Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)
Voi, che 'n marmi, in colori, in bronzo, in cera
imitate e vincete la natura,
formando questa e quell'altra figura,
che poi somigli a la sua forma vera,
venite tutti in graziosa schiera
a formar la più bella creatura,
che facesse giamai la prima cura,
poi che con le sue man fè la primiera.
Ritraggete il mio conte, e siavi a mente
qual è dentro ritrarlo, e qual è fore;
sì che a tanta opra non manchi niente.
Fategli solamente doppio il core,
come vedrete ch'egli ha veramente
il suo e 'l mio, che gli ha donato Amore.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Quando i' veggio apparir il mio bel raggio,
    parmi veder il sol, quand'esce fòra;
    quando fa meco poi dolce dimora,
    assembra il sol che faccia suo viaggio.
    E tanta nel cor gioia e vigor aggio,
    tanta ne mostro nel sembiante allora,
    quanto l'erba, che pinge il sol ancora
    a mezzo giorno nel più vago maggio.
    Quando poi parte il mio sol finalmente,
    parmi l'altro veder, che scolorita
    lasci la terra andando in occidente.
    Ma l'altro torna e rende luce e vita;
    e del mio chiaro e lucido oriente
    è 'l tornar dubbio e certa la partita.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Chiaro e famoso mare,
      sovra 'l cui nobil dosso
      si posò 'l mio signor, mentre Amor volle;
      rive onorate e care
      (con sospir dir lo posso),
      che 'l petto mio vedeste spesso molle;
      soave lido e colle,
      che con fiato amoroso
      udisti le mie note,
      d'ira e di sdegno vòte,
      colme d'ogni diletto e di riposo;
      udite tutti intenti
      il suon or degli acerbi miei lamenti.
      Ì dico che dal giorno
      che fece dipartita
      l'idolo, ond'avean pace i miei sospiri,
      tolti mi fûr d'attorno
      tutti i ben d'esta vita;
      e restai preda eterna dè martìri:
      e, perch'io pur m'adiri
      e chiami Amor ingrato,
      che m'involò sì tosto
      il ben ch'or sta discosto,
      non per questo a pietade è mai tornato;
      e tien l'usate tempre,
      perch'io mi sfaccia e mi lamenti sempre.
      Deh fosse men lontano
      almen chi move il pianto,
      e chi move le giuste mie querele!
      Ché forse non invano
      m'affligerei cotanto,
      e chiamerei Amor empio e crudele,
      ch'amaro assenzio e fele
      dopo quel dolce cibo
      mi fè, lassa, gustare
      in tempre aspre ed amare.
      O duro tòsco, che 'n amor delibo,
      perché fai sì dogliosa
      la vita mia, che fu già sì gioiosa?
      Almen, poi che m'è lunge
      il mio terrestre dio,
      che sì lontano ancor m'apporta guai,
      il duol che sì mi punge
      non mandasse in oblio,
      e l'udisse ei, per cui piansi e cantai:
      men acerbi i miei lai,
      men cruda la mia pena,
      men fiero il mio tormento,
      che giorno e notte sento,
      fôra per la sua luce alma e serena;
      e sariami 'l dispetto
      dolce sovra ogni dolce alto diletto.
      S'egli è pur la mia stella,
      e se s'accorda il cielo,
      ch'io moia per cagion così gradita,
      venga Morte, e con ella
      Amor, e questo velo
      tolgan, ed esca fuor l'alma smarrita;
      che, da suo albergo uscita,
      volerà lieta in parte,
      dove s'avrà mercede
      de la sua viva fede,
      fede d'esser cantata in mille carte.
      Ma, lassa, a che non torna
      chi le tenebre mie con gli occhi adorna?
      Se tu fossi contenta,
      canzon, come sei mesta,
      n'andresti chiara in quella parte e 'n questa.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Ascolto Istanbul

        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
        Spira una leggera brezza dapprima
        Lentamente oscillano
        Le foglie sugli alberi
        Da lontano, molto lontano
        I perenni trilli degli acquaioli
        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
        E mentre passano gli uccelli
        A stormi e stridii dall'alto
        Le reti si ritirano dalle chiuse
        I piedi di una donna sfiorano l'acqua
        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
        Sono freschi i bazar
        Allegro Mahmut pascià
        Pieni di colombi i cortili
        Pervengono battiti di martello dai bacini
        Dalla dolce brezza primaverile odori di sudore
        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
        Ebbra di passati favori
        Una villa dalle darsena buie
        Fra il mugghio dell'acquietato scirocco
        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
        Passa una fraschetta sul marciapiede
        Imprecazioni, motivetti, canzoni, frizzi
        Dalla sua mano cade qualcosa sul selciato
        Dev'essere una rosa
        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi.

        Ascolto Istanbul ad occhi chiusi
        Ai suoi piedi si dibatte un uccello
        Non so se la tua fronte scotti o no
        Non so se le tue labbra siano umide o no
        Dietro i pistacchi nasce una luna candida
        Lo percepisco dai battiti del tuo cuore
        Ascolto Istanbul.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Betlemme

          O Betlemme, città del Natale,
          dunque è ritornato il tempo
          in cui devi tu rallegrare il nuovo
          il mondo, il mondo universo.
          Quei che credono e quei che non vogliono
          battere la via angusta della croce,
          si trovano insieme, comunque, a Betlemme.

