Se il cuore è innamorato il fracasso che fa. Io non capisco come mai la gente non se ne avveda mentre quello va tambureggiando sospeso nel petto e non sosti interdetta a domandarsi qual che si sia e chi fa.
Da dove ci chiamano i rimorsi? Assenza, assenza non sa il cuore di chi né di che ima perdutissima sostanza. Sa solo che è incolmabile quel vuoto, quella lacuna non fosse il dilagare, talora, d'una fervida celestiale sovrabbondanza.
L'ora più buia è quella del mattino, fase di mutili grovigli e nodo di pensieri recisi.
Abbiamo dato chiusa sepoltura ai nostri brevi cani e ai nostri morti e la porpora viva del rimorso sanguina in tenue cecità. La notte spegne candele di cipressi, sale in taciuti riflessi e fiamme grevi.
L'occhio disegna un'esile equazione fra litania e squillo di tromba. È tempo di scuoiare il rifugio della mano come corteccia impoverita e siamo genuflessi al miracolo del sole.
Funerario è lo stelo che congiunge gli emisferi dell'ombra e del digiuno in meridiani panici. Sorgiamo all'esatta cadenza del dolore.
Se guardi la neve che scende a coprire la terra, coprire se stessa e tutto ciò che tu non sei, vedrai che è la deriva gravitazionale della luce sul rumore dell'aria che cancella l'aria è il cadere dell'attimo nell'attimo, la sepoltura del sonno, il rovescio dell'inverno, il negativo della notte.
Un altro corpo vicino a te la notte Statue ornano il tuo letto E rose che profumano di gelsomino. Brillano nella tenebra le coperte La pelle cristallo gocciolante. La linea della bocca nell'arco del sorriso Le membra tenere nel miele I tuoi occhi stretti e nella stanza Ali di angeli e di uccelli che ti stordiscono Svolazzando.