Io stesso venni araldo dalla bella Salamina, invece di un discorso, avendo composto una poesia, universo di parole.
Fossi io di Sicino o di Folegandro, invece che Ateniese, scambiata la patria! Tra gli uomini presto correrà questa fama: "È un Attico costui, di quelli che abbandonarono Salamina".
Andiamo a Salamina, a combattere per la bella isola, e a scrollarci di dosso la vergogna pesante. Invece di un discorso, avendo composto una poesia, universo di parole.
Fossi io di Sicino o di Folegandro, invece che Ateniese, scambiata la patria! Tra gli uomini presto correrà questa fama: "È un Attico costui, di quelli che abbandonarono Salamina".
Andiamo a Salamina, a combattere per la bella isola, e a scrollarci di dosso la vergogna pesante.
Se risparmiai la patria, se alla tirannide non volsi l'animo né all'amara violenza, macchiando e disonorando la mia fama, non mi vergogno: così, credo, sarò superiore a tutti gli uomini.
Non è Solone uomo di mente acuta, né di sagge decisioni: grandi beni il dio gli offriva, ma lui non li accettò. Circondò la preda ma poi, stupito, non tirò a sé la grande rete, mancandogli il coraggio e insieme il senno. Io, preso il potere e arraffata una grande ricchezza, avrei voluto un giorno solo esser tiranno di Atene, e poi che mi scuoiassero per fare un otre, e la mia stirpe fosse distrutta.
Splendenti figlie di Mnemosine e di Zeus Olimpio, Muse Pieridi, la mia preghiera ascoltate. Concedete che io abbia prosperità dagli dèi beati, e da tutti gli uomini grande fama per sempre. Sia io dolce agli amici e aspro ai nemici; per gli uni degno di onore, per gli altri tremendo a vedersi. Desidero avere ricchezze, ma possederle ingiustamente non voglio: sempre, in seguito, giunge Giustizia. La ricchezza, che danno gli dèi, rimane all'uomo salda, dalla sua più profonda radice fino alla cima; la ricchezza, che gli uomini cercano con prepotenza, non viene secondo ordine ma, obbedendo ad azioni ingiuste, segue controvoglia, e subito a lei si mescola Rovina; da poca cosa ha inizio, come avviene per il fuoco: debole è il principio, ma funesta la fine. Tra i mortali non durano le opere della prepotenza. Il compimento di tutte le cose Zeus sorveglia e, all'improvviso - come spazza subito le nuvole il vento di primavera che, rimosso il fondo del mare sterile, dalle molte onde, sulla terra che produce frumento distrugge i bei lavori dei campi, e giunge poi al cielo, l'inaccessibile sede degli dèi, e fa di nuovo vedere il sereno; limpida rifulge allora la forza del sole sulla pingue terra, e nessuna nube si può più vedere -; così è la punizione di Zeus, ma non in ciascuna occasione, come fa un mortale pronto alla collera.
Mai gli sfugge chi ha un cuore malvagio, ma sempre alla fine si disvela. Chi paga subito, chi dopo. Scampino pure alcuni e non li colga il fato divino che sopraggiunge; esso viene ugualmente dopo. Paga chi è senza colpa: o i figli, o la stirpe in futuro.
Tu scendi dalle stelle, o re del cielo, e vieni in una grotta al freddo, al gelo; o Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar. O Dio beato, Ah, quanto ti costò l'avermi amato!
A te che sei del mondo il creatore Mancano panni e fuoco, o mio Signore. Caro eletto pargoletto, quanto questa povertà più m'innamora! Giacché ti fece amor povero ancora.
Tu lasci del tuo Padre il divin seno per venire a penar su questo fieno. Dolce amore del mio core, dove amor ti trasportò? O Gesù mio, per chi tanto patir? Per amor mio!
Ma se fu tuo volere il tuo patire, perché vuoi pianger poi, perché vagire? Sposo mio, amato Dio, mio Gesù, t'intendo sì; ah, mio Signore, tu piangi non per duol, ma per amore.
Tu piangi per vederti da me ingrato dopo sì grande amor sì poco amato. O diletto del mio petto, se già un tempo fu così, or te sol bramo. Caro, non pianger più; ch'io t'amo, io t'amo.
Tu dormi, o Ninno mio; ma intanto il core non dorme, no, ma veglia a tutte l'ore: deh! Mio bello e puro agnello, a che pensi? Dimmi su, oh amore immenso! A morire per te, rispondi io penso.
Dunque a morir per me tu pensi, o Dio. E che altro amar fuori di te poss'io? O Maria, speranza mia, s'io poc'amo il tuo Gesù, non ti sdegnare; amalo tu per me, s'io nol so amare.
Pensando a loro verrà certo in mente, soprattutto alla povera gente, quella povera di un certo intelletto, che non si giudica solo dal " letto ".
Il gusto di avere un affetto o un amore, è proprio nell'intimo del nostro cuore, allora pensiamo quel che si può fare e lasciamo vivere senza giudicare.
Ognuno di noi ha le sue " stranezze ", i dubbi, le angosce, le gioie e certezze, allora si deve per forze additare colui che è " diverso " ma vuole amare?
Diverso perché, da cosa e da chi? Chi è che sancisce le regole qui? Bisogna vedere, qual è il senso e la misura, per cui si giudica con così tanta " cura ".
Il problema, è solo dentro di noi, è il nostro cuore, che è arido ormai, non ha più calore, è divenuto un sasso, che giudica gli altri solo dal sesso.
Allora siam certi, felici e contenti, di essere " etero " in mezzo alle genti, gli " altri " si sà sono " diversi " son solo e semplici: figli " dispersi ".
Guardiamoci in faccia, allora miei cari, cerchiamo di essere fermi e sinceri, di noi nessuno potrà mai sancire, chi è " l'eletto " per poter giudicare.
Chi nel suo piccolo apprezza il valore, solo dell'essere e non dell'apparire, potrà un giorno, col senno di poi, accettare che esistano loro: i gay.
Escono le mattine della domenica dopo che tanto è piovuto e la festa splende nel sole dissepolta; alzano la gaia concitazione delle partenze al mare al giro di ogni nuova mandata e allo scatto del portone corrisponde l'ombra nel fruscìo di una tendina; chi rimane è un viso che si sporge sulla rivalsa di chi parte stanno uniti così, nei giorni più luminosi, lo scorto e chi scorge come labbra mai bagnate da un bacio.
Yo no digo que ponga fin a nada no me hago ilusiones al respecto yo quería seguir poetizando pero se terminó la ispiración. La poesía sa ha portado bien yo me he portado horriblemente mal.
Qué gano con decir yo me he portado bien la poesía se ha portado mal cuando saben que yo soy el culpable.
Está bien que me pase por imbécil!
La poesía sa ha portado bien yo me he portado horriblemente mal la poesía terminó conmigo.
Cada vez que por una u otra razón he debido bajar de mi pequeña torre de tablas he regresado tiritando de frío de soledad de miedo de dolor.
Yo no me pongo triste fácilmente para serles sincero hasta las calaveras me dan risa. Los saluda con lágrimas de sangre el poeta que duerme en una cruz.