Che sia l'impossibile la chiave per l'infinito?
Mi addormento nel mio angolo buio,
privo di destino.
Composta mercoledì 1 gennaio 2020
Che sia l'impossibile la chiave per l'infinito?
Mi addormento nel mio angolo buio,
privo di destino.
Provai ad essere forte, e non mi fu consentito.
Provai a vivere per me solo, e per me stesso, e non mi fu concesso.
Chiesi quale fosse il ruolo per semplificarmi, anche solo il camminare.
Mi dissero ch'ero libero, ogni qual volta loro si sarebbero distratti.
Non ebbero mai un attimo di stanchezza, vivevano del mio vivere, con un sorriso beffardo e vigile.
Sono un bambino, prodigio di malinconia.
Le tue poesie sono piramidi di parole usate
Che si urtano
Una accanto
Una sopra l'altra
Sono tombe vuote
Senza un cuore
Che canta lirico al dolore.
Sono nubi i miei pensieri
Colme d'inchiostro
Vanno piovendo il tempo
quello perduto, quello ingrato, quello vuoto e perso
Il tempo dallo sguardo basso e dalle pesanti impronte
Piovono le miei nubi, sopra le colorate e stanche ossa
Piovono e basta
Sopra le macerie umane
Come cenere
Sopra l'inutile, il rimasto.
Mentre apparecchiavo la mia vita insieme alla mia mamma, vidi dall'altro capo della strada un bimbo solo, che quasi senza sapore masticava il suo giorno come uno dei tanti giorni qualunque.
Non seppi mai di quale poesia fu corrisposto, mentr'io dalla mia fui meravigliato, per come d'essenza era la vita, vissuta giorno dopo giorno, come un qualunque altro giorno.
Di cosa mi invidiate, della mia devastante e suicida empatia? Di come sono capace dignitosamente di piangere? Non invidiatemi per i miei doveri, li sopporto, come voi sopportate i vostri piaceri.
Vorrei foste capaci di asciugare le mie lacrime, tanto quanto io sono capace di piangere.
E quando piove il mio rammarico è profondo. Tra i profumi densi di semplicità, il mio mancato appetito della vita silenzia l'intorno e giudica il respiro. Come in una bolla di sapone, destinata al nulla.
E la stanchezza mi prese di corsa, e mi condusse veloce al mio destino,
cercandomi il riposo dalla guerra, per ritrovarmi finalmente solo.
Che poi, io mi conosco, nel cammino, un'infermiera è capace che mi trovi, per medicarmi il cuore e ricomporlo, uguale a quand'ero bambino
Io ci sapevo fare con l'amore, amavo tutto e tutti, d'altronde, com'è naturale, non come adesso che ho sentimento usato e fiato corto, acido e vecchio, con i pensieri stanchi in cerca di riposo, sopra ad un malinconico cuscino.
Solo a guardar dall'alto
si intravede
Chi corre fori
e chi ascolta gli amori.
Da dietro un cristallo rigato
da pioggia e foglie bianche
C'è sempre chi silenzioso
ritorna al tempo giocoso.
Quando dentro l'occhi
Non vi era che neve a fiocchi
e al mattino della fine
non ci si trovava
Mai al confine.
Perché per chi è piccino
Non vi è futuro che sia vicino.
E anche i pensieri bruti
non sono altro
che Simpatici beccuti.
Chi invece corre fori
ansioso e frettoloso
Dimentica che ai cori
Po' esser assai fatale
E tanto più tanto brutale.
E nient'altro che odori
riesce a percepire
al cospetto dei fiori,
Quando in realtà
A dirla proprio tutta
se si domanda al core,
Il più grande degli amici,
È sempre stato il fiore!
Sempre pronto ad ascoltare
abbracciare, confortare
Chi con esso
In silenzio si è voluto confidare.
La fine dell'anno
Non fa proprio per i piccini,
È un giorno per vecchi animi
sguardi nostalgici
e ricordi magici.
La fine dell'anno
è com'è per come è nata,
una fredda e veloce giornata.