Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Baltico del nord

Quando la bufera incipria il porto, quando
i pini, frusciando,
lasciano nell'aria una scia che delle lamine
di una slitta è più fonda,
quale grado di azzurrità può raggiungere
un occhio?
Quale segno
il linguaggio può far germogliare da un
cauto contegno?
Nascondendosi alla vista, il mondo
esterno
prende in ostaggio un volto: bloccato
dalla neve, pallido, inerme.
Così un mollusco rimane fosforescente
sul fondo dell'oceano
e così il selenzio assorbe l'intera velocità
del suono.
Così un fiammifero basta per accendere
un fuoco;
così l'orologio di un nonno, fratello del
battito cardiaco,
essendosi fermato da questo lato
del mare, per mostrare
il tempo all'altro, continua a ticchettare.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Vocali

    A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu:
    vocali,
    Dirò un giorno le vostre origini latenti:
    A nero busto irsuto delle mosche lucenti
    Che ronzano vicino a fetori crudeli,

    Golfi bui; E, candori di vapori e di tende,
    Lance di ghiacciai, bianchi re, brividi
    d'umbelle;
    I, sangue e sputi, porpore, riso di labbra
    belle
    Nella collera o nelle ebbrezze penitenti;

    U, fremiti divini di verdi mari, cicli,
    Pace di bestie al pascolo, pace di quelle
    rughe
    Che imprime alchìmia all'ampia fronte dello
    studioso;

    O, la superna Tromba piena di strani stridi,
    Silenzi visitati dagli Angeli e dai Mondi:
    - O, l'Omega, violetto raggio di quei Suoi
    Occhi!
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Venezia. Guida tascabile

      Sbagliando strada, lentamente (come accade
      a chi, smarritosi, non vuole andare
      brancolando, e scrupoloso consulta la carta,
      eppure va dove lo portano le gambe),

      guidato non dal pilota automatico,
      ma da un organo che si fonde con il ritmo,
      ad ogni svolta compi la tua scelta,
      come un baco intrufolatosi in un labirinto.

      Quando ai capricci più bislacchi
      fa da complice un passo incerto,
      a condurti non è il senso
      dell'orientamento, né la guida, ma il destino.

      Vi son città dove le carte stesse si confondono,
      dove, riflesso nell'eterno vis-à-vis,
      ti rendi conto irrimediabilmente
      di quanto fragile ed effimero tu sia.

      […]

      E lo studioso locale con lo storico pignolo,
      ignorando che vi sia voltato l'angolo,
      vanno a finire in un cortile di colombi,
      dove il leone muove l'ala di pietra –

      accanto a un coccodrillo mezzo morto
      (più che un drago, pare un merluzzo),
      che, infilzato dalla lesina del santo,
      crepa, poveretto, di malinconia

      e di curiosità. Quanto al santo,
      qui è messo alla pari con la bestia
      da lui trafitta – il principio è lo stesso.
      Entrambi anelano a sprofondare nel limo,

      cosa che, peraltro, non sarà presto
      (benché il fondo continui a scendere):
      quanto più cedevole è il basamento,
      tanto meno è soggetto al potere del tempo.

      […]

      Vivere sull'acqua porta a dubitare
      della finitezza, e fa perdere il gusto
      di balbettare "fermati" a un istante –,
      come un bimbo privo di giudizio…

      […]

      Il rovescio delle isole è consunto.
      L'acqua pare insondabile, ma non è profonda.
      Più bianche della panna su una torta,
      le nuvole s'appiccicano alla mia guancia irsuta.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Canal Grande

        Da un palazzo all'altro, dondolando
        sul vaporetto,
        guardando la ruggine spenta di un colore
        bruciato,
        sotto la pioggia di vetro dell'Adriatico,
        made in Murano,
        e nella scia della tranquilla carovana
        mi aprivo un varco da San Marco
        a Rialto
        per un pertugio di legno marcio e di basalto.
        E i pilastri, i balconi, i frontoni, le
        palafitte intagliate,
        le imposte, e i gradini nell'acqua bassa,
        le trine,
        e gli altri arabeschi di pietra s'increspavano
        nel canale,
        e i fianchi del vaporetto respingevano
        i frantumi.
        Nell'umido crepuscolo l'imbarcadero
        s'avanzava coi lampioni colorati, e sull'orlo
        il tavolato
        irrequieto mandava bagliori di perla,
        la città s'offuscava e lampeggiava,
        nell'aere torbido
        della sera, d'increspatura veneziana,
        e gravava con una ciocca tinta scompigliata;
        come scostando dalla fronte un
        capello spezzato,
        Venezia diceva, modulando la voce:
        "Lasciatevi guardare, voi che accanto
        mi passate,
        di faccia e di profilo, e di tutto il visibile,
        nella luce che si spegne prima della
        vera notte,
        lasciatevi guardare da vicino, coi miei occhi.
        Voi girate con la giostra del Tempo,
        dall'ombra uscite nella festa del mattino,
        avanzando assieme all'acqua del canale
        verso la barriera con cui m'incorniciò
        la storia, moltiplicata per la pietra.
        Punto e basta. E dico: Amen!
        Voglio dire nella lingua del clamore
        dalle feritoie del vecchio bastione,
        dalle piazze, dai mercati, dalle
        torri campanarie,
        che la legge veramente sta alla
        vostra volontà.
        Io rimango. Voi passate. Così dev'essere,
        non sono ancora un colonnato in rovina,
        sono tutta intera e giungerò in capo
        al mondo,
        come un mortaio che spara nell'eternità.
        Passerete, ma San Marco resterà,
        una barca deserta se ne andrà
        per il canale,
        nessuno sui ponti, sul litorale,
        e allora leverò lo sguardo al cielo e
        – O Dio! –
        lassù, nella confusa lontananza, dove
        sfreccia un asteroide,
        il mio ultimo spettatore socchiuderà
        gli occhi".
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Di nuovo parlo con i rovi,
          Di nuovo infinito è il bisogno dei pioppi.
          Si freme
          Assieme ad ogni filo d'erba
          Quando si rimane soli.

          Per scordare il tuo rimprovero
          Senza un briciolo d'amore,
          Guardo i passeri saltellare
          Tutto il giorno lungo il cornicione.

          Tra le mani stringo le ginocchia
          Forte, fino a farmi male. Poi di scatto
          Mi rialzo, lancio un fischio
          Da maschiaccio, e mi sfugge un sorriso.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            A Lou Andreas-Salomé

            Non posso ricordare. Ma quei momenti
            puri dureranno in me come
            in fondo a un vaso troppo pieno.
            Non penso a te, ma sono per amore tuo
            e questo mi dà forza.
            Non ti invento nei luoghi
            che adesso senza te non hanno senso.
            Il tuo non esserci
            è già caldo di te, ed è più vero,
            più del tuo mancarmi. La nostalgia
            spesso non distingue. Perché
            cercare allora se il tuo influsso
            già sento su di me lieve
            come un raggio di luna alla finestra.
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