Poesie d'Autore


Scritta da: Leonardo Cantoro
in Poesie (Poesie d'Autore)

Andate nei boschi

Andate nei boschi,
prendetevi del tempo per voi stessi.
Ampliate gli orizzonti.
Osservate ogni dettaglio.
Afferrate la terra sotto i vostri piedi
e "ascoltatene" il profumo,
perché la terra non si odora
ma si ascolta.
Abbracciate forte un albero
e parlate con lui.
Vi sorprenderete delle risposte
che riuscirà a darvi.
Sfiorate con le dita l'erba lungo il vostro cammino,
sarà la vostra compagna di viaggio.
Ascoltate il canto degli uccelli,
osservateli, studiateli.
Fate vostra la loro melodia.
Siate come loro, liberi ma fedeli.
Scegliete come loro un albero e fateci la vostra casa.
Perché casa è un dono, perché casa non significa avere delle mura,
casa è dove hai riposto te stesso
e le persone che ami.
Composta lunedì 9 marzo 2020
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    Scritta da: dantino
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Non fu così che poi finì
    quel torbido silenzio dell'amore, che ci condusse mano nella mano nell'oblio
    così distanti in quell'unione
    stupidamente vera
    stupidamente tu ed anche, stupidamente io
    che ci domanda ancora
    se fu il fato... oppure la paura
    oppure un sentimento troppo grande per dei fanciulli con le ali corte
    terrorizzati da un cielo di promesse
    da un vento della vita autoritario e sordo, avaro di certezze.
    Composta mercoledì 11 marzo 2020
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      Scritta da: dantino
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Dio è il più dolce dei bambini

      Discuto con Dio la mia detenzione, più spesso di quanto vi fosse bisogno. Quanto ancora ruberò il respiro alla natura, nell'umana ingratitudine? Non è mai bello discutere con Dio, ci vuole coraggio, vuole sempre aver ragione. Esiste un mondo dove saremo incapaci di soffrire e di renderci ostili? Esiste questo mondo, dove saremo capaci di viverci insieme senza la fame che ci conduce al male? A queste domande si sottrae, come il più dolce dei bambini.
      Composta mercoledì 11 marzo 2020
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Ah! Quante cose perdute!

        Ah! Quante cose perdute
        che perdute non erano.
        Tutte le serbavi tu.

        Minuti grani di tempo,
        che portò via un giorno il vento.
        Alfabeti nella spuma,
        che un giorno il mare travolse.
        Io li credevo perduti.

        E perdute le nubi
        che pretendevo fermare
        nel cielo
        fissandole con occhiate.
        E l'allegria alta
        dell'amore, e l'angoscia
        di non amare abbastanza,
        e l'ansia
        di amare, di amarti, di più.
        Tutto perduto, tutto
        nell'essere stato un tempo,
        nel non esistere più.

        E allora tu sei venuta
        dal buio, radiosa
        di giovane pazienza profonda,
        agile, perché non pesava
        sui tuoi fianchi snelli,
        sulle tue spalle nude,
        il passato che tu,
        così giovane, portavi per me.
        Ti guardavo alla luce dei baci
        vergini che mi hai dato,
        e tempi e spume
        e nubi e amori perduti
        furono salvi.
        Se da me fuggirono un giorno,
        non fu per morire
        nel nulla.
        In te continuavano a vivere.
        Ciò che io chiamavo oblio
        eri tu.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          No, non lasciate chiuse

          No, non lasciate chiuse
          le porte della notte,
          del fulmine, del vento,
          di ciò che mai si è visto.
          Restino aperte sempre
          esse, le ben note.
          E tutte, quelle ignote,
          che si aprono
          sui lunghi percorsi
          da tracciare, nell'aria,
          sulle rotte che stanno
          cercandosi un varco
          con volontà oscura
          e ancora non l'hanno trovato
          in punti cardinali.
          Mettete alti segnali,
          astri, meraviglie;
          che si veda chiaramente
          che è qui, che tutto
          desidera accoglierla.
          Perché può venire.
          Oggi o domani, o fra mille
          anni, o il giorno
          penultimo del mondo.
          E tutto
          deve essere così piano
          come la lunga attesa.

          Eppure so che è inutile.
          Che è un gioco mio, tutto,
          aspettarla così
          come folata o brezza,
          temendo che inciampi.
          Perché quando lei verrà
          sfrenata, implacabile,
          a raggiungere me,
          muraglie, nomi, tempi,
          si frangeranno tutti,
          travolti, penetrati
          irresistibilmente
          dalla gigante tempesta del suo amore,
          ormai presenta.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Che grande vigilia nel mondo!

