Poesie d'Autore


Scritta da: Andrea De Candia
in Poesie (Poesie d'Autore)
E noi ti odiamo, tempo.
Perché ci fai invecchiare!
Perché ci fai morire!
Diamo la colpa a te, nella sua assenza
insmentibile qui!
Se ti vedessi come fossi un'anima
e una vita che ha un corpo nel passare
del paesaggio, in prestito ai miei occhi.
Se ti vedessi un'infinita veste
di cristallina lacrima, le nubi
ogni osso separato dal suo altro
a cercare la morte su una riva
inesistente d'assente aldilà.
Oh, l'immortalità,
la più grande condanna di martirio!
Se vedessi nel sole un pane aperto,
un cuore perlustrato dal dolore
di dita altre che vi frugan dentro,
o la corona di spine che ha già
trovato quel Gesù, al cui capo scendere,
e la flagellazione nel tramonto,
l'arteria della vita che diventa
penosa scia di sangue all'orizzonte
che non ha forza di frustar sé stessa
ormai nemmeno più, allora mio tempo,
mio amato tempo, amato figlio tempo,
l'uomo paterno misero che sono
si svelerebbe a te, ti donerebbe
l'immensa croce della sua pietà!
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    Scritta da: Andrea De Candia
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Sognai una luce lacrimarmi in cielo,
    un cuore, un sangue, un corpo di dolore
    oltrepassare costole di nubi
    e nel soldato del mio essere, l'occhio
    nel palmo d'una palpebra impugnare
    la lancia d'uno sguardo per trafiggerlo
    invano. Vidi la serenità,
    la giovinezza eterna senza rughe,
    nubi di spume estranee che tendevano
    al bagnasciuga del loro aldilà,
    ossa esprimenti gioia disperata
    perché si rivelava irraggiungibile
    la cenere per tutte. Vidi un campo
    bearsi d'esser isola di luce,
    d'avere spighe discendenti a noi,
    affondare nelle sue agitazioni,
    sentirsi unica terra, unica carne.
    Il cielo continuava i suoi percorsi,
    il cielo era un apostolo fedele,
    come il riscatto di un giuda riammesso
    alla sua gloria sublime, redento.
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      Scritta da: Andrea De Candia
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Ora dispiega la sua immensità
      corre come su praterie lo sguardo
      e trova la ragione delle ali,
      cavalca i dorsi di cavalli bianchi,
      spume dirette a una fine irraggiunta,
      come onde che ritendono alla morte
      sulla riva di un'assente aldilà.
      E nella sua pupilla bicolore
      che cambia il tempo, appare la visione
      in basso del suo essere formica,
      la testa è tutto il dorso del suo corpo
      e trascina una briciola di vita
      alla tana di una morte comune.
      Mi sono alzato e deve ricadere
      quella luce di orgoglio sul mio sguardo
      come zampillo di fontana torna
      alla sua bassa origine, finendo.
      E indietro e dentro torna alle sue tenebre,
      il nero è bara di un defunto sogno,
      le palpebre si chinano a ricevere
      il re, di cui soltanto la corona
      è una parte visibile del corpo.
      È cuore e volto, è sangue che fiotta,
      che ha infranto le barriere della pelle
      prima del primo istante che ricordi,
      è corona di spine sul suo capo,
      è l'urlo materiale del silenzio,
      è lo spezzare il pane da cui esce
      la notte, il tondo scheletro dell'ostia,
      è l'arrivare su un sepolcro d'acqua
      deposto dalle sue stesse ferite...
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        Scritta da: Andrea De Candia
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Posso vedere il biondo della pelle,
        la spiga sacra d'un corpo innalzato
        ad aguzzarsi e divenire punta
        che tenta di trafiggere la cupola
        che come l'acqua innalza per proteggersi, inconscia che lassù non le riguarda
        l'onda serena tranne quando spuma
        in una nube dannata in eterno
        a farsi trascinare anche da scheletro
        verso l'assenza che tange di riva,
        verso persino quella tomba nuda
        che vuole almeno sia sabbia di luce,
        sembra amore votato a consacrarsi
        alle divinità celesti e verdi,
        agli sfondi lontani dalla carne,
        sembra affermare la sua castità,
        amando sé ed amando l'invisibile.
        Ma l'amore è iniziare ad oscurarsi
        attratti dalle labbra come cuori
        e cuspidi che portano a vedere
        la morte nella sua nera visione,
        è perdersi nell'altro ed affondarvi,
        dimenticarsi e approfondire l'altro,
        affinché l'altro sé stesso dimentichi,
        è la morte che prende padronanza,
        è il suo trionfo e noi i suoi prigionieri.
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          La bellissima dama

          Varco la soglia degli oscuri templi,
          compio una cerimonia disadorna.
          Aspetto lì la Bellissima Dama
          nello scintillio di rosse lampade.

          Nell'ombra accanto ad un'alta colonna
          trepido al cigolare delle porte.
          E mi guarda nel volto, illuminata,
          solo l'immagine, la Sua parvenza.

          Oh, sono avvezzo alle splendenti icone
          della solenne Imperitura Sposa!
          Fuggono in alto per i cornicioni
          sorrisi, favole e sogni.

