Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Marilù Rossi
in Poesie (Poesie d'Autore)

Non celare il segreto del tuo cuore

Non celare il segreto del tuo cuore,
amico mio.
Dillo a me, solo a me, in segreto.
Tu che sorridi tanto gentilmente,
sussurralo sommessamente,
il mio cuore l'udrà,
non le mie orecchie.

La notte è fonda,
la casa è silenziosa,
i nidi degli uccelli
son coperti di sonno.

Dimmi tra lacrime esitanti,
tra sorrisi titubanti,
tra dolore e dolce vergogna,
il segreto del tuo cuore.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Ti sei stancata di portare il mio peso

    Ti sei stancata di portare il mio peso
    ti sei stancata delle mie mani
    dei miei occhi della mia ombra
    dei miei tradimenti
    le mie parole erano incendi
    le mie parole erano pozzi profondi
    le mie parole erano stanchezza, noia serale,
    un giorno improvvisamente
    sentirai dentro di te
    il peso dei miei passi
    che si allontanano esitando
    quel peso sarà quello più grave.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La verità, vi prego, sull'amore

      Dicono alcuni che amore è un bambino
      e alcuni che è un uccello,
      alcuni che manda avanti il mondo
      e alcuni che è un'assurdità
      e quando ho domandato al mio vicino,
      che aveva tutta l'aria di sapere,
      sua moglie si è seccata e ha detto che
      non era il caso, no.

      Assomiglia a una coppia di pigiami
      o al salame dove non c'è da bere?
      Per l'odore può ricordare i lama
      o avrà un profumo consolante?
      È pungente a toccarlo, come un prugno
      o è lieve come morbido piumino?
      È tagliente o ben lischio lungo gli orli?
      La verità, vi prego, sull'amore.

      I manuali di storia ce ne parlano
      in qualche noticina misteriosa,
      ma è un argomento assai comune
      a bordo delle navi da crociera;
      ho trovato che vi si accenna nelle
      cronache dei suicidi
      e l'ho visto persino scribacchiato
      sul retro degli orari ferroviari.

      Ha il latrato di un alsaziano a dieta
      o il bum-bum di una banda militare?
      Si può farne una buona imitazione
      su una sega o uno Steinway da concerto?
      Quando canta alle este è un finimondo?
      Apprezzerà soltanto roba classica?
      Smetterà se si vuole un po' di pace?
      La verità grave, vi prego, sull'amore.

      Sono andato a guardare nel bersò
      lì non c'era mai stato;
      ho esportato il Tamigi a Maidenhead,
      e poi l'aria balsamica di Brighton.
      Non so che cosa mi cantasse il merlo,
      o che cosa dicesse il tulipano,
      ma non era nascosto nel pollaio
      e non era nemmeno sotto il letto.

      Sa fare delle smorfie straordinarie?
      Sull'altalena soffre di vertigini?
      Passerà tutto il suo tempo alle corse
      o strimpellando corde sbrindellate?
      Avrà idee personali sul denaro?
      È un buon patriota o mica tanto?
      Ne racconta di allegre, anche se spinte?
      La verità, vi prego, sull'amore.

      Quando viene, verrà senza avvisare,
      proprio mentre sto frugando il naso?
      Busserà la mattina alla mia porta
      o là sul bus mi pesterà un piede?
      Accedrà come quando cambia il tempo?
      Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
      Darà una svolta a tutta la mia vita?
      La verità, vi prego, sull'amore.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        A una in Paradiso

        Eri per me quel tutto, amore,
        per cui si struggeva la mia anima -
        una verde isola nel mare, amore,
        una fonte limpida, un'ara
        di magici frutti e fiori adornata:
        e tutti erano miei quei fiori.

        Ah, sogno splendido e breve!
        Stellata speranza, appena apparsa
        e subito sopraffatta!
        Una voce del Futuro mi grida
        "Avanti, avanti! " - ma è sul Passato
        (oscuro gugite! ) che la mia anima aleggia
        tacita, immobile, sgomenta!
        Perché mai più, oh, mai più per me
        risplenderà quella luce di Vita!
        Mai più - mai più - mai più -
        (è quel che il mare ripete
        alle sabbie del lido) - mai più
        rifiorirà un albero percosso dal fulmine,
        nè potrà più elevarsi un'aquila ferita.

