Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

Perché hai nome tu?

Perché hai nome tu,
giorno, mercoledì?
Perché hai nome tu,
stagione, autunno?
Allegria, tristezza, sempre
perché avete nome: amore?

Se tu non avessi nome
io non saprei che cos'era
né come, né quando. Nulla.

Sa il mare come si chiama,
di essere il mare? Sanno i venti
i loro nomi, del sud
e del nord, oltre
che di essere puro soffio?
Se tu non avessi nome,
tutto sarebbe primo,
iniziale, tutto scoperto
da me,
puro fino al mio bacio.
Godimento, amore: delizia lenta
di godere, di amare, senza nome.

Nome: pugnale conficcato
nel mezzo di un petto puro
che sarebbe nostro sempre
se non fosse per il suo nome.
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    Che allegria, vivere!

    Che allegria, vivere
    e sentirsi vissuto.
    Arrendersi
    alla grande certezza, oscuramente,
    che un altro essere, fuori di me, molto lontano
    mi sta vivendo.
    Che quando gli specchi, le spie,
    mercurio, anime brevi, confermano
    che sono qui, io, immobile,
    serrati gli occhi e le labbra,
    chiuso dall'amore
    della luce, del fiore e dei nomi,
    la verità transvisibile è che cammino
    senza i miei passi, con altri,
    là lontano, e lì
    sto baciando fiori, luci, parlo.
    Che esiste un altro essere con cui io guardo il mondo
    perché sta amandomi con i suoi occhi.
    Che esiste un'altra voce con cui io dico cose
    non sospettate dal mio gran silenzio;
    ed è che anche mi ama con la sua voce.
    La via – che slancio ora! -, ignoranza
    degli atti miei, che lei compie,
    in cui lei vive, duplice, sua e mia.
    E quando lei mi parlerà
    di un cielo scuro, di un paesaggio bianco,
    ricorderò
    stelle che non ho visto, che lei guardava,
    e neve che nevicava nel suo cielo.
    Con la strana delizia di ricordare
    di aver toccato ciò che non toccai
    se non con quelle mani
    che non raggiungo con le mie, tanto distanti.
    E spogliato di sé potrà il mio corpo
    riposare, tranquillo, morto ormai. Morire
    nella certezza alta
    che questo viver mio non era solo
    il mio vivere: era il nostro. E che mi vive
    un altro essere di là della non morte.
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      Sì, tutto è eccesso

      Sì, tutto con eccesso:
      la luce, la vita, il mare!
      Plurale tutto, plurale,
      luci, vite e mari.
      Che salgano, che ascendano
      da dozzine a centinaia,
      da centinaia a migliaia,
      in un'esultante
      ripetizione infinita,
      del tuo amore, unità.
      Tavole, penne e macchine,
      tutto corra a moltiplicare,
      carezza per carezza,
      abbraccio per vulcano.
      Bisogna stancare i numeri.
      Che contino senza posa,
      si ubriachino contando,
      e che non sappiano più
      l'ultimo quale sarà:
      che vita senza termine!
      Una gran torma di zeri
      investa, nel passare,
      le nostre agili felicità,
      e le conduca alla vetta.
      Si spezzino le cifre,
      senza riuscire al calcolo
      né del tempo né dei baci.
      E ormai al di là
      di computi, di fati,
      abbandonarci alla cieca
      – quale penultimo eccesso! –
      al grande abisso del caso
      che irresistibilmente
      sta
      cantandoci con grida
      fulgide di futuro:
      "e questo non è niente.
      Cercate bene, c'è dell'altro".
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Che giorno incontaminato!

