Poesie d'Autore


Scritta da: Anna R. Di Lollo
in Poesie (Poesie d'Autore)

Perla rara (o della femminile natura)

Di fregi antichi ho la raffinatezza,
d'arcobaleni l'intima bellezza.
Se geroglifico son da decifrare,
il mistero m'aggiunge alle perle più rare.

Spezia indiana, seta orientale,
ambra, gemma, pietra d'opale;
persino l'eburneo alabastro
m'adorna la pelle come lezioso nastro.

Sciogliendo le mie lunghe chiome al vento,
di gelosia divengon ree le stelle del firmamento;
vedonsi sottrarre vezzo e turbamento arcano,
suggendo invidia da ogni gesto ormai vano.

Eppur resto femminile creatura,
dotata d'assai fragile natura;
se di porcellana son stata plasmata,
m'accade sovente d'esser frantumata.

Sembrerà triste ma, solo allora,
si vedrà l'interno che mi colora:
un volo limpido sottratto al cielo,
di casta nube dal bianco velo.
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Non vi fosse la penna
    a mostrare l'inganno,
    fare da intermediario,
    penserei che l'inchiostro fosse un sangue
    attirato da bianche calamite,
    quest'ossa, questi fogli che le chiedono
    di ricoprirli perché sia la vita
    risuscitata in loro, e la mia persa,
    come un foglio, lo scheletro, ormai bianco
    uno scolaro analfabeta ignaro
    della lingua del sangue dell'inchiostro.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Tutto quello ch'è mio
      io lo porto con me
      per l'ultimo viaggio
      fosse anch'un buio come
      quello da cui venivo
      prima di stare qui,
      stare? Passare qui!
      E chiedo intorno chi mi vuol seguire
      Chi? Chi, non solo chi, ma anche cosa,
      ma soprattutto cosa!?
      E vedo i miei oggetti fare spazio
      ad altri oggetti di cui fui in possesso
      come se tra di loro non sapessero
      quali fossero veramente miei,
      ma solo che alcuni tra di loro
      lo fossero, lo fossero ormai stati.
      Perché restava un vuoto nel davanti,
      sulla mia soglia, prima di partire
      vidi che le mie mani non avevano
      nessun oggetto, mi sentii più povero;
      e soprattutto vile perché feci
      subito dopo il corpo il mio possesso
      e quindi mi sentii ricco di me.
      Ma il corpo cadde via dalle mie mani
      volle cadere, lui, lasciarsi andare
      nel rimanere a terra, decomporsi;
      e mi trovai lontano da chiunque,
      privo d'ogni risposta in ogni altro,
      la domanda fu quasi una risposta
      che ripetei per rendermene certo:
      "Chi viene via con me, chi porto via?"
      Forse soltanto l'anima,
      invece solo il nulla!
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        "Solo le luci nere sono anima,
        un'interiorità che è dentro un corpo!"
        Disse una voce che era il mio silenzio.
        E sempre col silenzio le risposi
        che c'è la Notte: "è anch'essa luce nera,
        però, ecco, è esterna." E con lo sguardo
        poco rassicurante come a dirmi
        che dovevo tacere, così feci,
        ché non avevo capito un bel nulla:
        "anche la Notte è stare dentro un corpo,
        che è sconosciuto, ma è come un amante
        che dorme e sa che l'altro veglia altrove,
        dove?" Laddove c'è la luce bionda.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Uccelli e pesci

          I
          Nuotare sotto la sua superficie
          con l’onde delle nuvole che vanno,
          - da sempre spuma - verso chissà dove,
          verso nessuna riva, verso Assenza,
          un non voler oltrepassare ciò
          che si dice vietato, un non volere
          dar adito a curiosità. Chi osa
          - un’eccezione in una moltitudine -
          trova la morte presso il Pescatore
          ch’ha gettato le sue canne di luce
          in ogni lago d’aria sottostante.

          II
          Il balzo un po’ più alto. Solamente
          questo distingue tutti noi da voi,
          pesci resi degli uomini al visibile
          manifestarsi, umani resi pesci
          dal nuotare al disotto di un oceano.
          Il divieto è lo stesso: non andare
          al di sopra di me: lo dice il Cielo,
          dicono, è come se dicesse Dio.

          III
          La morte è il solo rogo a cui si tende,
          la morte, dico morte, ma dovrei
          dire suicidio, uscire dalle acque
          d’un cielo sotterraneo, un incontrare
          a viso aperto, l’Inferno di luce
          che dia il Paradiso della grazia
          al pesce eletto che va via dal mondo.

          IV
          Questo è l’Inferno azzurro in cui ho vissuto,
          la luce v’arrivava come un occhio,
          lo sguardo che sapeva penetrare
          era debole, presto si spegneva,
          i raggi erano ciglia limitate,
          l’azzurro in una corsa verticale
          non accennava a smettere di essere
          sempre più un buio, andando negli abissi,
          come una bocca che ci divorava
          trascinandoci giù. Ma venne il giorno
          in cui capii di essere un eletto
          dalla morte che feci e che mi scelse
          il Dio che mi limito a chiamare
          Destino. Fu un Satana di Luce
          il pescatore che mi provocò
          con le sue esche, mi spinse ad uscire,
          catturato da una delle sue canne,
          fu un Inferno celeste che io volli
          raggiungere, tenere finalmente
          nel mio presente, vivo per un po’.
          Ma fu la Morte, questa morte fu
          un’eccezione che mi rese eletto.

          V
          Nel giorno era il Nostro Paradiso
          il buio ch’ormai aveva abbandonato
          l’azzurro della superficie bionda.
          Bionda come la luce che emanava
          nei suoi riflessi, un Satana dell’alto,
          la rendeva un calore soffocante:
          un contrappasso che era un’asfissia.

          VI
          Vidi un compagno andare,
          voler osare i limiti, sfidare
          i divieti concreti
          ch’erano superficie
          dove finiva l’azzurra sostanza
          che ci rendeva vivi. Inconsapevoli
          di essere degli angeli, fu quello
          l’unico pesce conscio e stufo d’esserlo
          e che scelse l’Inferno dell’esterno,
          come l’Ulisse le colonne d’Ercole,
          senza più ritornare. Vide luce
          riflettersi, ingannarlo. Non sapeva,
          non poteva saperlo in quel momento,
          mentre il divino Pescatore in alto
          era felice d’aver catturato
          la sua ultima preda: fu una morte
          l’ennesima a essere eccezione!
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