Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Rinascita

L'esangue primavera già tristemente esilia
L'inverno, tempo lucido, tempo d'arte serena,
E in me, dove un oscuro sangue colma ogni vena,
L'impotenza si stira ed a lungo sbadiglia.
Crepuscoli s'imbiancano tiepidi nella mente
Che come vecchia tomba serra un cerchio di ferro,
Ed inseguendo un sogno vago e bello, io erro
Pei campi ove la linfa esulta immensamente.
Poi procombo snervato di silvestri sentori,
E scavando al mio sogno una fossa col viso,
Mordendo il suolo caldo dove, sbocciano i fiori,
Attendo nell'abisso che il tedio s'alzi... Oh riso
Intanto dell'Azzurro sulla siepe e sui voli
Degli uccelli ridesti che cinguettano al sole!
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Sarah Brown

    Maurizio, non piangere, non sono qui sotto il pino.
    L'aria profumata della primavera bisbiglia nell'erba dolce,
    le stelle scintillano, la civetta chiama,
    ma tu ti affliggi, e la mia anima si estasia
    nel nirvana beato della luce eterna!
    Và dal cuore buono che è mio marito,
    che medita su ciò che lui chiama la nostra colpa d'amore: -
    digli che il mio amore per te, e così il mio amore per lui, hanno foggiato il mio destino — che attraverso la carne raggiunsi lo spirito e attraverso lo spirito, pace.
    Non ci sono matrimoni in cielo,
    ma c'è l'amore.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Lamento per il sud

      La luna rossa, il vento, il tuo colore
      di donna del Nord, la distesa di neve...
      Il mio cuore è ormai su queste praterie,
      in queste acque annuvolate dalle nebbie.
      Ho dimenticato il mare, la grave
      conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
      le cantilene dei carri lungo le strade
      dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
      ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
      nell'aria dei verdi altipiani
      per le terre e i fiumi della Lombardia.
      Ma l'uomo grida dovunque la sorte d'una patria.
      Più nessuno mi porterà nel Sud.
      Oh, il Sud è stanco di trascinare morti
      in riva alle paludi di malaria,
      è stanco di solitudine, stanco di catene,
      è stanco nella sua bocca
      delle bestemmie di tutte le razze
      che hanno urlato morte con l'eco dei suoi pozzi,
      che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
      Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
      costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
      mangiano fiori d'acacia lungo le piste
      nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
      Più nessuno mi porterà nel Sud.
      E questa sera carica d'inverno
      è ancora nostra, e qui ripeto a te
      il mio assurdo contrappunto
      di dolcezze e di furori,
      un lamento d'amore senza amore.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Quasi un madrigale

        Il girasole piega a occidente
        e già precipita il giorno nel suo
        occhio in rovina e l'aria dell'estate
        s'addensa e già curva le foglie e il fumo
        dei cantieri. S'allontana con scorrere
        secco di nubi e stridere di fulmini
        quest'ultimo gioco del cielo. Ancora,
        e da anni, cara, ci ferma il mutarsi
        degli alberi stretti dentro la cerchia
        dei Navigli. Ma è sempre il nostro giorno
        e sempre quel sole che se ne va
        con il filo del suo raggio affettuoso.

        Non ho più ricordi, non voglio ricordare;
        la memoria risale dalla morte,
        la vita è senza fine. Ogni giorno
        è nostro. Uno si fermerà per sempre,
        e tu con me, quando ci sembri tardi.
        Qui sull'argine del canale, i piedi
        in altalena, come di fanciulli,
        guardiamo l'acqua, i primi rami dentro
        il suo colore verde che s'oscura.
        E l'uomo che in silenzio s'avvicina
        non nasconde un coltello fra le mani,
        ma un fiore di geranio.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Colore di pioggia e di ferro

          Dicevi: morte, silenzio, solitudine;
          come amore, vita. Parole
          delle nostre provvisorie immagini.
          E il vento s'è levato leggero ogni mattina
          e il tempo colore di pioggia e di ferro
          è passato sulle pietre,
          sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
          Ancora la verità è lontana.
          E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
          e tu dalle mani grosse di sangue,
          come risponderò a quelli che domandano?
          Ora, ora: prima che altro silenzio
          entri negli occhi, prima che altro vento
          salga e altra ruggine fiorisca.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Il mio paese è l'Italia

            Più i giorni s'allontanano dispersi
            e più ritornano nel cuore dei poeti.
            Là i campi di Polonia, la piana dì Kutno
            con le colline di cadaveri che bruciano
            in nuvole di nafta, là i reticolati
            per la quarantena d'Israele,
            il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido,
            le catene di poveri già morti da gran tempo
            e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
            là Buchenwald, la mite selva di faggi,
            i suoi forni maledetti; là Stalingrado,
            e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
            I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
            dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
            Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
            Il mio paese è l'Italia, o nemico più straniero,
            e io canto il suo popolo, e anche il pianto
            coperto dal rumore del suo mare,
            il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Alle fronde dei salici

