Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Carmine Carmine
in Poesie (Poesie d'Autore)

Una sfida alle tenebre

Colpito in un occhio
colpito nel cervello
colpito nel culo
colpito come un fiore che sta danzando

Meravigliandomi per come la morte vinca senza fatica
meravigliandomi per come si presti fede a stupide forme di vita

Meravigliandomi per come il riso venga soffocato
meravigliandomi per come il vizio sia così una costante

Devo in fretta dichiarare una mia guerra alla loro guerra
devo aggrapparmi al mio ultimo pezzo di suolo
devo proteggere il piccolo spazio che mi sono ritagliato e che mi ha permesso di vivere

La mia vita non la loro morte
la mia morte non la loro morte...
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    Scritta da: Andrew Ricooked
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Un albero, una strada, un rospo

    Un tavolo da 7, tutti
    che ridono forte, senza smetter,
    in modo quasi assordante,
    ma non c'è gioia nella loro
    risata, sembra
    meccanica.
    Finzione e falsità
    avvelenano l'aria.
    Sembra che gli altri avventori non lo
    notino.
    Sono asfissiato dalle risate,
    le viscere, il cervello, la mia coscienza,
    mi vanno di traverso.
    Sogno di prendere una postola, di
    avvicinarmi al tavolo
    e di far saltare le loro teste,
    una dopo l'altra.
    Naturalmente, questo mi renderebbe
    ancora più colpevole di
    loro.
    Eppure, continuo a fantasticare e
    poi capisco che pretendo
    troppo.
    Avrei già dovuto capire
    da un pezzo che è così
    e basta:
    che dappertutto ci sono tavoli da 2,
    3,7, 10 o anche più
    con gente
    che ride senza motivo e
    senza gioia,
    che ride per niente senza
    trasporto,
    e che questa è una parte inevitabile
    di tutto,
    come un albero, una strada, un rospo.

    Ordino ancora da bere e
    decido di non ucciderli, nemmeno
    nella mia immaginazione.

    Decido, invece, che sono un
    uomo davvero fortunato:
    il tavolo è a 7 metri di distanza.
    Potrei essere a quel tavolo, seduto
    con loro,
    vicino alle loro bocche,
    vicino ai loro occhi e alle loro orecchie
    e alle loro mani,
    e sentire realmente la conversazione
    che provoca le loro risate
    senza gioia.
    Mi sono già trovato in molte situazioni simili
    ed è stata una dura croce,
    davvero.

    Così, mi accontento della mia buona sorte
    ma non posso fare a meno di chiedermi
    se al mondo sia rimasto un angolo
    con un tavolo da 7 dove
    si provano sentimenti autentici,
    dove c'è
    una bella risata vera.
    Spero di si.
    Devo sperare di si.
    Composta domenica 3 gennaio 2010
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      Scritta da: Antonio Dati
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      È Natale

      È Natale!

      È Natale ogni volta
      che sorridi a un fratello
      e gli tendi la mano.
      È Natale ogni volta
      che rimani in silenzio
      per ascoltare l'altro.
      È Natale ogni volta
      che non accetti quei principi
      che relegano gli oppressi
      ai margini della società.
      È Natale ogni volta
      che speri con quelli che disperano
      nella povertà fisica e spirituale.
      È Natale ogni volta
      che riconosci con umiltà
      i tuoi limiti e la tua debolezza.
      È Natale ogni volta
      che permetti al Signore
      di rinascere per donarlo agli altri.
      Composta lunedì 20 dicembre 2010
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        Scritta da: goccia di miele
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il sogno

        La notte impone a noi la sua fatica
        magica. Disfare l'universo,
        le ramificazioni senza fine
        di effetti e di cause che si perdono
        in quell'abisso senza fondo, il tempo.
        La notte vuole che stanotte oblii
        il tuo nome, i tuoi avi e il tuo sangue,
        ogni parola umana ed ogni lacrima,
        ciò che poté insegnarti la tua veglia,
        l'illusorio punto dei geometri,
        la linea, il piano, il cubo, la piramide,
        il cilindro, la sfera, il mare, le onde,
        la guancia sul cuscino, la freschezza
        del lenzuolo nuovo...
        Gli imperi, i Cesari e Shakespeare
        e, ancora più difficile, ciò che ami.
        Curiosamente, una pastiglia può
        svanire il cosmo e costruire il caos.
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          Scritta da: Pedra
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Liguria

          Scarsa lingua di terra che orla il mare,
          chiude la schiena arida dei monti;
          scavata da improvvisi fiumi; morsa
          dal sale come anello d'ancoraggio;
          percossa dalla farsa; combattuta
          dai venti che ti recano dal largo
          l'alghe e le procellarie
          - ara di pietra sei, tra cielo e mare
          levata, dove brucia la canicola
          aromi di selvagge erbe.
          Liguria,
          l'immagine di te sempre nel cuore,
          mia terra, porterò, come chi parte
          il rozzo scapolare che gli appese
          lagrimando la madre.
          Ovunque fui
          nelle contrade grasse dove l'erba
          simula il mare; nelle dolci terre
          dove si sfa di tenerezza il cielo
          su gli attoniti occhi dei canali
          e van femmine molli bilanciando
          secchi d'oro sull'omero - dovunque,
          mi trapassò di gioia il tuo pensato
          aspetto.