          Come sono affettuose le candele,
          come consolano le Tue fattezze!
          Io non sento sospiri né loquele,
          ma credo, Amata, nella Tua presenza.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            La vergine di Spoleto

            Sottile sei come un cero del tempio,
            l'occhio hai trafitto da spade d'amore.
            Io non ti chiedo un sol bacio: in silenzio
            vorrei deporre sul rogo il mio cuore.

            Io non ti chiedo una sola carezza:
            t'offenderebbe la mia rozza mano.
            Ma dal cancello ti guardo in purezza
            rose di porpora cogliere e t'amo.

            Sempre ti bruciano i raggi del sole
            e via t'involi sul vento che fugge.
            Su te c'è un angelo senza parole:
            io gusto in cuore il dolor che mi strugge.

            Mentre t'intreccio nei riccioli, adagio,
            dei versi ignoti gli strani diamanti,
            getto il mio cuore invaghito nel lago
            meraviglioso degli occhi raggianti.
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              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Sulle dune

              A me non piace il vano dizionario
              delle frasi e vocaboli d'amore:
              "Sei mio". "Son tua". "Io t'amo!". "Tuo per sempre".

              A me non piace essere schiavo. Io guardo
              la donna bella in fondo alle pupille
              e le dico: "Stanotte. Sai, domani
              è un altro giorno, nuovo e bello. Vieni.
              Portami una follia nuova, trionfale.
              All'alba me ne andrò via per cantare".

              L'anima mia è semplice. Nutrita
              fu dal vento salmastro e dall'aroma
              resinoso dei pini. Ella è segnata
              dalle impronte medesime che rigano
              la pelle segaligna del mio viso,
              che è bello della squallida bellezza
              delle fredde marine e delle dune.

              Così pensavo lungo la frontiera
              di Finlandia, la lingua decifrando
              strana nei verdi occhi dei Finni scialbi.
              C'era gran pace. Accanto alla banchina
              un treno pronto accese fuoco e fumo.
              Pigra la russa guardia doganale
              riposava su un cumulo di sabbia
              erto, dove finiva il terrapieno.
              Là cominciava un'altra terra, e muta
              una chiesa ortodossa contemplava
              lo sconosciuto estraneo paese.

              Così pensavo. Ed ella sopraggiunse,
              si fermò sulla china: erano gli occhi
              rossi di sabbia e sole. Ed i capelli,
              unti come la resina dei pini,
              cadevan sulle spalle in flutti azzurri.
              S'accostò. S'incrociò il suo ferino
              sguardo col mio sguardo ferino. Rise
              ad alta voce. E gettò contro a me
              un ciuffo d'erba e un pugno d'aurea sabbia.
              Poi con un balzo risalì. Scomparve,
              galoppando al di là del terrapieno.

              La inseguii di lontano. Mi graffiavano
              le felci il volto. Insanguinai le dita,
              mi lacerai il vestito. Ma correvo
              urlando come belva e la chiamavo:
              e la mia voce era suon di corno.
              Ma lei, delineando un'orma lieve
              sulle dune friabili, scomparve
              fra le trame notturne degli abeti.

              Ora io giaccio anelando sulla sabbia.
              Ma ancora nelle mie rosse pupille
              ella corre, ella ride: ed i capelli
              ridono ancora, ridono le gambe,
              ride al vento la veste nella corsa.

              Io giaccio e penso: oggi sarà notte.
              Domani sarà notte. Rimarrò
              qui finché non l'agguanti come fiera
              o col suono di corno della voce
              non le tagli la fuga. E non dirò:
              "Mia. Sei mia". Purché lei mi dica:
              "Son tua! son tua!"
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                Il silenzio fiorisce

                Qui il silenzio fiorisce movendo
                il pesante vascello dell'anima,
                e il vento, cane docile, lambisce
                i giunchi appena incurvati.

                Qui il desiderio in un'insenatura
                vuota fa attraccare i suoi vascelli.
                E in questa quiete è dolce non sapere
                dei murmuri lontani della terra.

                Qui a lievi immagini, a lievi pensieri
                io consacro i miei versi,
                e con un languido fruscío li accolgono
                le armoniose correnti del fiume.

                Abbassando le ciglia con languore,
                voi, fanciulle, nei versi avete letto
                come le gru da una pagina all'altra
                siano volate nella lontananza.

                Ed ogni suono era per voi allusione
                e sonava ineffabile ogni verso.
                Ed amavate nell'ampia largura
                delle mie rime scorrevoli.

                E ciascuna per sempre ha conosciuto
                e non potrà dimenticare mai
                come baciava, come s'avvinghiava,
                come cantava l'acqua silenziosa.
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                  Perdersi

                  Perdersi
                  Per non sentirsi soli
                  Perdersi
                  sul fondo dei bicchieri
                  Lo so, l'oscurità
                  Ti attrae verso di se
                  Tu guarda la soltanto da lontano
                  Come ammiri un panorama
                  Ma non sporgenti o precipiti
                  Perduti, ma tra le belle cose
                  Perditi
                  Tra fiori, prati e rose
                  Perditi
                  Ma tra mille colori
                  Perditi
                  Ma perditi tra i fiori.
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