Scritta da: Stefano Medel
in Poesie (Poesie personali)
Quel che resta della notte
Vago in quel che resta della notte;
cercando la pace,
cercando il riposo;
l'alba è alle porte,
tra poco,
tra poco;
è già qui.
Composta sabato 11 maggio 2013
Vago in quel che resta della notte;
cercando la pace,
cercando il riposo;
l'alba è alle porte,
tra poco,
tra poco;
è già qui.
Galleggio sulle onde dei sensi
impavido sfido le tempeste dell'anima,
lampi di luce su occhi feriti
l'alba insidiosa m'acceca!
Dio dammi la forza
per vincere il turbine,
il vento del male
che soffia sui corpi
le frecce dell'uomo avvelenate,
Dio dammi riparo dai dardi infuocati
delle lingue di drago rosse di fuoco
dal riso beffardo di uomini vili!
Patire il dolore dall'uomo egoista
un bimbo che soffre,
che muore di fame
un bimbo alle prese
di un peccatore mortale
proteggilo sempre
non farlo soffrire.
Le madri picchiate
son rose estirpate
innaffiale sempre del tuo amore
immortale.
Il pianto ti sveste
oltre l'intimo e gli odori.
Ci dice chi sei
perché sei qui, in curva.
Ci svela le fragilità
le passioni, le paure
il tuo pianto
ci svela il tuo Amore.
Perché le lacrime non mentono.
Forza Napoli!
La parola mamma risuona in ogni cuore
E quando soffre nella sua vita
Non dimentica il dolore
Se piange le sue lacrime nasconde
Che scendono giù come dolci onde
E sono avvolte come mare tempestoso
La mamma per sé non trova mai riposo.
E sempre buona e generosa
E ad ogni figlio prepara ogni cosa
Non dimentica di rivolgere per i figli sia vicini che lontani
La sua umile preghiera, affinché Dio li protegga da mattina a sera
Che dia a loro un prosperoso futuro
Anche se la vita in questo mondo per vivere è molto duro.
Passaggi di luce tra i lobi
nello spazio ristretto
d'un guscio di noce
disegnano spazi infiniti
dell'universo virtuale
che è in te.
Il fascino del numero
ti aiuta a volare
su ali dii cera
nell'utopia
dell'infinito matematico
finché la logica ti porta
al punto di massima caduta..
È un osso duro l'infinito
nasconde paradossi
da far beffa all'evidenza,
come quello di Zenone
sul piè veloce Achille
che non può superare
la più lenta tartaruga.
Nasconde misteri l'infinito
che la logica
non sa risolvere,
devi fermarti là
ad un passo dall'abisso,
ma Cantor non lo sapeva
e sprofondò nella follia
senza sapere
quanto è grande l'infinito.
Sono la lancetta di un orologio che funziona male.
Per tutta la notte segno le dodici,
in piedi
sveglio.
Dal mattino segno le tre,
disteso
ma ancora sveglio.
Ho il crollo alle sei,
testa in giù.
Mi rialzo piano,
ma pur segnando le nove
mi sento come ero alle tre.
Disteso,
stanco ma sveglio
e mi preparo alle dodici,
di nuovo in piedi,
sempre sveglio.
Anche la donna più cazzuta
alla fine è deceduta.
Sono tutti sollevati
nel saperla fra i trapassati.
Aveva un nome da fiore,
ma un sasso
al posto del cuore.
Nessuna pietà,
nessuno prova dolore.
Tu
in cucina,
i capelli scomposti,
un grembiule allegro
come il tuo viso di festa,
profumo di spezie straniere
pentole al fuoco.
Un pranzo speciale,
il pranzo di natale.
Per me un natale,
per te ancora
un giorno da festeggiare.
Il tavolo pronto,
ogni cosa al suo posto,
il senso di casa.
Il futuro ancora fuori dalla porta,
al freddo,
non avrebbe mai bussato.
Di quanti uomini è fatto un uomo,
e quale di questi uomini
prevale su tutti gli altri?
L'uomo che ha dentro
o quello che si porta addosso.
L'uomo che dice all'altro di non bere
o quello che beve a spregio.
L'uomo che corre
o quello che frena.
Quello già uomo
o quello che sarà uomo domani
o non lo sarà mai.
Paola cammina nuda,
guarda i satelliti cadere in mare,
segna con i piedi nudi la sabbia,
lascia le sue tracce al futuro che segue.
Paola canta alla luna
con parole incomprensibili,
dialetto pagano,
per un - grazie - universale.
Paola non sa che ci sono
che seguo le sue mosse,
trascrivo i suoi fatti.
Paola non sa neppure che esisto.