          Quanto ti camminai ragazzo! Ad ogni
          svolto che mi scopriva nuova terra,
          in me balzava il cuore di Caboto
          il dì che dal malcerto legno scorse
          sul mare pieno di meraviglioso
          nascere il Capo.

          Bocconi mi buttai sui tuoi fonti,
          con l'anima e i ginocchi proni, a bere.
          Comunicai di te con la farina
          della spiga che ti inazzurra i colli,
          dimenata e stampata sulla madia,
          condita dall'olivo lento, fatta
          sapida dal basilico che cresce
          nella tegghia e profuma le tue case.
          Nei porti delle tue città cercai,
          nei fungai delle tue case, l'amore,
          nelle fessure dei tuoi vichi.
          Bevvi
          alla frasca ove sosta il carrettiere,
          nella cantina mucida, dal gotto
          massiccio, nel cristallo
          tolto dalla credenza, il tuo vin aspro
          - per mangiare di te, bere di te,
          mescolare alla tua vita la mia
          caduca.
          Marchio d'amore nella carne, varia
          come il tuo cielo ebbi da te l'anima,
          Liguria, che hai d'inverno
          cieli teneri come a primavera.
          Brilla tra i fili della pioggia il sole,
          bella che ridi
          e d'improvviso in lagrime ti sciogli.
          Da pause di tepido ingannate,
          s'aprono violette frettolose
          sulle prode che non profumeranno.

          Le petraie ventose dei tuoi monti,
          l'ossame dei tuoi greti;
          il tuo mare se vi trascina il sole
          lo strascico che abbaglia o vi saltella
          una manciata fredda di zecchini
          le notti che si chiamano le barche;
          i tuoi docili clivi, tocchi d'ombra
          dall'oliveto pallido, canizie
          benedicente a questa atroce terra:
          - aspri o soavi, effimeri od eterni,
          sei tu, terra, e il tuo mare, i soli volti
          che s'affacciano al mio cuore deserto.

          Io pagano al tuo nume sacrerei,
          Liguria, se campassi della rete,
          rosse triglie nell'alga boccheggianti;
          o la spalliera di limoni al sole,
          avessi l'orto; il testo di garofani,
          non altro avessi:
          i beni che tu doni ti offrirei.
          L'ultimo remo, vecchio marinaio
          t'appenderei.

          Chè non giovano, a dir di te, parole:
          il grido del gabbiano nella schiuma
          la collera del mare sugli scogli
          è il solo canto che s'accorda a te.

          Fossi al tuo sole zolla che germoglia
          il filuzzo dell'erba. Fossi pino
          abbrancato al tuo tufo, cui nel crine
          passa la mano ruvida aquilone.
          Grappolo mi cocessi sui tuoi sassi.
          Composta mercoledì 30 novembre 1921
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            Scritta da: 164gio51vi
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Una carogna

            Ricordi tu l'oggetto, anima mia, che vedemmo quel mattino d'estate così dolce? Alla svolta d'un sentiero un'infame carogna sopra un letto di sassi,
            le gambe all'aria, come una femmina impudica, bruciando e sudando i suoi veleni, spalancava, con noncuranza e cinismo, il suo ventre pieno d'esalazioni.
            Il sole dardeggiava su quel marciume come volendolo cuocere interamente, rendendo centuplicato alla Natura quanto essa aveva insieme mischiato;
            e il cielo contemplava la carcassa superba sbocciare come un fiore. Il puzzo era tale che tu fosti per venir meno sull'erba.
            Le mosche ronzavano sul ventre putrido donde uscivano neri battaglioni di larve colanti come un liquame denso lungo gli stracci della carne.
            Tutto discendeva e risaliva come un'onda, o si slanciava brulicando: si sarebbe detto che il corpo gonfio d'un vuoto soffio, vivesse moltiplicandosi.
            E tutto esalava una strana musica, simile all'acqua corrente o al vento, o al grano che il vagliatore con ritmico movimento agita e volge nel vaglio.
            Le forme si cancellavano riducendosi a puro sogno: schizzo, lento a compiersi, sulla tela (dimenticata) che l'artista condurrà a termine a memoria.
            Dietro le rocce una cagna inquieta ci guardava con occhio offeso, spiando il momento in cui riprendere allo scheletro il brano abbandonato.
            - Eppure tu sarai simile a quell'immondizia, a quell'orribile peste, stella degli occhi miei, sole della mia natura, mia passione, mio angelo!
            Sì, tu, regina delle grazie, sarai tale dopo l'estremo sacramento, allora che, sotto l'erba e i fiori grassi, andrai a marcire fra le ossa.
            Allora, o bella, dillo, ai vermi che ti mangeranno di baci, che io ho conservato la forma e l'essenza divina di tutti i miei decomposti amori.
            Composta martedì 13 dicembre 2011
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