Poesie d'Autore


Scritta da: Davide Bidin
in Poesie (Poesie d'Autore)

L'Assolto

Allor che i miei buoni fratelli m'avevan due volte sepolto,
disse una voce: (io non so come e dove)
"Assolto. Mancanza assoluta di prove".
Si apersero tutte le porte, si apersero tutti i cancelli.
"Assolto!" Io sono "l'assolto" miei cari signori, e ora che sono fuori guardatemi bene in viso: ho ucciso?
"Assolto!"
È la mia professione, che intendo bene di sfruttare dal suo lato migliore.
"Assolto!"
Appena uscito mi accorsi subito qual era il miglior partito.
Fuggire? Nascondersi agli occhi della gente? Macché!
Sottrarsi alla sconcezza del dubbio ch'io rivesto? Macché!
Rivestirlo dignitosamente o con disinvoltura? Macché! Niente, niente!
Esibirsi, senza misura, generosamente.
Gli è perciò ch'io frequento le strade, il passeggio, i teatri, il caffè, come ogn'altr'uom non assolto: certe volte mi diverto poco... certe altre molto... né più né meno di lui o di te.
Si sa che color che incontrandomi intrecciavan col mio bei sorrisi, vedeste ora che visi...
che visi mi fanno!
E che voci sorprendo dai crocchi! Vedeste che occhi!
- Un innocente si scolpa.
- E un farabutto lo stesso.
- Ha taciuto, ecco tutto.
- Ha taciuto come un innocente.
- Ha taciuto come un farabutto!
- E gli errori?
- Questi sono gli errori, i delinquenti sono tutti fuori!
Entro per tempo in teatro, prendo possesso della mia poltrona con molto sussiego.
Mi volgo, mi chino, mi spiego; mi lascio ammirar giro giro con aria da Dio.
E se certi visi si spostano resta inflessibile il mio.
Per i primi venti minuti lo spettacolo lo do io. "Bella che stai puntandomi attraverso la lente dell'occhialino, dimmi, mio bel musino, mi desideri innocente, o mi desideri assassino?"
Un signore là indietro, dai posti distinti, macina lesto fra i denti: "sul trono, sul trono i briganti!"
E un altro: "guardate che ghigna stasera, facciaccia da galera!"
Quando s'alza il sipario divento anch'io un umile spettatore, come lui, negli antratti ritorno un poco attore, eppoi ancora spettatore come te, come tutti gli altri.
E se dopo all'uscita qualcuno mi aspetta, io esco pian pianino senza nessuna fretta.
Poi vado al caffè. Finché c'è gente sveglia nella città resto a sua disposizione, nessuno dev'essere defraudato nella legittima curiosità, sono un galantuomo nella mia professione.
E non crediate ch'io sia tardivo ad escir fuori al mattino, macché! bisogna pensare che il mattiniero ha gli stessi diritti del nottambulo cittadino.
"Assolto!" Può sembrar poco... e può sembrar di molto.
Guardatemi bene in viso: ho ucciso?
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    Scritta da: Anna De Santis
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    A mio padre 24 - maggio - 2011

    Non rendersi conto mai
    di quello che conta veramente
    quando cominci a perdere pezzi della tua vita
    ed ogni volta il cuore cede ed a brandelli
    ti ricorda che non siamo niente
    consolarsi per quello che ti ha dato
    questo padre tanto amato
    unico e sempre presente
    e come il giusto sempre, non muore mai
    sarà sempre qui nella mia vita e nella mente.
    Spero tu possa sentirmi
    non pensavo che sarebbe stato immenso
    e così profondo
    questo dolore che mi fà impazzire
    forse avrei potuto fare ed intervenire
    ma tu avevi voglia di vivere ed agire
    come più ti sembrava giusto
    e quando hai deciso pur amando noi
    di lasciarti andare e di morire
    tutto il mio mondo è caduto
    ed intorno il vuoto
    ed un silenzio muto e non c'è ritorno.
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      Scritta da: Antonino Gatto
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Profumo di mamma

      Cara mamma quanto tempo che è passato,
      ma il tuo sguardo non l'ho mai dimenticato,
      le tue braccia, il tuo sorriso, le tue carezze,
      sono oggi il miele che mi consola dalle amarezze.

