Per la verità, io non ti amo coi miei occhi, perché essi vedono in te un mucchio di difetti; ma è il mio cuore che ama quel che loro disprezzano e, apparenze a parte, ne gode alla follia. Né i miei orecchi delizia il timbro della tua voce, né la mia sensibilità è incline a vili toccamenti, né il mio gusto e l'olfatto bramano l'invito al banchetto dei sensi con te soltanto. Ma né i miei cinque spiriti, né i miei cinque sensi possono dissuadere questo mio sciocco cuore dal tuo servizio, avendo ormai perso ogni sembianza umana, ridotto a schiavo e misero vassallo del tuo superbo cuore. Solo in questo io considero la mia peste un bene: che chi mi fa peccare, m'infligge pure la penitenza.
Lo sciabordio delle onde... Ma quando arriva l'odore del mare a prendermi? Mi sento da sola... Sei tu, l'oscurità che mi ha raggiunta? Sarai la mano fredda nel sonno che non mi abbandona mai...
Sei la mia angoscia, il ghiaccio che morde il mare; ti espandi come il freddo che cristallizza l'aria... Siamo intima distanza. Se la vita è nera, voglio un foglio a colori per scrivere di te. La parola cade sull'anima... Mi chiedo perché non posso sentire ancora la tua voce.
Quando saprai che sono morto non pronunciare il mio nome perché si fermerebbe la morte e il riposo. Quando saprai che sono morto di sillabe strane. Pronuncia fiore, ape, lagrima, pane, tempesta. Non lasciare che le tue labbra trovino le mie dieci lettere. Ho sonno, ho amato, ho raggiunto il silenzio.
Ci sono cose che non puoi vedere con gli occhi: devi vederle con il cuore e questo non è facile. Se ritrovi lo spirito della giovinezza dentro di te, con i ricordi di adesso e i sogni di allora, potrai farlo rivivere e cercare una strada nell'avventura che chiamiamo vita, verso un destino migliore. E il tuo cuore non sarà mai stanco né vecchio...
Ma mette conto che ascoltiate, voi che non augurate successi agli adulteri, come incappino in guai per ogni verso, da che dolori sono avvelenati i loro spassi e come fra continui rischi e disagi raramente ne godano.
Per tutti gli dei che in cielo governano
il genere umano e la terra, 
cos'è questo fermento? Perché tutte
mi guardate con occhi truci? 
Per i tuoi figli, se a presenziare un tuo parto
Hai mai invocato Lucina, 
per questo vano ornamento di porpora, 
per Giove che questo condanna, 
dimmi, perché mi guardi come una matrigna
o una belva ferita? Così con voce tremante pianse il fanciullo, quando impietrito fu spogliato, un corpo immaturo che avrebbe intenerito l'empio cuore dei traci. Canidia allora, che fra i capelli arruffati ha nodi guizzanti di vipere, ordina che su fiamme della Còlchide siano arsi cipressi funebri, caprifichi divelti dai sepolcri, uova di rospo viscido sporche di sangue, penne di civetta, erbe che vengono da Iolco o dall'Iberia, patria di veleni, e ossa strappate ai denti di una cagna. Sàgana intanto, discinta e con i capelli irti come riccio di mare o cinghiale in fuga, sparge in tutta la casa acqua del lago Averno. Veia, che non è distolta da alcun rimorso, scava a colpi di zappa la terra, gemendo per la fatica: qui seppelliranno il fanciullo con solo il capo che affiora, come chi nuota fuori dell'acqua ha solo il mento, perché davanti ai cibi sempre nuovi e freschi abbia a morire lentamente: col midollo estratto e il fegato inaridito si farà così un filtro d'amore, quando le sue pupille sbarrate sul cibo vietato si saranno spente. Era presente anche Folia, la riminese (così si crede a Napoli
fra gli sfaccendati e nelle città vicine), che ama le donne come un uomo e per magia con l'incanto della sua voce strappa dal cielo luna e stelle. E Canidia, livida di rabbia, rodendosi coi denti l'artiglio del pollice, senza ritegno disse: 'Dell'opera mia fedeli testimoni, Notte e Luna, regina del silenzio, al tempo dei sacri misteri, ora, ora assistetemi e l'ira divina volgete sulle case ostili. Mentre le fiere si nascondono negli orridi, abbandonate a un dolce sonno, fate che i cani di Suburra latrino contro quel vecchio traditore e tutti ridano, profumato così com'è di nardo, che migliore non saprei fare. Ma perché, perché non hanno effetto i veleni spietati della barbara Medea? Con questi, in fuga, si vendicò della figlia del grande Creonte, la superba rivale, quando il peplo avvelenato, datole in dono, tra le fiamme rapì la sposa in fiore. Nessuna radice nascosta in luoghi impervi, nessuna erba m'è sfuggita, e il letto, in cui dorme, tutte le mie rivali dovrebbe per malia fargli scordare. Per gli incantesimi d'un'altra maga, ahimè, più sapiente, se ne va libero. Ma ora, Varo, dovrai piangere a lungo: per effetto di un filtro inusitato correrai da me e a me tornerà il tuo cuore non più attratto da cantilene marsiche. Filtro più forte ti preparerò, più forte te lo mescerò, visto che mi odi, e il cielo sprofonderà nel mare e su questo si stenderà la terra, se tu per me non arderai d'amore come la fiamma nera del bitumè. A queste minacce il fanciullo più non tenta d'intenerire quelle scellerate, ma dopo lo smarrimento rompe il silenzio e lancia, come Tieste, la sua maledizione: 'I filtri non possono mutare il destino degli uomini, giusto o ingiusto che sia. Vi maledirò; e questa maledizione nessun sacrificio potrà espiarla. Quando, messo a morte, sarò spirato, innanzi vi comparirò nella notte come un demone, larva che con gli artigli vi ghermirà il volto, perché questo possono i morti, e pesando sui vostri cuori inquieti, nel terrore vi ruberò il sonno. Nei villaggi da ogni parte la folla vi lapiderà, streghe maledette, e avvoltoi e lupi sull'Esquilino dilanieranno le vostre membra insepolte: questo dovranno vedere i miei genitori, che, ahimè, mi sopravviverannò.
1974 Cascheno come mosche! Nisuno fa' abbastanza pe' finilla! Sprecheno fiato pe' parole tosche, intanto lo sgomento più ce assilla. Li mijardi svolazzeno! Pero' so' all'ospedali le riforme solo cose vane che starnazzeno, p'arimané sortanto cosa informe! E morono monelli! Co' loro more puro la speranza de quarche cosa che ce manca a tutti: li nostri sogni belli; che quanno te venisse er mal de panza, ciai indo' anna', senza morì distrutti.
Il denaro può comprare la buccia di molte cose, ma non il seme; può darvi il cibo, ma non l'appetito, la medicina ma non la salute, i conoscenti ma non gli amici, i servitori ma non la fedeltà, giorni di gioia ma non la pace o la felicità.
I sogni sono fatti di tanta fatica. Forse, se cerchiamo di prendere delle scorciatoie, perdiamo di vista la ragione per cui abbiamo cominciato a sognare e alla fine scopriamo che il sogno non ci appartiene più. Se ascoltiamo la saggezza del cuore il tempo infallibile ci farà incontrare il nostro destino. Ricorda: "Quando stai per rinunciare, quando senti che la vita è stata troppo dura con te, ricordati chi sei. Ricorda il tuo sogno".