              E come potevamo noi cantare
              con il piede straniero sopra il cuore,
              fra i morti abbandonati nelle piazze
              sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
              d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
              della madre che andava incontro al figlio
              crocifisso sul palo del telegrafo?
              Alle fronde dei salici, per voto,
              anche le nostre cetre erano appese,
              oscillavano lievi al triste vento.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Auschwitz

                Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
                amore, lungo la pianura nordica,
                in un campo di morte: fredda, funebre,
                la pioggia sulla ruggine dei pali
                e i grovigli di ferro dei recinti:
                e non albero o uccelli nell'aria grigia
                o su dal nostro pensiero, ma inerzia
                e dolore che la memoria lascia
                al suo silenzio senza ironia o ira.
                Da quell'inferno aperto da una scritta
                bianca: " Il lavoro vi renderà liberi "
                uscì continuo il fumo
                di migliaia di donne spinte fuori
                all'alba dai canili contro il muro
                del tiro a segno o soffocate urlando
                misericordia all'acqua con la bocca
                di scheletro sotto le doccie a gas.
                Le troverai tu, soldato, nella tua
                storia in forme di fiumi, d'animali,
                o sei tu pure cenere d'Auschwitz,
                medaglia di silenzio?
                Restano lunghe trecce chiuse in urne
                di vetro ancora strette da amuleti
                e ombre infinite di piccole scarpe
                e di sciarpe d'ebrei: sono reliquie
                d'un tempo di saggezza, di sapienza
                dell'uomo che si fa misura d'armi,
                sono i miti, le nostre metamorfosi.

                Sulle distese dove amore e pianto
                marcirono e pietà, sotto la pioggia,
                laggiù, batteva un no dentro di noi,
                un no alla morte, morta ad Auschwitz,
                per non ripetere, da quella buca
                di cenere, la morte.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Al padre

                  Dove sull'acque viola
                  era Messina, tra fili spezzati
                  e macerie tu vai lungo binari
                  e scambi col tuo berretto di gallo
                  isolano. Il terremoto ribolle
                  da due giorni, è dicembre d'uragani
                  e mare avvelenato. Le nostre notti cadono
                  nei carri merci e noi bestiame infantile
                  contiamo sogni polverosi con i morti
                  sfondati dai ferri, mordendo mandorle
                  e mele dissecate a ghirlanda. La scienza
                  del dolore mise verità e lame
                  nei giochi dei bassopiani di malaria
                  gialla e terzana gonfia di fango.

                  La tua pazienza
                  triste, delicata, ci rubò la paura,
                  fu lezione di giorni uniti alla morte
                  tradita, al vilipendio dei ladroni
                  presi fra i rottami e giustiziati al buio
                  dalla fucileria degli sbarchi, un conto
                  di numeri bassi che tornava esatto
                  concentrico, un bilancio di vita futura.

                  Il tuo berretto di sole andava su e giù
                  nel poco spazio che sempre ti hanno dato.
                  Anche a me misurarono ogni cosa,
                  e ho portato il tuo nome
                  un po' più in là dell'odio e dell'invidia.
                  Quel rosso del tuo capo era una mitria,
                  una corona con le ali d'aquila.
                  E ora nell'aquila dei tuoi novant'anni
                  ho voluto parlare con te, coi tuoi segnali
                  di partenza colorati dalla lanterna
                  notturna, e qui da una ruota
                  imperfetta del mondo,
                  su una piena di muri serrati,
                  lontano dai gelsomini d'Arabia
                  dove ancora tu sei, per dirti
                  ciò che non potevo un tempo - difficile affinità
                  di pensieri - per dirti, e non ci ascoltano solo
                  cicale del biviere, agavi lentischi,
                  come il campiere dice al suo padrone:
                  "Baciamu li mani". Questo, non altro.
                  Oscuramente forte è la vita.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
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                    Natale

                    Natale. Guardo il presepe scolpito,
                    dove sono i pastori appena giunti
                    alla povera stalla di Betlemme.
                    Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
                    salutano il potente Re del mondo.
                    Pace nella finzione e nel silenzio
                    delle figure di legno: ecco i vecchi
                    del villaggio e la stella che risplende,
                    e l'asinello di colore azzurro.
                    Pace nel cuore di Cristo in eterno;
                    ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.
                    Anche con Cristo e sono venti secoli
                    il fratello si scaglia sul fratello.
                    Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino
                    che morirà poi in croce fra due ladri?
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