      Con noi il destino è forse stato troppo crudele,
      e ti ha lasciato, solo una foto e due candele,
      ma non temere di stare sola mia cara mamma,
      perché tuo figlio palpita ancora in quella fiamma.

      Quel nodo in gola che adesso provi, e ti fa male,
      è la conferma che questo amore, non può finire,
      e se anche il tempo, avrà sbiadito l'ultima foto,
      noi due saremo per sempre insieme nel terremoto.

      Così è la vita, con le sue spine, come le rose,
      sei stata punta dalle emozioni più dolorose,
      ma il mio profumo che ancora senti mia cara mamma,
      non si può spegnere come si è spenta la nostra fiamma.
      Composta venerdì 20 maggio 2011
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        Scritta da: Davide Bidin
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        I Fiori

        Non so perché quella sera,
        fossero i troppi profumi del banchetto...
        irrequietezza della primavera...
        un'indefinita pesantezza
        mi gravava sul petto,
        un vuoto infinito mi sentivo nel cuore...
        ero stanco, avvilito, di malumore.
        Non so perché, io non avea mangiato,
        e pure sentendomi sazio come un re
        digiuno ero come un mendico,
        chi sa perché?
        Non avvevo preso parte
        alle allegre risate,
        ai parlar consueti
        degli amici gai o lieti,
        tutto m'era sembrato sconcio,
        tutto m'era parso osceno,
        non per un senso vano di moralità,
        che in me non c'è,
        e nessuno s'era curato di me,
        chi sa...
        O la sconcezza era in me...
        o c'era l'ultimo avanzo della purità.
        M'era, chi sa perché,
        sembrata quella sera
        terribilmente pesa
        la gamba
        che la buona vicina di destra
        teneva sulla mia
        fino dalla minestra.
        E in fondo...
        non era che una vecchia usanza,
        vecchia quanto il mondo.
        La vicina di sinistra,
        chi sa perché,
        non mi aveva assestato che un colpetto
        alla fine del pranzo, al caffè;
        e ficcatomi in bocca mezzo confetto
        s'era voltata in là,
        quasi volendo dire:
        "ah!, ci sei anche te".