            Che gran vigilia il mondo!
            Nulla era fatto.
            Né materia, né numeri,
            né astri, né secoli, nulla.
            Non era nero il carbone
            né tenera era la rosa.
            Nulla era nulla, ancora.
            Com'è ingenuo credere
            che fu il passato di altri
            e in altro tempo, ormai
            irrevocabile, sempre!
            No, il passato era nostro:
            e nemmeno aveva nome.
            Potevamo chiamarlo
            a nostro piacere: stella,
            colibrì, teorema,
            invece che "passato";
            togliergli il suo veleno.
            Un gran vento muoveva
            verso di noi miniere,
            continenti, motori.
            Di che, miniere? Vuote.
            Erano in attesa
            del nostro primo desiderio,
            per essere poi subito
            di rame, di papaveri.
            I porti, le città
            galleggiavano sul mondo,
            ancora senza un posto:
            aspettavano che tu
            dicessi loro: "qui",
            per lanciare le navi,
            le macchine, le feste.
            Macchine impazienti
            perché ancora senza meta;
            ché avrebbero fatto la luce
            se tu l'ordinavi,
            o le notti d'autunno
            se le volevi tu.
            I verbi, indecisi,
            ti guardavano negli occhi
            come cani fedeli,
            tremuli. Il tuo ordine
            avrebbe poi segnato
            il cammino, le azioni.
            Salire? Rabbrividiva
            la loro energia ignorante.
            Era forse andare verso l'alto
            "salire"? E andare verso dove
            era "discendere"?
            Con messaggi ad antipodi,
            ad astri, il tuo ordine
            avrebbe comunicato improvvisa
            coscienza del loro essere.
            Di volare o trascinarsi.
            Il grande mondo vuoto,
            inerte, innanzi a te
            stava: l'impulso
            lo avresti dato tu.
            E accanto a te, vacante,
            non nato ancora, in affanno,
            con gli occhi chiusi,
            il corpo già preparato
            per il dolore o il bacio.
            Con il sangue al suo posto,
            io, in attesa
            – ah, se non mi avessi guardato –
            che tu mi amassi
            e mi dicessi: "ora".
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Domani. La parola

              "Domani". La parola
              libera, vacante, senza peso,
              si muoveva nell'aria,
              così senz'anima e corpo,
              senza colore né bacio,
              che l'ho lasciata passare
              al mio fianco, nel mio oggi.
              Ma, all'improvviso tu
              hai detto: "io, domani..."
              e tutto si è animato
              di carne e di bandiere.
              Mi si precipitavano
              addosso le promesse
              di seicento colori,
              con vestiti alla moda
              nude, ma tutte
              ricolme di carezze
              in treni o gazzelle
              mi giungevano – acute,
              suoni di violini –
              snelle speranze
              di bocche verginali.
              O veloci e grandi
              come navi, di lontano,
              come balene
              da mari remoti
              immense speranze
              d'un amore senza termine.
              Domani! Che parola
              vibrante, tutta tesa
              di anima e carne rosata,
              corda dell'arco dove
              tu hai messo, acutissima,
              arma di venti anni,
              la freccia più sicura
              quando hai detto: "io..."
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Lì, oltre il sorriso

                Lì, oltre il sorriso,
                non ti si conosce più.
                Vai e vieni, scivoli
                per un mondo di valzer
                gelati, all'ingiù;
                e passando, i capricci,
                gli impulsi ti carpiscono
                baci senza vocazione,
                a te, la momentanea
                prigioniera dell'agevole.
                "Che allegra!" Dicono tutti.
                Ed è che tu allora
                tenti di essere altra,
                così somigliante
                a te stessa, che ho paura
                di perderti, così.

                Ti seguo. Attendo. So
                che quando non ti osservino
                gallerie né astri,
                quando il mondo crederà
                di sapere ormai chi sei
                e dirà: "sì, ora so",
                tu scioglierai,
                con le braccia in alto,
                dietro i capelli,
                il nodo, guardandomi.
                Senza rumore di cristallo
                cadrà per terra,
                maschera senza peso
                ormai inutile, il riso.
                E quando ti vedrai
                con l'amore che io ti tendo sempre
                come uno specchio ardente,
                tu riconoscerai
                un volto serio, grave,
                una sconosciuta
                alta, pallida e triste,
                la mia amata. Che mi ama
                al di là delle risa.
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