Poesie d'Autore


Scritta da: Anna De Santis
in Poesie (Poesie d'Autore)

Non si spegne una candela (ai bimbi che non hanno voce)

La fiamma di una candela
è come un bimbo
che non ha voce.
Viene spenta da un semplice soffio,
o con le dita,
essa è simbolo di vita
luce eterna, che si accende con l'amore
ad illuminar le tenebre.
Cresce piano piano
e dà valore a cose che non puoi vedere.
È la paura di essere coinvolto,
che qualcosa ti venga tolto,
ma basta veder crescere la fiamma,
sentire il suo calore,
guardare i suoi mutevoli colori,
consumarsi la cera e prender forma e forza,
quella forza è già dentro di te,
ma non la vuoi ascoltare.
Prova a far splendere una sola fiamma,
dai voce ad un bimbo
e tanto coraggio ad ogni mamma.
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    Scritta da: Anna De Santis
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Amore

    L'amore non ha barriere,
    né muri invalicabili
    ma cuori inseparabili.
    L'amore è conteso, offeso, preteso,
    proibito, sognato e finito.
    L'amore nasce nel seno e nel cuore,
    cresce, cullato, cantato, allattato.
    L'amore è perverso e malato,
    amore e paura, di un giorno,
    amore e lussuria,
    amore sublimato, amato, ritrovato
    lasciato, tornato e perduto,
    amore amaro, dolce e profumato,
    amore atteso, desiderato
    trascurato, amore abbandonato...
    Amore sempre e comunque dato.
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      Scritta da: Anna De Santis
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Sospesa a un filo di ragnatela.

      Sospesa a un filo di ragnatela
      e mi lascio dondolare,
      ogni volta torna e mi succhia il cuore,
      io masochista lo lascio fare.
      Come mi piace lasciarmi andare
      sembro sospesa tra terra e mare
      legata a doppio filo.
      Vorrei scappare, non riesco a farlo
      mi piace troppo quel suo tornare,
      mi succhia il cuore, mi lascia stare
      sto quì a morire, ma voglio restare!
      Sospesa a un filo di ragnatela
      e mi lascio dondolare
      ogni volta torna e mi succhia il cuore,
      io masochista lo lascio fare.
      Conto le ore e conto i giorni
      sempre aspettando che tu ritorni,
      ma qui ti aspetto devi tornare,
      succhiami tutta non te ne andare.
      Sospesa a un filo di ragnatela
      e mi lascio dondolare
      di tanto in tanto
      torna a far male.
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        Scritta da: Anna De Santis
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Il pagliaccio

        Non servono altri colori,
        il pagliaccio che è dentro di te,
        viene fuori,
        ti ha vestito la vita.
        Te lo cuce poi addosso,
        largo o stretto,
        a volte prestato,
        non ti è stato lasciato,
        tuo malgrado costretto ad indossarlo,
        in certi momenti,
        sgualcito, scucito dal tempo
        e dagli accadimenti.
        Davanti allo specchio,
        ti chiedi chi sei,
        perché quel vestito,
        quel trucco pesante sul viso,
        e fingere amore, piacere...
        Son lacrime vere, che solcano il viso
        non voglio vestire come vuol convenienza,
        strapperò ad uno ad uno, questi panni
        di finta parvenza
        e laverò il viso,
        sarà mio il sorriso,
        in questo ruolo di pagliaccio
        non voglio esser costretta,
        fino ad ora nessuno mi aveva capito,
        ma ora basta! Sono libera,
        in terra i segni ho lasciato.
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          Scritta da: Anna De Santis
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Rischio d'impazzire

          Proprio adesso non ti puoi contraddire,
          devi far finta e stare
          non puoi osare, né gridare
          e dentro hai in burrasca il cuore,
          onde di tormento che vanno e che vengono,
          ti fanno male,
          convivono insieme al tuo dolore.
          Tanti sentimenti, che lascio liberi,
          a volte cantano, ridono e piangono,
          difficili da gestire,
          non puoi intervenire.
          Questa tumultuosa convivenza,
          a volte è un inferno
          che mi farà impazzire.
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            Scritta da: Anna De Santis
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il campo di papaveri

            Macchie vermiglie
            che non ondeggiano al vento,
            ed il profumo non è di erba tagliata,
            non son papaveri...
            è terra insanguinata,
            testimone di eventi funesti
            di Angeli saliti in cielo,
            tra dilaniati resti.
            Il sole brucia quello che è rimasto,
            la polvere mossa da macchine infernali,
            copre ogni vergogna umana...
            Cos'è che scatena odio e vendetta,
            un ossessione maledetta
            di uccidere e soggiogare popoli interi.
            La pioggia cadrà su tutto il resto,
            bagnerà i campi
            concimati da lacrime e dolore,
            tutto sarà come prima
            e ci sarà un campo di papaveri
            e d'erba tagliata l'odore;
            Niente resterà, neppure il ricordo
            solo cadaveri senza onore.
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              Scritta da: Anna De Santis
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Il viale dei tigli

              Ti seguirò con lo sguardo,
              mentre ti allontanerai
              tra i tigli in fiore,
              percorrerai il viale
              ed io avrò tempo per pensare.
              Il profumo mi distrarrà per un attimo,
              ma resterò a guardare.
              Quasi impassibile,
              non scenderà una lacrima,
              chissà se ti volterai
              per incrociare il mio sguardo,
              per un ultima volta,
              se mi ricorderai...
              per ora non mi rendo conto,
              faccio fatica a pensare,
              ma son certa che non starò qui ad aspettare.
              Vai pure via, continua a camminare
              e non ti voltare.
              Son passati gli anni, sono sul balcone,
              che dà sul viale, aspetto...
              mi verrai a cercare;
              è maggio e i tigli sono in fiore.
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                Scritta da: Filippo Martani
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Candele

                Stanno i giorni futuri innanzi a noi
                come una fila di candele accese,
                dorate, calde, e vivide.

                Restano indietro i giorni del passato,
                penosa riga di candele spente:
                le più vicine danno fumo ancora,
                fredde, disfatte, e storte.

                Non le voglio vedere: m'accora il loro aspetto,
                la memoria m'accora del loro antico lume.
                E guardo avanti le candele accese.

                Non mi voglio voltare, ch'io non scorga, in un brivido,
                come s'allunga presto la tenebrosa riga,
                come crescono presto le mie candele spente.
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