.
Da piccolo giocavo con la mia ombra imitando un povero spaventapasseri mentre una gazza giocando ai suoi piedi chiedeva permesso di beccare un seme.
Ho tentato rileggere questi miei ricordi seduto sul maturo silenzio della valle ma già batteva il cuore della sera senza il mio amico spaventapasseri.
Sono rimasto solo con il peso degli anni con le mani sporche del sudore del giorno, gli occhi azzurri nella tenue lontananza, una lacrima salutando l'amica montagna.