Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Sera Festiva

O mamma, o mammina, hai stirato
la nuova camicia di lino?
Non c'era laggiù tra il bucato,
sul bossolo o sul biancospino.
Su gli occhi tu tieni le mani...
Perché? Non lo sai che domani...?
din don dan, din don dan.
Si parlano i bianchi villaggi
cantando in un lume di rosa:
dell'ombra dè monti selvaggi
si sente una romba festosa.
Tu tieni a gli orecchi le mani...
tu piangi; ed è festa domani...
din don dan, din don dan.
Tu pensi... Oh! Ricordo: la pieve...
quanti anni ora sono? Una sera...
il bimbo era freddo, di neve;
il bimbo era bianco, di cera:
allora sonò la campana
(perché non pareva lontana? )
din don dan, din don dan.
Sonavano a festa, come ora,
per l'angiolo; il nuovo angioletto
nel cielo volava a quell'ora;
ma tu lo volevi al tuo petto,
con noi, nella piccola zana:
gridavi; e lassù la campana...
din don dan, din don dan.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Come posso ritrovare la mia pace (Sonetto 28)

    Come posso ritrovare la mia pace
    se il ristoro del sonno mi è negato?
    Se l'affanno del giorno non riposa nella notte
    ma giorno da notte è oppresso e notte da giorno?
    Ed entrambi, anche se l'un l'altro ostili,
    d'accordo si dan mano solo per torturarmi
    l'uno con la fatica, l'altra con l'angoscia
    di esser da te lontano, sempre più lontano.
    Per cattivarmi il giorno gli dico che sei luce
    e lo abbellisci se nubi oscurano il suo cielo:
    così pur blandisco la cupa notte dicendo
    che tu inargenti la sera se non brillano stelle.
    Ma il giorno ogni giorno prolunga le mie pene
    e la notte ogni notte fa il mio dolor più greve.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Il tempo perso

      Sulla porta dell'officina
      d'improvviso si ferma l'operaio
      la bella giornata l'ha tirato per la giacca
      e non appena volta lo sguardo
      per osservare il sole
      tutto rosso tutto tondo
      sorridente nel suo cielo di piombo
      fa l'occhiolino
      familiarmente
      Dimmi dunque compagno Sole
      davvero non ti sembra
      che sia un po' da coglione
      regalare una giornata come questa
      ad un padrone?
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Dono di versi

        Ti reco questo figlio d'una notte idumea!
        Nera, spiumata, pallido sangue all'ala febea,
        Pel vetro che d'aromi fiammeggianti si dora,
        Per le finestre, ahimé ghiacciate e fosche ancora,
        L'aurora si gettò sulla lampada angelica.
        Palme! E quando mostrò essa quella reliquia
        Al padre che nemico un sorriso tentò,
        L'azzurra solitudine inutile tremò.
        O tu che culli, con la bimba e l'innocenza
        Dei vostri piedi freddi, accogli quest'orrenda
        Nascita: ed evocando clavicembalo e viola,
        Premerai tu col vizzo dito il seno che cola
        La donna in sibillina bianchezza per la bocca
        Dall'azzurro affamata, dall'alta aria non tocca?
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il cielo

          Da qui si doveva cominciare: il cielo.
          Finestra senza davanzale, telaio, vetri.
          Un'apertura e nulla più,
          ma spalancata.

          Non devo attendere una notte serena,
          né alzare la testa,
          per osservare il cielo.
          L'ho dietro a me, sottomano e sulle palpebre.
          Il cielo mi avvolge ermeticamente
          e mi solleva dal basso.

          Perfino le montagne più alte
          non sono più vicine al cielo
          delle valli più profonde.
          In nessun luogo ce n'è più
          che in un altro.
          La nuvola è schiacciata dal cielo
          inesorabilmente come la tomba.
          La talpa è al settimo cielo
          come il gufo che scuote le ali.
          La cosa che cade in un abisso
          cade da cielo a cielo.

          Friabili, fluenti, rocciosi,
          infuocati e aerei,
          distese di cielo, briciole di cielo,
          folate e cumuli di cielo.
          Il cielo è onnipresente
          perfino nel buio sotto la pelle.

          Mangio cielo, evacuo cielo.
          Sono una trappola in trappola,
          un abitante abitato,
          un abbraccio abbracciato,
          una domanda in risposta a una domanda.

          La divisione in cielo e terra
          non è il modo appropriato
          di pensare a questa totalità.
          Permette solo di sopravvivere
          a un indirizzo più esatto,
          più facile da trovare,
          se dovessero cercarmi.
          Miei segni particolari:
          incanto e disperazione.
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            Scritta da: Andrea De Candia
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Deh, se mai a un tocco d'angelo un bagliore
            cadesse in questo mare da una luna
            dove il mio io, corallo senza flettersi,
            dimora nei più verdi rami.