        Che giorno incontaminato!
        La spuma, di ora in ora,
        instancabilmente,
        bianca, bianca, bianca.
        Innocenti materie,
        i corpi e le rocce
        – dallo zenit totale
        mezzogiorno assoluto –
        stavano
        vivendo della luce,
        per la luce, nella luce.
        Ancora sconosciute
        la coscienza e l'ombra.
        Si tendeva una mano
        a cogliere una pietra,
        una nube, un fiore,
        un'ala.
        E si raggiungeva tutto,
        perché era prima
        delle distanze.
        Non sospettava il tempo
        di essere il tempo.
        Ci veniva accanto
        sottomesso ed elastico.
        Per vivere lentamente,
        in fretta, gli dicevamo:
        "fermati" o "mettiti a correre".
        Per vivere, vivere
        soltanto, tu gli dicevi:
        "vattene".
        E allora ci lasciava
        eterei a galleggiare
        nel puro vivere
        senza successione,
        salvati da motivi,
        da origini, da albe.
        Né volgere la testa
        né guardare lontano
        abbiamo saputo quel giorno
        tu ed io. Non ne avevamo
        bisogno. Baciarci, sì.
        Ma con labbra così remote
        dalla loro causa,
        che inauguravano tutto,
        bacio, amore, baciandosi,
        senza dover chiedere perdono
        a nessuno, a nulla.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Sperdutamente

          Sperdutamente amanti, per il mondo, amare! Che confusione senza pari! Quanti errori! Baciare volti invece di maschere amate. Universo in equivoci: minerali in fiore, che vogano nel cielo, sirene e coralli sulle nevi perenni, e nel fondo del mare, costellazioni ormai stanche, transfughe dalla gran notte orfana dove muoiono i palombari. Noi due. Che smarrimento! Questa strada, l'altra, quella? Le carte, false, scombussolando le rotte, giocano a farci smarrire, fra rischi senza faro. I giorni ed i baci sono in errore: non hanno termine dove dicono. Ma per amare dobbiamo imbarcarci su tutti i progetti che passano, senza chiedere nulla, pieni, pieni di fede nell'errore di ieri, di oggi, di domani, che non può mancare. Dell'allegria purissima di sbagliare e trovarci sulle soglie, sui margini tremuli di vittoria, senza voglia di vincere. Con il giubilo unico di vivere una vita innocente tra errori, e che non vuole altro che essere, amare, amarsi nell'immensa altezza di un amore che si ama ormai con tanto distacco da tutto ciò che non è lui, che si muove ormai al di sopra di trionfi o di sconfitte, ebbro nella pura gloria della sua certezza.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Amore, amore, catastrofe

            Amore, amore, catastrofe.
            Che inabissarsi del mondo!
            Un grande orrore di tetti
            schianta colonne, tempi;
            li cambia con cieli
            atemporali. Ci muoviamo
            tra le rovine
            di estati e di inverni
            travolti. Si estinguono
            i pesi e le norme.
            Tutta volta al indietro la vita
            si sta togliendo secoli,
            frenetica, di dosso;
            disfa, veloce, la trama
            del suo corso, lento prima;
            muore dall'ansia
            di cancellare la sua storia,
            di non essere altro che il puro
            desiderio di iniziarsi
            di nuovo. Il futuro
            si chiama ieri. Ieri
            occulto, segretissimo,
            che abbiamo scordato
            e che si deve riconquistare
            con l'anima e col sangue,
            dietro quegli altri
            ieri conosciuti.
            Indietro e sempre indietro!
            Ripiegare, smarriti,
            al interno, verso il domani!
            Che crolli tutto! Ormai
            lo sento appena.
            A forza di baciare stiamo
            inventando le rovine
            del mondo, per mano
            tu ed io
            nel grande crollo
            del fiore e dell'ordine.
            E fra contatti, fra abbracci,
            sento già la tua pelle
            che mi offre il ritorno
            al palpito iniziale,
            senza luce, prima del mondo,
            totale, senza forma, caos.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Paura. Di te. Amarti
              è il rischio più alto.
              Molteplici, la tua vita e tu.
              Ti ho, quella di oggi;
              ormai ti conosco, penetro
              in labirinti, facili
              grazie a te, alla tua mano.
              E i miei ora, sì.
              Però tu sei
              il tuo stesso più oltre,
              come la luce e il mondo:
              giorni, notti, estati,
              inverni che si succedono.
              Fatalmente, ti trasformi,
              e sei sempre tu,
              nel tuo stesso mutamento,
              con la fedeltà
              costante del mutare.

