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in Poesie (Poesie d'Autore)

I tuoi occhi

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all'ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
sono cosi, le spighe, di primo mattino;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno han perso il loro sole;

i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscano un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
Così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.

I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Chiesa veneziana

    Così, da sempre, come una memoria
    che mai giunge a sbiadirsi, che mai
    perde
    la traccia immaginosa, questa storia
    di pietra e d'acqua, di laguna verde,

    tratteggiata dai neri colombari
    delle mura, da lapidi di rosa,
    s'è fatta chiesa aperta agli estuari,
    all'incrocio dei venti. Non riposa

    mai tomba che non veda la sua morte
    frangersi ancora contro il nero eterno.
    E le gondole, battono alle porte
    i lugubri mareggi dell'inverno.
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      Scritta da: Cheope
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      La partita di calcio

      Boccaccio era il portiere,
      il gran portiere giallo
      della squadra del quartiere.
      Stava all’erta come un gallo

      sulla porta del campetto
      alla periferia.
      Diceva: "Qua sul petto,
      ed ogni palla è mia".

      Ma quel giorno, chi lo sa,
      sbuca di qua sbuca di là
      - Boccaccio attento! - pa pa
      la palla è in rete. "Ma va,
      ma va, Boccaccio, è uno".

      Attento, di qua di là,
      passa non passa, tira.
      Boccaccio si rigira;
      si tuffa - passerà?-
      "Qui non passa nessuno",
      ma la palla è nel sacco.

      E son due. Lo smacco,
      i fischi, e poi sotto...
      "Salta a pugno, Boccaccio,
      ma non la vedi dov’è,
      salta, salta"... E son tre.

      E quattro e cinque e sei.
      - Boccaccio dove sei?-
      E sette e otto e nove
      e piove e piove e piove
      con grandine e con tuoni.  
      Quattordici palloni
      nella rete di Boccaccio
      poveretto poveraccio,
      bianco come uno straccio
      col berretto da fantino
      ubriaco senza vino.

      Quanti fischi! e poi "cretino",
      "pastafrolla", "posapiano",
      "tappabuchi", "moscardino!"
      Oh, quel povero Boccaccio
      nella furia del baccano
      si strappava i suoi capelli
      e la folla dai cancelli
      gli gridava: "Ancora, ancora".

      Tutti tutti, ad uno ad uno
      si strappò capelli e baffi
      e poi schiaffi sopra schiaffi
      si ridette per lezione.
      Restò lì con la sua testa
      tonda, liscia come palla.
      "Oh, son quindici con questa
      - gli gridò dietro la folla -
      tappabuchi, pastafrolla
      vai a guardia d’un portone!"

      E difatti il buon Boccaccio
      col berretto e col gallone,
      mani pronte e spazzolone,
      oggi è a guardia d’un portone
      dove passano persone
      che fermare egli non può,
      dieci venti cento e più.
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        Scritta da: Lucio Dusso
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Cum subit illius tristissima noctis imago,
        Quae mihi supremum tempus in Urbe fruit;
        Cum repecto noctem, qua tot mihi cara reliqui;
        Labitur ex oculis nunc quoque gutta meis.
        Iamque quiscebant voces hominunque canumque;
        Lunaque nocturnos alta regebat equos.
        Hanc ego suspiciens, et ab hac Capitolia cernens.
        Quae nostro frustra iuncta fuere Lari.

        Quando risorge in me la tristissima immagine di quella notte
        che fu l'ultima ora a me concessa in Roma,
        quando rivivo la notte in cui lasciai tante cose care,
        qualche lacrima ancora mi scorre dagli occhi.
        E già le voci degli uomini e dei cani tacevano;
        e la luna alta nel cielo reggeva i cavalli notturni.
        Io la guardavo lassù, e poi guardavo i templi capitolini, che inutilmente furono vicini al nostro Lare.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Epitaffio

          Qui giace come virgola antiquata
          l'autrice di qualche poesia. La terra l'ha degnata
          dell'eterno riposo, sebbene la defunta
          dai gruppi letterari stesse ben distante.
          E anche sulla tomba di meglio non c'è niente
          di queste poche rime, d'un gufo e la bardana.
          Estrai dalla borsa il tuo personal, passante,
          e sulla sorte di Szymborska medita un istante.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            La lettura di poesia

            Pieno pomeriggio
            in un college vicino al mare
            sobrio
            col sudore che mi cola sulle braccia,
            una goccia di sudore sul tavolo,
            l'asciugo col dito,
            per i soldi per i soldi
            mio dio penseranno che adoro tutto questo come gli altri
            mentre è per il pane e la birra e l'affitto
            per i soldi,
            sono teso faccio schifo mi sento male
            poveracci che fiasco, che disastro.

            Una donna si alza,
            esce
            sbatte la porta.

            Una poesia sconcia
            me l'avevano detto di non leggere poesie sconce
            qui
            troppo tardi.

            I miei occhi non vedono alcune righe,
            le leggo
            fino alla fine -
            disperato, tremante,
            che schifezza.

            Non possono sentire la mia voce
            e io dico
            basta, è finita, sono
            rovinato.

            E più tardi in camera mia
            trovo birra e scotch:
            il sangue d'un codardo.

            Questo dunque
            sarà il mio destino:
            scribacchiare per quattro soldi in stanze semibuie
            leggere poesie di cui da un pezzo mi sono
            stancato.

            E una volta credevo
            che gli uomini che guidano l'autobus
            o puliscono le latrine
            o ammazzano altri uomini nei vicoli
            fossero degli idioti.
            Composta mercoledì 25 settembre 2013
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              Perchè ti amo

              Perché ti amo, di notte son venuto da te così impetuoso e titubante e tu non mi potrai più dimenticare l'anima tua son venuto a rubare.
              Ora lei è mia - del tutto mi appartiene nel male e nel bene, dal mio impetuoso e ardito amare nessun angelo ti potrà salvare.
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