Guscio di noce Amo le piccole cose, adoro quando pronunci il mio nome, impazzisco quando dividiamo un caffè assieme.
Il mio cuore freme di gioia, quando i tuoi occhi gentili accarezzano i miei.
Abito nella casa della felicità quando ti vedo coccolare un fiore, cerchi un quadrifoglio per donarmelo.
Con te vesto sempre abiti di gioia, frequento, sempre e solo, attimi di gioia.
Mi bolle il cuore di sorrisi quando vari il tuo guscio di noce in una pozzanghera, e mi sfidi con i tuoi grandi soffi, in una regata all'ultimo sangue.
Non posso che amare il mondo quando tu lo vivi, quando tu lo ami.
Ma vedrai amore mio che, prima o poi, riuscirò a battere il tuo guscio, soffiando sulle vele della felicità.
Intorno a me i rumori di mezzanotte creano il silenzio. Fitta nebbia nera: l'oscurità dove ogni occhio umano si perde ma ritrovare sa la luce più forte in un solo granello di buio. L'ascesa dell'astro ogni cosa riluce quando all'aurora dilagare si sente il silenzio passato. È giorno... Il silenzio più assordante risveglia la vita: continuo martellare di chiodi sul corpo livido di chi aprì in croce... le braccia.
Sempre il mare, uomo libero, amerai! Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli nell'infinito svolgersi dell'onda l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito non meno amaro. Godi nel tuffarti in seno alla tua immagine; l'abbracci con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore si distrae dal suo suono al suon di questo selvaggio ed indomabile lamento. Discreti e tenebrosi ambedue siete: uomo, nessuno ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto, mare, le tue più intime ricchezze, tanto gelosi siete d'ogni vostro segreto. Ma da secoli infiniti senza rimorso né pietà lottate fra voi, talmente grande è il vostro amore per la strage e la morte, o lottatori eterni, o implacabili fratelli!
Per dilettarsi, sovente, le ciurme catturano degli àlbatri, marini grandi uccelli, che seguono, indolenti compagni di viaggio, il bastimento che scivolando va su amari abissi. E li hanno appena sulla tolda posti che questi re dell'azzurro abbandonano, inetti e vergognosi, ai loro fianchi miseramente, come remi, inerti le candide e grandi ali. Com'è goffo e imbelle questo alato viaggiatore! Lui, poco fa sì bello, com'è brutto e comico! Qualcuno con la pipa il becco qui gli stuzzica; là un altro l'infermo che volava, zoppicando scimmieggia. Come il principe dei nembi è il Poeta che, avvezzo alla tempesta, si ride dell'arciere: ma esiliato sulla terra, fra scherni, camminare non può per le sue ali di gigante.
Deserto, salvo qualche pallida stella, il cielo Sogna; e deserta, sotto, la piccola strada Si ritrae nella sua ombra, segreta e schiva. Il sordo frastuono quasi non penetra in questo tranquillo rifugio; Tutto è buio, salvo dove si riversano raggi di luce Dalla finestra d'una taverna: li, dietro il ritmo vivace D'un organetto che suona allegro in fondo a un vicolo, Due bambine, tutte sole e senza spettatori,
Reggendo le vestine sbrindellate, per aerei meandri Di moto, lievemente seguiti con agili piedi, Danzano composte: si guardano faccia a faccia, Occhi scintillanti, gravi di compiuta letizia.
Mondo mondo mondo mondo e il viso tomba nuvola contro la sera de morituris nibil nisi. E la faccia si disfa timidamente troppo tardi per rabbuiare il cielo arrossendo via nella sera rabbrividendo via come una gaffe Veronica mundi Veronica munda dacci una strofinata per amore di Cristo sudando come un Giuda stanco di morire stanco dei poliziotti i piedi in marmellata traspirando profusamente il cuore in marmellata fumo più frutta il vecchio cuore il vecchio cuore erompendo extra congresso eppure ti assicuro sdraiato sul ponte O'Connell guardando stupito i tulipani della sera i tulipani verdi brillanti all'angolo come un antrace brillanti sulle chiatte della Guinness il soprattono la faccia troppo tardi per rischiarare il cielo però però ti assicuro.