            Angoscia che mi affligge... Sconosciuto
            chi opera mi resta, una corrente
            che indugia, che mi supera, si perde,
            ostacoli la guidano e fondali.

            Da primordi insensibili di pietra
            si volgono creature a un tratto elette
            e sul silenzio eterno di ogni essere
            precipita il fragore di un evento.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              È bellissimo

              È bellissimo guardare fuori mentre piove.
              Piovono pugni dal cielo e lacrime sudate.
              Tutti fuggono cercando riparo, molti riparano nella fuga.
              La ragione si da ai pazzi, forse perché hanno ragione.
              Il mio torto è il buonumore, non riesco ad alzarmi dal letto senza cantare,
              non riesco ad uscire di casa senza sorridere.
              Mi piace pensare positivo, sorseggiare una birra fresca,
              guardare indietro e vedere il futuro.
              Sentirmi un evaso all'ora dell'aperitivo.
              È bellissimo andare a dormire mentre la città si sveglia.
              Le valigie sono piene di sogni e i treni pieni di rassegnazione.
              Il mio torto è la ragione e la ragione mi dice di seguire l'istinto.
              Non riesco ad alzarmi dal letto senza di te,
              non riesco ad uscire di casa senza tornarci.
              Fuori continua a piovere, mentre il cielo schiarisce,
              ed è bellissimo.
              È bellissimo.
              Composta venerdì 22 marzo 2013
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                Scritta da: Phantastica
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Timor di me?

                Oh, un terribile timore;
                La lietezza esplode
                Contro quei vetri al buio
                Ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce
                È un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere -
                Dietro, sotto il riquadro del cielo annerito
                Riapparizione ctonia!
                Non scherzo: ché tu hai esperienza
                Di un luogo che non ho mai esplorato,
                UN VUOTO NEL COSMO
                È vero che la mia terra è piccola
                Ma ho sempre affabulato sui luoghi inesplorati
                Con una certa lietezza, quasicché non fosse vero
                Ma tu ci sei, qui, in voce
                La luna è risorta;
                le acque scorrono;
                il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata
                finisce contro gli alti cornicioni e il nero del cielo
                Chi c'è, in quel VUOTO DEL COSMO,
                che tu porti nei tuoi desideri e conosci?
                C'è il padre, sì, lui!
                Tu credi che io lo conosca? Oh, come ti sbagli;
                come ingenuamente dai per certo ciò che non lo è affatto;
                fondi tutto il discorso, ripreso qui, cantando,
                su questa presunzione che per te è umile
                e non sai invece quanto sia superba
                essa porta in sé i segni della volontà mortale della maggioranza -
                L'occhio ilare di me mai disceso agli Inferi,
                ombra infernale vagolante
                nasconde
                E tu ci caschi
                Tu conosci di ciò che è realtà solo quell'Uomo Adulto
                Ossia ciò che si deve conoscere;
                lei, la Donna Adulta, stia all'Inferno
                o nell'Ombra che precede la vita
                e di là operi pure i suoi malefizi, i suoi incantesimi;
                odiala, odiala, odiala;
                e se tu canti e nessuno ti sente, sorridi
                semplicemente perché, per ora, intanto, sei vittoriosa -
                in voce come una giovane figlia avida
                che però ha sperimentato dolcezza;
                Parigi calca dietro alle tue spalle un cielo basso
                Con la trama dei rami neri; ormai classici;
                questa è la storia -
                Tu sorridi al Padre -
                Quella persona di cui non ho alcuna informazione,
                che ho frequentato in un sogno che evidentemente non ricordo -
                strano, è da quel mostro di autorità
                che proviene anche la dolcezza
                se non altro come rassegnazione e breve vittoria;
                accidenti, come l'ho ignorato; così ignorato da non saperne niente -
                cosa fare?

                Tu doni, spargi doni, hai bisogno di donare,
                ma il tuo dono te l'ha dato Lui, come tutto;
                ed è Nulla il dono di Nessuno;
                io fingo di ricevere;
                ti ringrazio, sinceramente grato;
                Ma il debole sorriso sfuggente
                non è di timidezza
                è lo sgomento, più terribile, ben più terribile
                di avere un corpo separato, nei regni dell'essere - se è una colpa
                se non è che un incidente:
                ma al posto dell'Altro
                per me c'è un vuoto nel cosmo
                un vuoto nel cosmo
                e da là tu canti.
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