Poesie d'Autore


Scritta da: Mariella Buscemi
in Poesie (Poesie d'Autore)
In difesa della me più disabitata
ho contato cento mani in assedio
ai piedi della mia anima sfitta
ma non c'è posto alla mia mensa

a dare la parvenza di un tutto intero
e persino doppia
per trovare di me
la metà che sono
e bastarmi
addirittura
mi avanzo
come scarto
al convivio stanco della mia carne
fatta pane per saziarmi
simposio decadente
sinossi dei digiuni imposti

sul telaio delle mie fughe,
il dipinto scheggiato di chi m'insegue
- ho mille solitudini, una per ogni occasione diversa -

sul tuo richiamo
sono nemo senza nome.
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    Scritta da: Rosita Matera
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Meriggio

    A mezzo il giorno
    sul Mare etrusco
    pallido verdicante
    come il dissepolto
    bronzo dagli ipogei, grava
    la bonaccia. Non bava
    di vento intorno
    alita. Non trema canna
    su la solitaria
    spiaggia aspra di rusco,
    di ginepri arsi. Non suona
    voce, se acolto.
    Riga di vele in panna
    verso Livorno
    biancica. Pel chiaro
    silenzio il Capo Corvo
    l'isola del Faro
    scorgo; e più lontane,
    forme d'aria nell'aria,
    l'isole del tuo sdegno,
    o padre Dante,
    la Capraia e la Gorgona.
    Marmorea corona
    di minaccevoli punte,
    le grandi Alpi Apuane
    regnano il regno amaro,
    dal loro orgoglio assunte.

    La foce è come salso
    stagno. Del marin colore,
    per mezzo alle capanne,
    per entro alle reti
    che pendono dalla croce
    degli staggi, si tace.
    Come il bronzo sepolcrale
    pallida verdica in pace
    quella che sorridea.
    Quasi letèa,
    obliviosa, eguale,
    segno non mostra
    di corrente, non ruga
    d'aura. La fuga
    delle due rive
    si chiude come in un cerchio
    di canne, che circonscrive
    l'oblío silente; e le canne
    non han susurri. Più foschi
    i boschi di San Rossore
    fan di sé cupa chiostra;
    ma i più lontani,
    verso il Gombo, verso il Serchio,
    son quasi azzurri.
    Dormono i Monti Pisani
    coperti da inerti
    cumuli di vapore.

    Bonaccia, calura,
    per ovunque silenzio.
    L'Estate si matura
    sul mio capo come un pomo
    che promesso mi sia,
    che cogliere io debba
    con la mia mano,
    che suggere io debba
    con le mie labbra solo.
    Perduta è ogni traccia
    dell'uomo. Voce non suona,
    se ascolto. Ogni duolo
    umano m'abbandona.
    Non ho più nome.
    E sento che il mio vólto
    s'indora dell'oro
    meridiano,
    e che la mia bionda
    barba riluce
    come la paglia marina;
    sento che il lido rigato
    con sì delicato
    lavoro dell'onda
    e dal vento è come
    il mio palato, è come
    il cavo della mia mano
    ove il tatto s'affina.

    E la mia forza supina
    si stampa nell'arena,
    diffondesi nel mare;
    e il fiume è la mia vena,
    il monte è la mia fronte,
    la selva è la mia pube,
    la nube è il mio sudore.
    E io sono nel fiore
    della stiancia, nella scaglia
    della pina, nella bacca,
    del ginepro: io son nel fuco,
    nella paglia marina,
    in ogni cosa esigua,
    in ogni cosa immane,
    nella sabbia contigua,
    nelle vette lontane.
    Ardo, riluco.
    E non ho più nome.
    E l'alpi e l'isole e i golfi
    e i capi e i fari e i boschi
    e le foci ch'io nomai
    non han più l'usato nome
    che suona in labbra umane.
    Non ho più nome né sorte
    tra gli uomini; ma il mio nome
    è Meriggio. In tutto io vivo
    tacito come la Morte.

    E la mia vita è divina.
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      Scritta da: Mariella Buscemi
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Se Tu avessi scorto
      tutto il mio abisso, dentro,
      riccio di mare
      con gli aculei sulle sponde,
      il mio corpo indifeso
      sarebbe rimasto argine sulla battigia
      a placare la risacca delle tue mani.

      Sul pelo d'acqua, fuori
      mi sono eletta ninfea
      sul pacificare della corrente
      come fossi gomena ardita ancorata all'ormeggio.

      Sui tonfi dei sassi
      spirali e cerchi di vita
      sui click dei battiti.
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        Scritta da: Mariella Buscemi
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Sentirmi è comando
        per tutte le sorde promesse
        i tonfi degli eventi
        gli attutiti fatti
        i sommessi inganni
        il cuore taciuto
        È rimasto un urlo nel sonno
        e la voce che diceva
        e la gola che riscattava
        nessun nuovo dire
        se non l'eco
        come d'un mare antico
        di me, colorata di battigia
        una vecchia alga alla caviglia sinistra
        l'acqua che rinfresca
        se qualcosa d'arso fosse rimasto
        si posi un bruciore estinto
        Cenere
        rimane
        solo
        sui fondali.
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          Scritta da: Mariella Buscemi
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Ho preferito il buio di mille profumi
          e mi sono portata dai fiori
          a riprova delle primavere estinte
          sull'inchino del solstizio
          di fronte al più lungo equinozio
          su un'alba fracassata di cento giorni d'assenza
          - tanti i petali sotto i piedi -
          Quali colori avessero le essenze
          lo ha detto il tempo
          che ancòra aspetto di mattino presto
          sotto l'umida rugiada e le ragnatele
          ché i fili mi fanno anelli tra le dita
          alla luce di mille profumi che ho preferito.
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            Scritta da: Mariella Buscemi
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Sapessi leggermi
            Questo mio tetro teatro
            Dipingeresti di terrore
            I sorrisi dei pagliacci
            E saliresti sulle altalene delle mie paure
            Dove le corde sono liane
            Nei boschi autunnali del mio cuore.
            Della pioggia di oggi
            Potresti ancora lavarti le mani
            Sull'umidità dei miei capelli
            E sederti al riparo del collo.
            Guardarsi sarebbe coraggioso infinito.
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              Scritta da: Mariella Buscemi
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              All'improvviso
              è stato sipario sul mio cuore
              e tutta l'esistenza si è aperta teatrale
              dai miei occhi, divenuti scena
              nel secondo atto delle mie pupille
              così sequenziali i ricordi
              sugli episodi delle ciglia cadenti
              come stelle
              urlare, soliste, il loro desiderio
              di tutto un cielo piangere le voglie
              e le passioni degli astri
              nell'inizio della notte
              su un pubblico di ombre
              e le mie mani ad applaudirmi
              attrice, protagonista nelle mille probabilità
              d'una me possibile.
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