          Ahi, forse il Verbo di Verità è per certuni
          soltanto una bella, una vecchia leggenda!
          Eppure quella prima notte, quel primo Natale
          negli anni remoti di Erode,
          torna a loro nella mente ogni anno,
          quando le campane suonano per Natale,
          e debbono anche loro guardare indietro, nei secoli.

          Ancorché pene e fatiche e vanità e bugie
          riempiano l'andar lento dei giorni
          vien pure alla fine una notte santa,
          una notte che sorge in un altro mondo;
          e quando l'anno declina tardo,
          giunge come la neve di Dio,
          una neve di pace sulla terra.

          O neve natalizia di Betlemme,
          cadi soavemente in morbide falde,
          e semina il grano che deve germinare
          nei campi dell'eternità.
          Fà cadere in silenzio candidi semi
          nei cuori oscuri e freddi,
          intirizziti dal freddo della notte.

          O Bambino Gesù, sulla paglia del presepio
          fà tacere le voci del mondo.
          Non c'è luogo nel mondo
          dove abiterei più contento:
          portami via dai rischi e dalle cadute,
          dammi casa a Betlemme,
          presso di te, santa Maria.
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Silvana Stremiz
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            I tre santi Re Magi dall'Oriente

            I tre santi Re Magi dall'Oriente
            Chisedono in ogni piccola città:
            "Cari ragazzi e giovinette, dite,
            la strada per Betlemme è per di qua? "

            Ma i giovani ed i vecchi non lo sanno
            E i tre Re Magi sempre avanti vanno;
            ma una cometa d'oro li conduce
            che lassù chiara e amabile riluce.

            La stella sulla casa di Giuseppe
            Ecco s'arresta: là devono entrare.
            Il bovetto muggisce, il bimbo strilla,
            e i tre Re Magi prendono a cantare.
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Silvana Stremiz
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Al nostro re Teopompo, caro agli dèi

              Al nostro re Teopompo, caro agli dèi,
              per merito del quale conquistammo Messene, dalle ampie contrade
              ...
              Messene, luogo bello per arare, bello per piantare
              ...
              intorno ad essa combatterono per diciannove anni,
              sempre, senza interruzione, con animo coraggioso,
              i guerrieri, padri dei nostri padri.
              E nel ventesimo anno, lasciati i pingui campi,

              quelli fuggivano dalle alte cime dell'Itome.
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Silvana Stremiz
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Per un uomo valoroso è bello cadere morto

                Per un uomo valoroso è bello cadere morto
                combattendo in prima fila per la patria;
                abbandonare la propria città e i fertili campi
                e vagare mendico, è di tutte la sorte più misera,
                con la madre errando e con il vecchio padre,
                con i figli piccoli e la moglie.
                Sarà odioso alla gente presso cui giunge,
                cedendo al bisogno e alla detestata povertà:
                disonora la stirpe, smentisce il florido aspetto;
                disprezzo e sventura lo seguono.
                Se, così, dell'uomo randagio non vi è cura,
                né rispetto, neppure in futuro per la sua stirpe,
                con coraggio per questa terra combattiamo, e per i figli
                andiamo a morire, senza più risparmiare la vita.
                Vota la poesia: Commenta
                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Talor mentre cammino per le strade

                  Talor, mentre cammino per le strade
                  della città tumultuosa solo,
                  mi dimentico il mio destino d'essere
                  uomo tra gli altri, e, come smemorato,
                  anzi tratto fuor di me stesso, guardo
                  la gente con aperti estranei occhi.

                  M'occupa allora un puerile, un vago
                  senso di sofferenza ed ansietà
                  come per mano che mi opprima il cuore.
                  Fronti calve di vecchi, inconsapevoli
                  occhi di bimbi, facce consuete
                  di nati a faticare e a riprodursi,
                  facce volpine stupide beate,
                  facce ambigue di preti, pitturate
                  facce di meretrici, entro il cervello
                  mi s'imprimono dolorosamente.
                  E conosco l'inganno pel qual vivono,
                  il dolore che mise quella piega
                  sul loro labbro, le speranze sempre
                  deluse,
                  e l'inutilità della loro vita
                  amara e il lor destino ultimo, il buio.

                  Ché ciascuno di loro porta seco
                  la condanna d'esistere: ma vanno
                  dimentichi di ciò e di tutto, ognuno
                  occupato dall'attimo che passa,
                  distratto dal suo vizio prediletto.

                  Provo un disagio simile a chi veda
                  inseguire farfalle lungo l'orlo
                  d'un precipizio, od una compagnia
                  di strani condannati sorridenti.
                  E se poco ciò dura, io veramente
                  in quell'attimo dentro m'impauro
                  a vedere che gli uomini son tanti.
                  Vota la poesia: Commenta