Se avessi potuto tenerti nel mio cuore, se solo avessi potuto in me avvolgerti, quanto sarei stato felice! Ma ora la carta della memoria davanti una volta ancora mi srotola il corso del nostro viaggio sin qui, qui dove ci separiamo.
E dire che tu non sei mai, mai stata una qualche tua realtà, amor mio, e mai alcuna delle tue varie facce ho visto! Eppure esse mi vengono e vanno avanti, e io forte piango in quei momenti.
Oh, mio amore, come stanotte fremo per te, pur senza più speranza alcuna di alleviar la sofferenza o ricompensarti per tutta una vita di desiderio e disperazione. Riconosco che una parte di me è morta stanotte!
Voi vorreste conoscere il segreto della morte, ma come potrete scoprirlo se non cercandolo nel cuore della vita? Il gufo, i cui occhi notturni sono ciechi al giorno, non può svelare il mistero della luce. Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita. Poiché la vita e la morte sono una cosa sola, come una sola cosa sono il fiume e il mare. Nella profondità dei vostri desideri e speranze, sta la vostra muta conoscenza di ciò che è oltre la vita; e come i semi sognano sotto la neve, il vostro cuore sogna la primavera. Confidate nei sogni, poiché in essi si cela la porta dell'eternità. La vostra paura della morte non è che il tremito del pastore davanti al re che posa la mano su di lui in segno di onore. In questo suo fremere, il pastore non è forse pieno di gioia poiché porterà l'impronta regale? E tuttavia non è forse maggiormente assillato dal suo tremito? Che cos'è morire, se non stare nudi nel vento e disciogliersi al sole? E che cos'è emettere l'estremo respiro se non liberarlo dal suo incessante fluire, così che possa risorgere e spaziare libero alla ricerca di dio? Solo se berrete al fiume del silenzio, potrete davvero cantare. E quando avrete raggiunto la vetta del monte, allora incomincerete a salire. E quando la terra esigerà il vostro corpo, allora danzerete realmente.
Quando mi comandi di cantare, il mio cuore sembra scoppiare d'orgoglio e fisso il tuo volto e le lacrime mi riempiono gli occhi. Tutto ciò che nella mia vita vi è di aspro e discorde si fonde in dolce armonia, e la mia adorazione stende l'ali come un uccello felice nel suo volo a traverso il mare. So che ti diletti del mio canto, che soltanto come cantore posso presentarmi al tuo cospetto. Con l'ala distesa del mio canto sfioro i tuoi piedi, che mai avrei pensato di poter sfiorare. Ebbro della felicità del mio canto dimentico me stesso e chiamo amico te che sei il mio signore.
Mi hai fatto senza fine questa è la tua volontà. Questo fragile vaso continuamente tu vuoti continuamente lo riempi di vita sempre nuova. Questo piccolo flauto di canna hai portato per valli e colline attraverso esso hai soffiato melodie eternamente nuove. Quando mi sfiorano le tue mani immortali questo piccolo cuore si perde in una gioia senza confini e canta melodie ineffabili. Su queste piccole mani scendono i tuoi doni infiniti. Passano le età, e tu continui a versare, e ancora c'è spazio da riempire.
Il modo tuo d'amare è lasciare che io ti ami. Il sì con cui ti abbandoni è il silenzio. I tuoi baci sono offrirmi le labbra perché io le baci. Mai parole o abbracci mi diranno che esistevi e mi hai amato: mai. Me lo dicono fogli bianchi, mappe, telefoni, presagi; tu, no. E sto abbracciato a te senza chiederti nulla, per timore che non sia vero che tu vivi e mi ami. E sto abbracciato a te senza guardare e senza toccarti. Non debba mai scoprire con domande, con carezze, quella solitudine immensa d'amarti solo io.
I recessi ombrosi dove in sogno io vedo i più vaghi uccelli canori, son come labbra - e tutta la tua melodia di parole cui il labbro da forma. - I tuoi occhi, gemme nel cielo del cuore, desolati si posano allora, o Dio!, sulla mia mente funerea - luce di stelle su un nero drappo.
Il tuo cuore - il tuo cuore! Mi ridesto e sospiro, e dormo per sognare di quella verità che l'oro non può mai comprare - e di quelle futilità che sempre può, invece.
Pensando, intrecciando ombre nella solitudine profonda. Persino tu sei lontana, oh, più lontana di tutti. Pensando, liberando uccelli, dileguando immagini, sotterrando lampade. Campanili di nebbie, così distante, lassù in alto! Soffocando lamenti, macinando oscure speranze, silenzioso mugnaio, la notte cade bocconi ai tuoi piedi, lontano dalla città.
La tua presenza mi è estranea, curiosa come quella di un oggetto. Penso, cammino a lungo, la mia vita prima di te. La mia vita prima di tutti, la mia ruvida vita. Il grido di fronte al mare, tra le pietre, che corre libero, folle, nel vapore del mare. La furia triste, il grido, la solitudine del mare. Straripante, violento, teso verso il cielo.
Tu, donna, che cos'eri lì, quale piega, quale stecca di quell'immenso ventaglio? Eri lontana come ora. Incendio nel bosco! Arde in croci azzurrine. Arde, arde, infiamma, sfavilla in alberi di luce. Crolla, crepita. Incendio. Incendio. E la mia anima balla ferita da trucioli infuocati. Chi chiama? Quale silenzio popolato di echi? Ora della nostalgia, ora della gioia, ora della solitudine, ora mia tra tutte! Conchiglia in cui il vento passa cantando. Tanta passione di pianto avvinghiata al mio corpo.
Sussulto di tutte le radici, assalto di tutte le onde! Girava, allegra, triste, interminabile, la mia anima.
Pensando, sotterrando lampade nella solitudine profonda. Chi sei tu, chi sei?
Ricordo com'eri l'autunno scorso. Eri il basco grigio e il cuore quieto. Nei tuoi occhi lottavano i bagliori del crepuscolo. E le foglie cadevano sull'acqua della tua anima.
Aggrappata alle mie braccia come un rampicante, le foglie raccoglievano la tua voce lenta e calma. Falò di stupore in cui la mia sete bruciava. Dolce giacinto azzurro curvato sulla mia anima.
Sento vagare il tuo sguardo e l'autunno è lontano: basco grigio, voce d'uccello e cuore famigliare dove migravano i miei desideri profondi e cadevano i miei baci allegri come braci.
Cielo dalla nave. Campo dai colli. Il tuo ricordo è di luce, di fumo e di stagno quieto! Oltre i tuoi occhi ardevano i tramonti. Foglie secche d'autunno giravano nella tua anima.
Qui ti amo. Tra i pini scuri si srotola il vento. Brilla fosforescente la luna su acque erranti. Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.
Si dirada la nebbia in figure danzanti. Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto. A volte una vela. Alte, alte stelle.
O la croce nera di una nave. Solo. A volte mi alzo all'alba e persino la mia anima è umida. Suona, risuona il mare lontano. Questo è un porto. Qui io ti amo.
Qui io ti amo e invano l'orizzonte ti occulta. Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde. A volte vanno i miei baci su quelle navi gravi, che corrono sul mare dove non arriveranno. Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
Sono più tristi le banchine quando ormeggia la sera. Si stanca la mia vita inutilmente affamata. Amo quel che non ho. Tu sei così distante. La mia noia lotta con lenti crepuscoli. Ma poi giunge la notte e inizia a cantarmi. La luna proietta la sua pellicola di sogno.
Mi guardano con i tuoi occhi le stelle più grandi. E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie metalliche