              Dimmi, potrò io vivere
              in quegli altri climi,
              o futuri, o luci
              che stai elaborando,
              come il frutto il suo succo,
              per un domani tuo?
              O sarò appena qualcosa
              nata per un giorno
              tuo il mio giorno eterno,
              per una primavera
              in me fiorita sempre,
              e non potrò più vivere
              quando giungeranno
              successive in te,
              inevitabilmente,
              le forze e i venti
              nuovi, le altre luci,
              che attendono già il momento
              di essere, in te, la tua vita?
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                È stato, accadde, è vero

                È stato, accadde, è vero.
                Fu in un giorno, fu una data
                che segna il tempo al tempo.
                Fu in luogo che io vedo.
                I suoi piedi toccavano il suolo
                questo stesso che tutti tocchiamo.
                Il suo vestito
                era simile ad altri
                che indossano altre donne.
                Il suo orologio
                sfogliava calendari,
                senza scordare un'ora:
                come contano gli altri.
                E quello che lei mi disse
                fu in una lingua del mondo,
                con grammatica e storia.
                Così vero
                che sembrava menzogna.

                No.
                Devo viverlo dentro,
                me lo devo sognare.
                Togliere il colore, il numero,
                il respiro tutto fuoco,
                con cui mi bruciò nel dirmelo.
                Mutare tutto in forse,
                in mero caso, sognandolo.
                Così, quando vorrà smentire
                ciò che mi disse allora,
                non mi morderà il dolore
                d'una felicità perduta
                che io tenni fra le braccia,
                come si tiene un corpo.
                Crederò di aver sognato.
                Che tutte quelle cose, così vere,
                non ebbero corpo, né nome.
                Che perdo
                un'ombra, un sogno ancora.
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                  Quello che sei

                  Quello che sei
                  mi distrae da quello che dici.
                  Lanci parole veloci,
                  pavesate di risa,
                  invitandomi
                  ad andare dove mi porteranno.
                  Non ti presto attenzione, non le seguo:
                  sto guardando
                  le labbra da cui sono nate.
                  Intanto guardi lontano.
                  Fissi lo sguardo laggiù,
                  non so in cosa, e già si precipita
                  a cercarlo la tua anima
                  affilata, come saetta.
                  Io non guardo dove guardi:
                  io ti vedo guardare.
                  E quando desideri qualcosa
                  non penso a quello che vuoi
                  né lo invidio: è il meno.
                  Ciò che ami oggi, lo desideri;
                  domani lo dimenticherai per un nuovo amore.
                  No.
                  Ti aspetto oltre qualsiasi fine o termine
                  in ciò che non deve succedere.
                  Io resto nel puro atto del tuo desiderio,
                  amandoti.
                  E non voglio altro
                  che vederti amare.
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                    Io di più non posso darti

                    Io di più non posso darti.
                    Non sono che quello che sono.
                    Ah, come vorrei essere
                    sabbia, sole, in estate!
                    Che tu ti distendessi
                    riposata a riposare.
                    Che andando via tu mi lasciassi
                    il tuo corpo, impronta tenera,
                    tiepida, indimenticabile.
                    E che con te se ne andasse
                    sopra di te, il mio bacio lento:
                    colore,
                    dalla nuca al tallone,
                    bruno.
                    Ah, come vorrei essere
                    vetro, tessuto, legno,
                    che conserva il suo colore
                    qui, il suo profumo qui,
                    ed è nato tremila chilometri lontano!
                    Essere
                    la materia che ti piace,
                    che tocchi tutti i giorni,
                    che vedi ormai senza guardare
                    intorno a te, le cose
                    - collana, profumi, seta antica -
                    di cui se senti la mancanza
                    domandi: ah, ma dov'è?.
                    ah, come vorrei essere
                    un'allegria fra tutte,
                    una sola,
                    l'allegria della tua allegria!
                    Un amore, un solo amore:
                    l'amore di cui tu ti innamorassi.
                    Ma
                    non sono che quello che sono.
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