Scritta da: Elena Piccinini
in Poesie (Poesie personali)
Se le lapidi, come fiori,
sbocciassero all'alba
di un lungo sonno...
il mondo sarebbe
un immenso giardino.
Composta martedì 4 marzo 2008
Se le lapidi, come fiori,
sbocciassero all'alba
di un lungo sonno...
il mondo sarebbe
un immenso giardino.
Ho ascoltato la tua voce
nel silenzio della notte.
Anche se la stanchezza del giorno
pervade le mie ossa e a nulla
vale la leggera brezza che
s'alza nell'ora più tarda,
misero refrigerio nel tormento
che s'appresta nelle pieghe
della mia anima.
Ho ascoltato la tua voce
nel silenzio della sera.
Mentre i pensieri lasciati liberi
nel fluttuare, vagare alla ricerca
di un posto, nelle braccia
di chi ti ama nel silenzio
percorrendo lo spazio infinito,
e come le nuvole spinte dal vento
unirsi, riformarsi e fondersi,
così i nostri pensieri.
Ho ascoltato la tua voce
nel silenzio della sera.
E, ascolto la tua voce
nel silenzio del giorno
che sta per nascere di la dal mare.
I volti nelle strade.
Persone che corrono, ti urtano, non guardano, fretta.
Le vetrine colorate,
occhi curiosi che si soffermano
su luci ormai intermittenti.
Basta guardarsi intorno
e percepisci in una anziana signora
vestita di stracci il suo dolore
che all'angolo di una strada tende la mano.
Un cane cha abbaia, ti distrae un attimo.
Solitudine.
Anche in sorriso breve
o nel banco la donna chiama
offrendo la merce ad un buon prezzo lo avverti.
Solitudine.
Come una torre altera all'orizzonte
su un deserto battuto dal vento.
Solitudine.
Al centro di tutto questo tra mille suoni
e vociare di persone
ascolto il vento e le tue parole e non sono solo.
Un silenzio profondo a me intorno,
mi avvolge e chiude gli occhi miei.
Son qui che in questa quiete
neppur sento il battito del cuore mio.
Ora son qui vicino a te,
a te che in questo istante
hai sussurrato il nome mio
e mi hai chiamato.
Il tuo pensiero è
come una nuvola celeste
che lampeggia
scompare e si dissolve in
una miriade di frammenti,
un pulviscolo brillante che
come pioggia sembra inondarmi
ed il mio cuore canta la tua musica,
mentre dissolve poi la mia persona
vola verso di te che a me tendi la
tua mano.
Consumare è giusto:
consumar le scarpe
consumare relazioni
consumar l'ingegno, gli abiti e le voglie
consumar le braccia e le ginocchia
consumar le forze
consumar la pagina e la penna
consumare il fiato.
Che me ne faccio, sennò,
di una vita
ancora intonsa?
Una lacrima che riga il volto
assomiglia a un salto nel vuoto,
perché sicuro è l'istante in cui inizia
a lacrimare ma non quando
si riuscirà a fermare.
E intanto rivedi te stesso e
rileggi tutto dietro il dolore, ma
tutto vedi fuorché la lieta conclusione.
La tua piccolezza è inghiottita
dall'immensità di attimi di infinità,
già ti chiedi se mai più una delizia
per il cuore la vita ti riserverà.
Ogni sospiro ormai sembra rumoreggiare
contro di me, come a scandire
il lento consumarsi del tempo.
Ahi come impera la tenebrosità
quando la tristezza dona falsità
cercando di distogliere le cose
dalla loro realtà.
Ahi nulla sembra poter contrastare
il grigiume di un mondo che
credi non ti possa amare.
Ma è nel riflesso sfuggente
della lacrima ormai asciugata
che capisci come le lacrime portano
solo ad altro dolore,
mentre un sorriso può far sentire anche
agli altri un po' di compassione.
La fredda oscurità ogni cosa avvolse,
e nulla di ciò che presente era
ancora l'occhio si accorse.
Ma se poeta non mi fossi considerato,
a questo punto il poemetto
potrebbe dirsi terminato.
Quanto facile il mondo sarebbe
se per me freddo fosse freddo e luce
fosse luce; nulla così mi impensierirebbe.
Ma così poeta più non sarei,
i mari delle parole più non solcherei,
e la vita nella sua semplicità mi godrei.
Ma un più grande fardello mi è affidato,
e a esso mai ho rinunciato.
Vivere, sì, la vita, nella sua semplicità,
ma spesso fermandomi così da
cogliere le sue peculiarità.
"Condannato" (più soave condanna
inflitta non fu mai) io sono a smettere
spesso di vivere, così da potermi vedere
e cogliere il mondo nel suo armonioso fluire.
Ai più duri d'orecchi una semplificazione
ora e per sempre voglio porgere:
"Per i minuti in cui vi ponete a spettatori
sappiate che cessate d'essere giocatori".
Ti andai cercando per anni Amore,
componendo versi e studiando parole,
cercandoti di fiore in fiore.
E oggi che mi abbagli come il sole,
fatico a descriverti e a comporre,
come se ti fossi coperto di nuvole.
Sarà che l'averti per anni desiderato,
sarà che il volerti le rime ha facilitato,
sicuro è che oggi scriverti si è complicato.
Oggi a riprova tante sono le poesie
per coloro che il mio amore hanno rifiutato,
pari a nessuna quelle per chi mi ha accettato
senza ingannarmi o raccontarmi bugie.
Ma questa a lei voglio dedicare,
alla stupenda che mi sa amare.
Tu Laura un nuovo impulso mi hai dato,
e per sempre te ne sarò grato.
Ti amo mio fiore che ti lasci baciare
come la rosa che ancora colma di rugiada
dal sole si lascia sfiorare.
Ti amo stella del firmamento
che nella moltitudine non ha perso se stessa
e non ha lasciato che il mondo la
istruisse a suo piacimento.
Per te mia signora queste rime compongo,
e con esse il nostro amore incorono.
La poesia qui concludo per non annoiare
colui che poveretto legge e non saprà mai amare.
Pelle come velluto
come buccia di pesca
occhi di cerbiatta
profondi come mari
languidi come lune dentro ai pozzi
unghie da gatta
bocca come bocciolo di rosa
orecchie come ricami certosini
incisi nei marmi perlati di Carrara
piedi come geishe
come bimba appena nata
gambe flessuose
corpo sinuoso
cosce come colonne dei templi greci
sguardo da dea
voluttuosa, turgida, languida, afrodisiaca
seni come coppe di champagne, come piramidi
come dolci colline nel riposo del tramonto
nella frenesia dell'alba
tigre, dittatore, padrona
comodo fondoschiena
curve piene, minuto didietro
sedere cesellato nel caldo legno
capelli castani, biondi, ramati, corvini
multicolori
nei riflessi della luce ingannevole
casta, puritana, puttana, schiava e donna.
Quanti aggettivi stantii, retorici e inutili
se non si può stringerti fra le braccia
e amarti.
Sassi sull'arenile
in attesa
cotti dal sole
bruciati dal sale.
Sassi
presi e gettati lontano
beccati, smossi, scavati.
Sassi
presi e portati
dalla furia del mare
da una mano che li stringe
e li infila in una tasca vuota
dove saranno dimenticati dal tempo.
Sassi
in attesa che un'onda benigna li copra
e dia loro la fresca pace di quell'attimo
prima di tornare ad essere sassi.
Sassi sull'arenile
in attesa di una carezza d'amore.