        Vivo, trasognato, giorni estatici,
        e tutte le mie notturne visioni
        mi riportano ai tuoi grigi occhi di luce,
        a là dove tu stessa ti porti e risplendi,
        oh, in quali eteree danze,
        lungo rivi che scorrono perenni.
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          Scritta da: Eclissi
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Una poesia è una città

          Una poesia è una città piena di strade e tombini
          piena di santi, eroi, mendicanti, pazzi,
          piena di banalità e roba da bere,
          piena di pioggia e di tuono e di periodi
          di siccità, una poesia è una città in guerra,
          una poesia è una città che chiede a una pendola perché,
          una poesia è una città che brucia,
          una poesia è una città sotto le cannonate
          le sue sale da barbiere piene di cinici ubriaconi,
          una poesia è una città dove Dio cavalca nudo
          per le strade come Lady Godiva,
          dove i cani latrano di notte, e fanno scappare
          la bandiera; una poesia è una città di poeti,
          per lo più similissimi tra loro
          e invidiosi e pieni di rancore...
          una poesia è questa città adesso,
          cinquanta miglia dal nulla,
          le 9.09 del mattino,
          il gusto di liquore e delle sigarette,
          né poliziotti né innamorati che passeggiano per le strade,
          questa poesia, questa città, che serra le sue porte,
          barricata, quasi vuota,
          luttuosa senza lacrime, invecchiata senza pietà,
          i monti di roccia dura,
          l'oceano come una fiamma di lavanda,
          una luna priva di grandezza,
          una musichetta da finestre rotte...

          una poesia è una città, una poesia è una nazione,
          una poesia è il mondo...

          e ora metto questo sotto vetro
          perché lo veda il pazzo direttore,
          e la notte è altrove
          e signore grigiastre stanno in fila,
          un cane segue l'altro fino all'estuario,
          le trombe annunciano la forca
          mentre piccoli uomini vaneggiano di cose
          che non possono fare.
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            Scritta da: mor-joy
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Senza di te

            Non posso esistere senza di te.
            Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
            la mia vita sembra che si arresti lì,
            non vedo più avanti.
            Mi hai assorbito.
            In questo momento ho la sensazione
            come di dissolvermi:
            sarei estremamente triste
            senza la speranza di rivederti presto.
            Avrei paura a staccarmi da te.
            Mi hai rapito via l'anima con un potere
            cui non posso resistere;
            eppure potei resistere finché non ti vidi;
            e anche dopo averti veduta
            mi sforzai spesso di ragionare
            contro le ragioni del mio amore.
            Ora non ne sono più capace.
            Sarebbe una pena troppo grande.
            Il mio Amore è egoista.
            Non posso respirare senza di te.
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              Scritta da: Rosarita De Martino
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Ti auguro un'oasi di pace

              La strada vi venga sempre dinanzi
              e il vento vi soffi alle spalle
              e la rugiada bagni sempre l'erba
              cui cui poggiate i passi.
              E il sorriso brilli sempre
              sul vostro volto.
              E il pianto che spunta
              sui vostri occhi
              sia solo pianto di felicità.
              E qualora dovesse trattarsi
              di lacrime di amarezza e di dolore,
              ci sia sempre qualcuno
              pronto ad asciugarvele.
              Il sole entri a brillare
              prepotentemente nella vostra casa,
              a portare tanta luce,
              tanta speranza e tanto calore.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Canto notturno di un pastore errante dell'Asia

                Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
                Silenziosa luna?
                Sorgi la sera, e vai,
                Contemplando i deserti; indi ti posi.
                Ancor non sei tu paga
                Di riandare i sempiterni calli?
                Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
                Di mirar queste valli?
                Somiglia alla tua vita
                La vita del pastore.
                Sorge in sul primo albore;
                Move la greggia oltre pel campo, e vede
                Greggi, fontane ed erbe;
                Poi stanco si riposa in su la sera:
                Altro mai non ispera.
                Dimmi, o luna: a che vale
                Al pastor la sua vita,
                La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
                Questo vagar mio breve,
                Il tuo corso immortale?
                Vecchierel bianco, infermo,
                Mezzo vestito e scalzo,
                Con gravissimo fascio in su le spalle,
                Per montagna e per valle,
                Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
                Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
                L'ora, e quando poi gela,
                Corre via, corre, anela,
                Varca torrenti e stagni,
                Cade, risorge, e più e più s'affretta,
                Senza posa o ristoro,
                Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
                Colà dove la via
                E dove il tanto affaticar fu volto:
                Abisso orrido, immenso,
                Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
                Vergine luna, tale
                È la vita mortale.
                Nasce l'uomo a fatica,
                Ed è rischio di morte il nascimento.
                Prova pena e tormento
                Per prima cosa; e in sul principio stesso
                La madre e il genitore
                Il prende a consolar dell'esser nato.
                Poi che crescendo viene,
                L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
                Con atti e con parole
                Studiasi fargli core,
                E consolarlo dell'umano stato:
                Altro ufficio più grato
                Non si fa da parenti alla lor prole.
                Ma perché dare al sole,
                Perché reggere in vita
                Chi poi di quella consolar convenga?
                Se la vita è sventura
                Perché da noi si dura?
                Intatta luna, tale
                È lo stato mortale.
                Ma tu mortal non sei,
                E forse del mio dir poco ti cale.
                Pur tu, solinga, eterna peregrina,
                Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
                Questo viver terreno,
                Il patir nostro, il sospirar, che sia;
                Che sia questo morir, questo supremo
                Scolorar del sembiante,
                E perir dalla terra, e venir meno
                Ad ogni usata, amante compagnia.
                E tu certo comprendi
                Il perché delle cose, e vedi il frutto
                Del mattin, della sera,
                Del tacito, infinito andar del tempo.
                Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
                Rida la primavera,
                A chi giovi l'ardore, e che procacci
                Il verno cò suoi ghiacci.
                Mille cose sai tu, mille discopri,
                Che son celate al semplice pastore.
                Spesso quand'io ti miro
                Star così muta in sul deserto piano,
                Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
                Ovver con la mia greggia
                Seguirmi viaggiando a mano a mano;
                E quando miro in cielo arder le stelle;
                Dico fra me pensando:
                A che tante facelle?
                Che fa l'aria infinita, e quel profondo
                Infinito seren? Che vuol dir questa
                Solitudine immensa? Ed io che sono?
                Così meco ragiono: e della stanza
                Smisurata e superba,
                E dell'innumerabile famiglia;
                Poi di tanto adoprar, di tanti moti
                D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
                Girando senza posa,
                Per tornar sempre là donde son mosse;
                Uso alcuno, alcun frutto
                Indovinar non so. Ma tu per certo,
                Giovinetta immortal, conosci il tutto.
                Questo io conosco e sento,
                Che degli eterni giri,
                Che dell'esser mio frale,
                Qualche bene o contento
                Avrà fors'altri; a me la vita è male.
                O greggia mia che posi, oh te beata,
                Che la miseria tua, credo, non sai!
                Quanta invidia ti porto!
                Non sol perché d'affanno
                Quasi libera vai;
                Ch'ogni stento, ogni danno,
                Ogni estremo timor subito scordi;
                Ma più perché giammai tedio non provi.
                Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
                Tu sè queta e contenta;
                E gran parte dell'anno
                Senza noia consumi in quello stato.
                Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
                E un fastidio m'ingombra
                La mente, ed uno spron quasi mi punge
                Sì che, sedendo, più che mai son lunge
                Da trovar pace o loco.
                E pur nulla non bramo,
                E non ho fino a qui cagion di pianto.
                Quel che tu goda o quanto,
                Non so già dir; ma fortunata sei.
                Ed io godo ancor poco,
                O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
                Se tu parlar sapessi, io chiederei:
                Dimmi: perché giacendo
                A bell'agio, ozioso,
                S'appaga ogni animale;
                Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
                Forse s'avess'io l'ale
                Da volar su le nubi,
                E noverar le stelle ad una ad una,
                O come il tuono errar di giogo in giogo,
                Più felice sarei, dolce mia greggia,
                Più felice sarei, candida luna.
                O forse erra dal vero,
                Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
                Forse in qual forma, in quale
                Stato che sia, dentro covile o cuna,
                È funesto a chi nasce il dì natale.
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                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Xenia (da satura)

                  Dicono che la mia
                  sia una poesia d'inappartenenza.
                  Ma s'era tua era di qualcuno:
                  di te che non sei più forma, ma essenza.
                  Dicono che la poesia al suo culmine
                  magnifica il Tutto in fuga,
                  negano che la testuggine
                  sia più veloce del fulmine.
                  Tu sola sapevi che il moto
                  non è diverso dalla stasi,
                  che il vuoto è il pieno e il sereno
                  è la più diffusa delle nubi.
                  Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
                  imprigionata tra le bende e i gessi.
                  Eppure non mi dà riposo
                  sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
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