Sarò una stella come le altre perché non c'è stella che s'inabissi ognuno rimane lungo il cielo lungo il lago ghiacciato ed io sono quel punto che rimane là, tra il cielo e la terra, sono il tu dove passa la mia anima perché tutto è fermo, i paesi che sfociano in vallate e non c'è morte, una soltanto, che si distingua dalla vita.
La lepre è enorme, le nubi piccole. La notte luminosa profuma già di code di topo, trifoglio, l'eco veglia, dondola la tua voce da un margine all'altro dell'abetaia: vuoi carezzare il gattino della betulla. Ti sollevo un po'? Abbasso il ramo? No, protesa, ti allunghi da sola.
Se la mano potesse liberarti, cuore, dove andresti? Lontano, oltre tutti i luoghi della terra che questo cielo in corsa rende desolata? Attraverseresti città, colline mari, se la mano ti potesse liberare.
Chi sei tu, lettore che leggi le mie parole tra un centinaio d'anni? Non posso inviarti un solo fiore della ricchezza di questa primavera, una sola striatura d'oro delle nubi lontane. Apri le porte e guardati intorno. Dal tuo giardino in fiore cogli i ricordi fragranti dei fiori svaniti un centinaio d'anno fa. Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire la gioia vivente che cantò in un mattino di primavera, mandando la sua voce lieta attraverso un centinaio d'anni.
Credevo che il mio viaggio fosse giunto alla fine mancandomi oramai le forze. Credevo che la strada davanti a me fosse chiusa e le provviste esaurite. Credevo che fosse giunto il tempo di trovare riposo in una oscurità pregna di silenzio. Scopro invece che i tuoi progetti per me non sono finiti e quando le parole ormai vecchie muoiono sulle mie labbra nuove melodie nascono dal cuore; e dove ho perduto le tracce dei vecchi sentieri un nuovo paese mi si apre con tutte le sue meraviglie.