E te, leggiadra Venere, Te canteremo ancora, O Dea, più fresca e rosea Della serena Aurora; Te, cui le Grazie morbide Sieguon coi biondi Amori, Te, che tra Giuno e Pallade Avesti i primi onori. Ma non avrai di giubilo Canti, vezzosa Dea; Suoni giocosi ed ilari La cetra un dì spargea; Or già non più: ché scorsero Què sì beati giorni, Sacri ad amor purissimo, Da mutua pace adorni. Me di fanciulla instabile Arde l'incerta fede; Mal possono le lagrime Di cui le bagno il piede. A te ricorro io supplice, O tra la belle bella; Almen tu, piega l'anima Della mia rea donzella. Te di Neera il tenero Cantor chiamar solea, Quando fra voti flebili All'are tue sedea; E con fragranti aromati, Con fiori al suol, dispersi Su la gemente cetera A te innalzava i versi. L'aitasti, o Dea? Le lagrime Tergesti a lui pietosa? Tornò per te a quel misero La ninfa sua ritrosa? Ah no! Tu, Diva idalia, Che in ogni dove imperi Su l'infelice giovane Giravi i lumi alteri. Né Adon membrasti, e i gemiti, E il ripercosso petto, Allor che in sé porgeati Dè mali suoi l'aspetto, Te pure Amor con l'aureo Dardo, te pur ferìo; Lo sa il tuo cor medesimo Quanto è tiran quel Dio. Pianti d'amor sgorgarono Dal tuo beante ciglio; Eppur, ch'il crede? Piacquero Quei pianti al crudo figlio Pietà, gran Dea: d'un misero aleggia i tristi affanni, Che di sua, età più florida Consacra a te i begli anni. Pietà! - La mesta effigie Del volto mio tu mostra, Tra le sognate immagini A la fanciulla nostra. Fà che il suo cor le palpiti Con moto non più inteso; Fà che di fiamma ingenua Sentasi il core acceso. Ah! se da quel di porpora Labbro suonar io sento, T'amo, per me nettareo Per me beato accento; Sacerdotessa, o Venere, Sempre farò che sia Attenta ai tuoi misterii Questa fanciulla mia.
O tu, cui dolce imperio Sa i cor natura diede, Bionda beltà, cui servono Tenero Amore e Fede, De' versi miei spontanei Accetta ingenuo dono, Se a te i miei versi piacciono Anch'io poeta or sono. D'un tuo sorriso roseo Irraggia i canti miei, Che i tuoi sorrisi beano Fin su l'Olimpo i Dei. Tu di leggiadra vergine Splendi negli occhi vaghi, Donde con dardi amabili Soavemente impiaghi; E tu sul labbro armonico, O Dea, vi stai scolpita, Che mentre accenti modula A sospirare invita. Ancelle tue ti sieguono Le linde Grazie, e stanno TuttE su un braccio latteo Con cui tu tessi inganno; Inganno tessi; e all'anima D'un giovanetto amante Rendi più dolce e tenero Il vezzo più incostante. Ma, o bionda Dea, se furono A te miei spirti avvinti, Se i miei versi cantarono Da' tuoi color dipinti; Pietà d'un Vate: al misero Gli arde fanciulla il seno; Fa' ch'ella sia più stabile, O men vezzosa almeno. Vola ne' dì purpurei Il garzoncel di Flora; Vieni, ella dice, o Zefiro, In braccio a chi t'adora; Vieni.... Ma sordo e celere Ei fugge, e non l'ascolta; Quando a lui piace è libero, E la catena ha sciolta. Ahi che pur scioglie il laccio Questa tiranna mia; Ama; ma impune fuggesi D'amor s'ella il desia. Lasso! ch'io pur desidero Fuggir da' lacci suoi, Ma tu, Beltade amabile, Tu consentir non vuoi
Dell'uom la prima inobbedienza e il frutto Dell'arbore vietata, onde l'assaggio Diede noi tutti a morte e all'infinite Miserie, lungo dal perduto Edenne, Finché l'uomo divino alle beate Perdute sedi redentor ne assunse, Canta, o Musa celeste! E tu in Orebbo, E tu del Sinai sul secreto giro Già spiravi il pastori che...
Chi medita fra 'l tacito Saggio orrore di grotte, E di Giob su le pagine Tragge vigile nette, E chi in ribrezzo fugge Donde la colpa rugge?
Guai guai! d'ira e giustizia Il Lione passeggia, Le zampe e i labbri insanguina Entro splendida reggia, 10 E all'universo folle Un regicidio estolle.
Tutto imperversa: ingemina Il nitrir de' cavalli, Mentre fra bronzi orrisoni Rimbombano i timballi, E infuriata guerra Cittadi sfianca e atterra
Ma qual candida Vergine In puro ammanto ascosa Fra gli orrori dell'eremo In grembo a Dio riposa, E il volto ingenuo copre Rimpetto a orribil opre!
Vien meco, o Eletta, a piangere Il soqquadrato mondo, Ch'ode gli eterei fulmini, E corre furibondo A trar suoi giorni eterni Ne' spalancati averni:
Vieni; e stringendo in lagrime L'insanguinata Croce, A Dio manda fra 'l gemito Pietosa innocua voce, Mentr'io per l'erbe intanto Di terror spargo un canto.
Vedilo! È Dio che l'aere Sol con un braccio occupa, Ed accigliato spazia Entro tuonante e cupa Carca di piaghe nube, Mentre ai fulmini jube.
Forse avverrà che al flebile Suono di tue parole A noi s'apra più splendido Di sua pietade il sole, E dall'olimpio trono Spanda mite perdono.
Già di sterminio l'Angelo Su Morte accavalcato Punìa dell'empia Ninive Il delitto ostinato; Già vibrava furente Su lei brando rovete;
Ma al suol sparsa di cenere Penitenza prostrosse, E squallida di Jehova L'augusta ira rimosse, Ed arrestò la mano Al feritor sovrano.
Parole dopo lungo silenzio; è giusto Ogni altro amante allontanato o morto, La luce ostile della lampada velata, Le tendine abbassate sopra la notte ostile, Giusto che discutiamo e discettiamo Sul tema supremo dell'Arte e del Canto: Decrepitezza del corpo è saggezza; Giovani ci amavamo e eravamo ignoranti.
Da L'Italia sepolta sotto la neve (Parte quarta, Le trenta miserie d'Italia)
XII
La miseria della misera Italia numero dodici la testa in fiamme la sterpaglia della festa dei pensieri paglia che avvampa brucia fra braci di fumo. Si consumano notizie mescolate al ricordo di vecchie età l'armamentario sul carro della vita in corsa è spazio di fresca primavera. Altrove polvere sollevata dall'auto nella strada di campagna odora di mele mentre il merlo s'allontana stride forte a filo dell'erba lungo il mare siepi siepi siepi di oleandri abbandonati e pini scavezzati dai venti secolari camminano a terra. Può la morte ordire il suo acuminato massacro ridurre in cenere il delfino il vascello in fuoco la sovrastante nuvola in ciclone e travolgere la vita? Il fervore trascinato in gorgo l'esistente in un attimo è scomparso giovinezza è il ricordo poi sull'occhio chiuso del cielo interminabile di tetti e alla fine dimenticare la tomba dei vecchi eroi? Quante primavere gli uomini fuggitivi abbandonano alle giovani ali che arrivano portate dal garbino? Si può considerare l'opportunità di non rassegnarsi bruciare il carro del vincitore anche le nostre bandiere. Per favore.