        Quando tutti si furno alzati,
        e si furono sparpagliati
        negli angoli, pei vani delle finestre,
        sui divani
        di qualche romito salottino,
        io, non visto, scivolai nel giardino
        per prendere un po' d'aria.
        E subito mi parve d'essere liberato,
        la freschezza dell'aria
        irruppe nel mio petto
        risolutamente,
        e il mio petto si sentì sollevato
        dalla vaga e ignota pena
        dopo i molti profumi della cena.
        Bella sera luminosa!
        Fresca, di primavera.
        Pura e serena.
        Milioni di stelle
        sembravano sorridere amorose
        dal firmamento
        quasi un'immane cupola d'argento.
        Come mi sentivo contento!
        Ampie, robuste piante
        dall'ombre generose,
        sotto voi passeggiare,
        sotto la vostra sana protezione
        obliare,
        ritrovare i nostri pensieri più cari,
        sognare casti ideali,
        sperare, sperare,
        dimenticare tutti i mali del mondo,
        degli uomini,
        peccati e debolezze, miserie, viltà,
        tutte le nefandezze;
        tra voi fiori sorridere,
        tra i vostri profumi soavi,
        angelica carezza di frescura,
        esseri pura della natura.
        Oh! com'è bello
        sentirsi libero cittadino
        solo,
        nel cuore di un giardino.
        -Zz... Zz
        -Che c'è?
        -Zz... Zz...
        -Chi è?
        M'avvicinai donde veniva il segnale,
        all'angolo del viale
        una rosa voluminosa
        si spampanava sulle spalle
        in maniera scandalosa il décolletè.
        -Non dico mica a te.
        Fo cenno a quel gruppo di bocciuoli
        che son sulla spalliera,
        ma non vale la pena.
        Magri affari stasera,
        questi bravi figliuoli
        non sono in vena.
        -Ma tu chi sei? Che fai?
        -Bella, sono una rosa,
        non m'hai ancora veduta?
        Sono una rosa e faccio la prostituta.
        -Te?
        -Io, sì, che male c'è?
        -Una rosa!
        -Una rosa, perché?
        All'angolo del viale
        aspetto per guadagnarmi il pane,
        fo qualcosa di male?
        -Oh!
        -Che diavolo ti piglia?
        Credi che sien migliori,
        i fiori,
        in seno alla famiglia?
        Voltati, dietro a te,
        lo vedi quel cespuglio
        di quattro personcine,
        due grandi e due bambine?
        Due rose e due bocciuoli?
        Sono il padre, la madre, coi figlioli.
        Se la intendono... e bene,
        tra fratello e sorella,
        il padre se la fa colla figliola,
        la madre col figliolo...
        Che cara famigliola!
        È ancor miglior partito
        farsi pagar l'amore
        a ore,
        che farsi maltrattare
        da un porco di marito.
        Quell'oca dell'ortensia,
        senza nessun costrutto,
        fa sì finir tutto
        da quel coglione del girasole.
        Vedi quei due garofani
        al canto della strada?
        Come sono eleganti!
        Campano alle spalle delle loro amanti
        che fanno la puttana
        come me.
        -Oh! Oh!
        - Oh! ciel che casi strani,
        due garofani ruffiani.
        E lo vedi quel giglio,
        lì, al ceppo di quel tiglio?
        Che arietta ingenua e casta!
        Ah! Ah! Lo vedi? È un pederasta.
        -No! No! Non più! Basta
        -Mio caro, e ci posso far qualcosa
        io,
        se il giglio è pederasta,
        se puttana è la rosa?
        -Anche voi!
        -Che maraviglia!
        Lesbica è la vaniglia.
        E il narciso, quello specchio di candore,
        si masturba quando è in petto alle signore.
        -Anche voi!
        Candidi, azzurri, rosei,
        vellutati, profumati fiori...
        -E la violaciocca,
        fa certi lavoretti con la bocca...
        -Nell'ora sì fugace che v'è data...
        -E la medesima violetta,
        beghina d'ogni fiore?
        fa lunghe processioni di devozione
        al Signore,
        poi... all'ombra dell'erbetta,
        vedessi cosa mostra al ciclamino...
        povero lilli,
        è la più gran vergogna
        corrompere un bambino
        -misero pasto delle passioni.
        Levai la testa al cielo
        per trovare un respiro,
        mi sembrò dalle stelle pungermi
        malefici bisbigli,
        e il firmamento mi cadesse addosso
        come coltre di spilli.
        Prono mi gettai sulla terra
        bussando con tutto il corpo affranto:
        -Basta! Basta!
        Ho paura.
        Dio,
        abbi pietà dell'ultimo tuo figlio.
        Aprimi un nascondiglio
        fuori della natura!
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          Scritta da: Silvio Squillante
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Lei era lì

          Sentii il mio nome risuonare nella strada triste e vuota
          lei apparii con gli occhi pesti di una madre
          sparii come dolce fanciulla fasciata da un ceruleo vestito,
          ho continuato a tirar dritto.
          Lei era lì.
          Si avvicinò lenta a me dicendomi
          di non aver paura,
          mi sfiorò il braccio
          e si incamminò da sola nella stanza buia
          riuscì ad udirla,
          il buio non durò molto.
          Lei era lì.
          Ti faccio sempre spazio
          quando siedo da solo,
          cerco in te
          il mio equilibrio perduto
          come un trapezista
          che freme di vita quando rischia di morire.
          Lei è qui.
          Composta martedì 24 maggio 2011
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            Scritta da: Fiorella Cappelli
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Referendum: Vota Sì pè dì de No

            Nell'Italia che confonne
            quattro SI pe dì de no
            semo sempre fra le onne
            nun poi dì "io nun ce stò"

            Co''sti temi compricati
            che scritti sò confusi
            da la gente sò votati
            pè nun fà tornà l'abbusi

            Ciai l'acqua, che è gran bene
            er privato nun ce stà
            già ciavemo tante pene...
            la dovemo da paga?

            L'aria poi nun è da... mare
            se ciariva'no scossone
            stamo attenti ar nucreare
            nun perdemo la raggione!

            Eppoi gnente impedimento?
            Puro qui ce stà da dì
            chi ha creato lo scontento...
            quarche cosa ha da patì!

            Nell'Italia, che voi fà
            quattro Si pè dì de no
            Si le leggi voi abbrogà
            nun poi dì "io nun ce stò".
            Composta martedì 31 maggio 2011
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